Il problema dei detriti spaziali: stato attuale, prospettive e tecnologie

Ops

ho letto solo questo pezzo e ho concluso che fosse già passato tutto. Grazie @PherosNike, modifico.

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Una simulazione dell’evento a velocità reale. Il campo visivo è (più o meno) quello che si avrebbe guardando con un binocolo 10x50:

Il sito di osservazione è quello più propizio, ovvero sotto la verticale.
Site

Zoomando, al momento (secondo i miei “potenti mezzi”) c’è speranza.

Ma come ricorda @Vespiacic perturbazioni solari e variazioni gravitazionali, possono modificare le traiettorie. Anche se di pochissimo, con le velocità e le distanze del caso “every thing counts in large amounts” (cit. Depeche Mode)

EDIT

HAbove ha gli stessi TLE che ho usato io. Da al momento 432 metri di distanza tra i due oggetti al passaggio

https://heavens-above.com/CloseEncounterDetails.aspx?satid1=19826&satid2=36123&mjd=59138.0393568287&

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Intanto, domani la FAA annuncerà le nuove linee guida definitive per gli operatori spaziali commerciali.

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Tuttappósto

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In realtà c’è qualche dubbio che ci fosse veramente un rischio di collisione:

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LeoLabs dice che lo schivone è stato di 11 metri. +16/-11.

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Nuovo articolo di Marco Carrara pubblicato su AstronautiNEWS.it

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Nanoracks ha rilasciato un cubesat sperimentale per lo studio su un tether, capace non solo di deorbitare un satellite, ma anche di innalzarne l’orbita.

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Se non ricordo male c’era stato gia’ un esperimento simile sullo Shuttle con un satellite di costruzione italiana?

Sì, sono state le due missioni TSS-1 e TSS-1R, ciononostante gli obiettivi non erano esplicitamente correlati al problema dei detriti spaziali, ma si trattava più di un esperimento mirato a meglio comprendere il concetto di filo elettrodinamico.

La mia proposta di dottorato era incentrata esattamente su questo, avevo progettato un meccanismo di dispiegamento del filo e speravo di dimostrarne il funzionamento tramite una missione CubeSat. Questa IOD avrebbe dimostrato la possibilità di sfruttare il concetto del filo elettrodinamico per deorbitare un payload in maniera robusta e affidabile. Tale soluzione potrebbe essere trasformata in un sistema tipo “pacchetto deorbitante” da poter “appiccicare” all’esterno di un satellitone più grande, con tutti gli scenari operativi connessi.

Purtroppo (o per fortuna) ho deciso di non iniziare il dottorato :stuck_out_tongue: ma alcuni ex colleghi sono al lavoro su una soluzione simile: https://etpack.eu/consortium/

Sono contento comunque che periodicamente spunti fuori qualche “matto” che riporta alla luce il concetto del tether; spero che in un futuro questi aggeggi diventino la norma delle operazioni di deorbit.

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Il rilascio di cavi così lunghi può complicare i calcoli dei possibili avvicinamenti fra oggetti in orbita o aumentare significativamente le probabilità di collisione?

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@amoroso Good point.

@Giuiba ci hai visto lungo, Tethers Unlimited è di fatto una realtà operativa in questo campo.

La novità in questo caso è poter sfruttare questo principio per l’innalzamento dell’orbita. Per un cubesat é tanta roba.

Per il sistema di dispiegamento, eravate orientati anche a test in drop tower?

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Tecnicamente è un punto da tenere in considerazione, certo. È facile immaginare come un filo lungo centinaia di metri aumenti considerevolmente l’area di collisione di uno spacecraft, e l’handbook sulla verifica dei requisiti per la mitigazione dei detriti spaziali ha una piccola sezione apposita dedicata ai tether…

L’approccio (parlo dal lato ESA) è comunque standard, si deve essere in grado di dimostrare che le probabilità di collisione e di “re-entry casualty” siano sufficientemente piccole, e che le strategie per il disposal siano convincenti e credibili, come per qualsiasi altra missione. Normale lavoro.

In questi casi è importante prendere margini adeguati, pertanto in genere non occorrono strumenti particolarmente sofisticati per analizzare i punti sopra. Lo stesso vale per i tether, sono accettate alcune ipotesi semplificative ma conservative che rendono i calcoli relativamente semplici.

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Non so Raffaele se sai già qualcosa di tuo e mi stai imboccando :yum:, ma abbiamo effettivamente condotto una campagna di test di un prototipo rudimentale del meccanismo che menzionavo sopra… alla ZARM di Brema…

Rievocherei anche una certa puntata di astronauticast, ma mi imbarazzo troppo:-)

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Compleanni ed anniversari, non me ne parlare.
Gli argomenti interessanti invece, li tengo sempre in mente! Di che ti imbarazzi, è una puntata tra le più belle proprio per il vostro contributo.

D-Orbit shows an tell. L’azienda aerospaziale italiana si mostra in questo interessantissimo video.

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Nuovo articolo di Luca Frigerio pubblicato su AstronautiNEWS.it

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Oggi su un famoso gruppo Telegram ( :stuck_out_tongue_winking_eye:) si parlava di questo nuovo concetto, riguardo satelliti fatti in derivati del legno:

In giro si accenna genericamente alla cosa, come ad uno studio votato alla mitigazione dei detriti spaziali. Ma fondamentalmente si tratta più di una proposta mirata alla riduzione di eventuali inquinanti rilasciati in fase di rientro.

Personalmente, mi ero figurato la questione alla stregua di “inquinamento industriale terrestre VS inquinamento razzi”, ma in effetti @PiClau propone una visione interessante:

Cito dalla famosissima chat:

"Per ora si ma andrebbe visto in prospettiva. Non ho dati sicuri ma si comincia a parlare dell’effetto dei rientri delle megacostellazioni, che a regime saranno centinaia all’anno, e rilasceranno polveri in alta atmosfera (>50 km), persistenti, che potrebbero avere effetti sia sul clima (aumento o diminuzione dell’effetto serra) che sulla fascia di ozono (catalizzatori di reazioni).
Come gli effetti delle super eruzioni vulcaniche.
A parte che non so se siano stati quantificati seriamente, bisogna dimostrare poi che da questo punto di vista il carbonio del legno sia meglio dell’alluminio.
Secondo me le prospettive per i satelliti in legno puntano su due aspetti:
A) la possibilità di sfruttare caratteristiche peculiari come la trasparenza alle onde radio (ne parla l’articolo di ArsTechnica), l’elasticità ridotta, la scarsa conducibilità termica (pregio o difetto a seconda);
B) nel caso prenda piede come materiale strutturale spaziale, potrebbe essere più economico dell’alluminio una volta avviata l’economia di scala.
Considera che in Corea del Sud stanno sviluppando materiali a partire dal legno, basati sulla cellulosa nanostrutturata (con processi relativamente semplici, e pochi o niente solventi, solo calore, pressione e vapore) potenzialmente molto interessanti"

Molto interessante l’ipotesi B.

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Parla da sé

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Per la prima volta in assoluto, un satellite per le telecomunicazioni ha utilizzato un motore allo iodio per effettuare un cambiamento nella propria orbita. ESA cita questa idea come “potenzialmente innovativa” nella gestione della spazzatura spaziale, permettendo a piccoli satelliti di rientrare in atmosfera facilmente e, aggiungo, soprattutto, economicamente al termine della missione. Ovviamente il motore può essere utilizzato anche in senso opposto, per effettuare gli inevitabili innalzamenti di orbita che si rendono necessari per compensare l’attrito generato dalla seppur poca atmosfera.

Lo sviluppo è merito di ThrustMe, una compagnia derivata dal École Polytechnique (Scuola Politecnica) e del French National Centre for Scientific Research (CNRS) ed è supportata da ESA tramite il programma Advanced Research in Telecommunications Systems (ARTES).

Lo iodio iniettato in un propulsore elettrico che controlla l’altezza del satellite. I vantaggi dell’uso di questo gas rispetto ai propellenti tradizionali è l’utilizzo di tecnologie più semplici, del minore costo, la non tossicità e lo stato solido a temperatura e pressione normali, per cui si rivela anche più semplice da gestire a Terra. Una volta scaldato, lo iodio sublima, ovvero passa allo stato gassoso senza diventare liquido, rendendolo quindi un candidato ideale per i sistemi propulsivi. La maggiore densità permette, a parità di volume, di caricarne un maggior quantitativo in termini di massa.

Il volo di esordio per il propulsore è avvenuto a bordo in un nanosatellite commerciale per la ricerca, chiamato SpaceTy Beihangkongshi-1, lanciato nel novembre 2020. È stato testato questo mese prima di essere utilizzato per cambiare l’orbita del satellite.


Fonte: ESA - Iodine thruster can innovate satellite’s EOL.

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