Dopo una breve ricerca, posso dire che l’idrazina si decompone attraverso due livelli: il primo livello è la decomposizione in ammoniaca gassosa NH_3 e azoto N_2 : questa reazione è esotermica. In seguito l’ammoniaca si decompone a sua volta in azoto e idrogeno gassoso, ma questa reazione è endotermica, ossia assorbe calore. Chiamando x il grado di dissociazione dell’ammoniaca, funzione del tipo di catalizzatore, della pressione in camera di decomposizione e del tempo di residenza a contatto con il letto catalitico, si può scrivere
Infatti sono utilizzati soprattutto per i razzi che devono essere accesi e spenti più volte, come i sistemi RCS e OMS dello Shuttle o i propulsori delle sonde. Come giustamente fa notare Spock, pensate alla semplicità del sistema solo due valvole da aprire e chiudere, senza bisogno dell’apparato di ignizione. Si aprono le valvole, l’idrazina e il tetrossido di azoto vengono a contatto nella camera di combustione e reagiscono automaticamente. Proprio a causa di questa reazione automatica, i razzi ipergolici non sono soggetti all’hard start, problema cui sono invece potenzialmente soggetti tutti i razzi a bipropellenti non ergolici, e che causò il famoso incidente dell’Apollo 13: se l’ignizione è difettosa, può avvenire con ritardo, dopo che nella camera di combustione sono entrati più ossidante e combustibile del dovuto, causando danni alle pareti, se non addirittura l’esplosione della camera stessa.
I propellenti ipergolici piacciono anche molto ai militari, perché i missili possono essere mantenuti sempre pronti al tiro, mentre i bipropellenti non ergolici che utilizzano ossidanti e combustibili liquidi criogenici devono essere caricati prima del lancio, operazione che può durare anche qualche ora e che potrebbe impedire una risposta immediata. Proprio in questo tipo di applicazioni, preoccuparsi della tossicità dell’idrazina liberata nell’atmosfera quando si lanciano testate nucleari non mi sembra abbia molto senso…