Annunciato un nuovo laboratorio Russo in volo autonomo dal 2015

Quello che descrivi è quello che avviene periodicamente con i vari Foton… qui il vantaggio sarebbe quello di avere un mezzo lanciato una sola volta e periodicamente riconfigurato con diversi esperimenti direttamente in orbita magari anche con la possibilità di poter smaltire quelli effettuati, una volta controllati dagli astronauti, senza dover tornare a terra.
Se si considera che potrebbe essere strettamente derivato dal modulo di servizio e dal sistema di guida di Progress e Soyuz, il discorso di certificazione, cui giustamente fai riferimento, dovrebbe essere sensibilmente snellito.

Appunto mi chiedo se davvero la cosa convenga. Ogni cosa che coinvolge l’uomo alza i costi esponenzialmente…
Unica cosa che vedrei davvero vantaggiosa sarebbe la capacità di riportare l’esperimento a terra per analizzarne i risultati, ma una volta che lo Shuttle si sarà ritirato le capacità di download dall’orbita saranno davvero minime.

Mi associo in toto al pensiero di Sergio, anch’io mi chiedo che convenienza economica possa avere un mezzo del genere.
Evidentemente però un qualche razionale lo deve per forza avere, sopratutto considerando che i russi non fanno mai nulla che non abbia uno scopo ed un utilizzo preciso e che le loro scarne risorse, in campo spaziale, non possono permettere sprechi di qualsiasi genere.

Considerati i tempi di permanenza degli esperimenti in orbita previsti per questo laboratorio, e la possibilità di recuperare i risultati, costerebbe di più rifornirlo da ISS o costruire satelliti a perdere di pari prestazioni?

Paolo Amoroso

Volevo fare un po’ di chiarezza in più sui livelli di microgravità sulla ISS (il MARS è coinvolto per conto di ESA in una campagna di caratterizzazione dei livelli di accelerazione sulla stazione insieme a NASA e JAXA)
L’ambiente microgravitazionale che viene a crearsi a bordo delle piattaforme spaziali in orbita intorno alla Terra (satelliti artificiali, stazione spaziale) deriva da un bilancio di forze, ovvero dall’equilibrio tra la forza gravitazionale agente sulla piattaforma e la forza centrifuga della piattaforma stessa, e vale in modo rigoroso solo nel centro di massa della piattaforma.
E’ chiaro, quindi, che l’effettivo livello di microgravità ottenibile a bordo di una piattaforma dipende dalle sue dimensioni (ovvero dalla distanza tra il punto in esame ed il centro di massa) e da tutte le possibili perturbazioni che abbiano l’effetto di modificare l’equazione di bilancio tra forze gravitazionali e forse d’inerzia, genericamente classificabili in forze quasi stazionarie, forze impulsive e forze periodiche.
Le forze quasi stazionarie inducono una gravità residua a sua volta quasi stazionaria. Esse sono dovute ai seguenti fenomeni:

  1. solo nel centro di massa la gravità e la forza centrifuga sono bilanciate. Altrove agisce una forza pertubatrice dovuta al gradiente gravitazionale
  2. la rotazione della piattaforma intorno al suo centro di massa, sempre presente dal momento che non è possibile realizzare un controllo d’assetto perfetto, dà luogo a ulteriori forze centrifughe e tangenziali. Ad esse si vanno ad aggiungere le eventuali forze di Coriolis di oggetti in movimento rispetto alla piattaforma.
  3. la piattaforma spaziale non sarà mai davvero in caduta libera a causa delle perturbazioni orbitali. La resistenza aerodinamica e la pressione solare (ma anche i micrometeoriti), quindi, danno luogo ad un’accelerazione quasi stazionaria del centro di massa.

Le forze impulsive e quelle periodiche, invece, hanno l’effetto di indurre accelerazioni instazionarie dette g-jitter, caratterizzate da un ampio spettro di frequenza. Gli impulsi che possono aversi (i cosiddetti transienti) sono o esterni (ad es. l’accensione dei thruster per le manovre d’assetto e/o per quelle orbitali) o interni (ad es. i movimenti degli astronauti); in quest’ultimo caso quello che accade che essi vengono compensati da impulsi uguali e contrari, e dunque vengono ad essere eccitati particolari modi propri di vibrare della struttura. Forze periodiche, invece, sono tipicamente dovute al movimento di parti meccaniche all’interno della piattaforma.

In base alle nostre misure effettuate con degli accelerometri all’interno di FSL, nel Columbus abbiamo valori di residual-g dell’ordine del micro-g (cosi’ come calcolato teoricamente), mentre per quanto riguarda il g-jitter le misure confermano che i disturbi più importanti (per gli esperimenti) derivano dalle attività ginniche (meno importanti in intensità rispetto asd esempio ai docking ma continuative nel tempo): da questo punto di vista avere una piattaforma free flyer unmanned (tipo Eureka) ha un suo senso. Vi ricordo che il Columbus prevedeva anche un suo equivalente free flyer in orbita polare servito dagli Shuttle (cancellato per ovvi motivi…)

Mah, io non la vedo così grigia, sarebbe una facility con prestazioni uniche nel panorama di sollecitazioni e disturbi, la fetta di mercato che sarebbe alla ricerca di tali ambienti di studio per effettuare le proprie ricerche dovrebbe aggiudicarsele.
Inoltre il poter avere supporto umano per installazione e gestione degli esperimenti per periodi così lunghi (le foton non mi pare arrivino a periodi di permanenza nello spazio molto lunghi) una volta sbarcati e per installarli permetterebbe di avere per un periodo di 5 anni una piattaforma di ricerca riconfigurabile periodicamente ma con un solo lancio da “pagare”…
Vedremo, la solita grossa incognita per i progetti russi sono sempre i quattrini…

2 settimane.

Paolo Amoroso

Però è proprio questo il punto… risparmi su un lancio ma in cambio devi fare un modulo spaziale completamente abitabile invece di un satellitino (solo solo ad esempio significa introdurre un ECLSS… per non parlare dell’aumento di ridondanze, della capacità di manovra e di docking con la ISS). In pratica devi fare un ATV in tutto e per tutto, che abbia in più la capacità di sostenere rack attivi, per fare poi esperimenti controllati da terra.
In più stiamo parlando di qualcosa che volerà nel 2015, ovvero se restiamo alla situazione attuale quando la ISS non ci sarà più. E anche considerando un prolungamento della ISS fino al 2020 (TT) significa una vita operativa di 5 anni…

E a quel punto siamo sicuri che davvero ci vai a risparmiare? Io non ne sono tanto convinto. Secondo me ci deve essere una qualche altra convenienza che ora non stiamo vedendo.

Quello che mi viene in mente è la possibilità di fare esperimenti in ambiente pressurizzato e controllato (ad esempio crescita di piante o altri esperimenti biologici?), cosa che un normale satellite tipo Foton non permette…

Non se tutto questo lo prendi dal sistema Soyuz/Progress e lo riutilizzi qui. Non è sicuramente un sistema da inventarsi da zero come per l’ATV.

In più stiamo parlando di qualcosa che volerà nel 2015, ovvero se restiamo alla situazione attuale quando la ISS non ci sarà più. E anche considerando un prolungamento della ISS fino al 2020 (TT) significa una vita operativa di 5 anni...

Beh, credo che al 2015 non ci creda più nessuno, men che meno i Russi che avevano addirittura ipotizzato un parziale deorbiting in caso i partner internazionali si fossero tirati indietro…

Quello che mi viene in mente è la possibilità di fare esperimenti in ambiente pressurizzato e controllato (ad esempio crescita di piante o altri esperimenti biologici?), cosa che un normale satellite tipo Foton non permette...

Beh questo sicuramente, ma già le differenze e i vantaggi che saltano all’occhio ad un primo sguardo veloce rispetto ai Foton sono parecchi e probabilmente già tali da ripagare tale sforzo… tempi di permanenza, spazio a bordo, modularità, payload, controllabilità…