Apollo Unmanned

Il programma Apollo è stato uno dei più grandi programmi spaziali americani con equipaggio umano a bordo. Anche se l’immaginario collettivo è soprattutto legato alle missioni che effettivamente portarono un manipolo di uomini sulla superficie selenica, ogni qualvolta si parla dell’”Apollo”, non bisogna scordare che grazie a questo si è anche lanciata la fantastica stazione spaziale Skylab, nonché effettuato il primo incontro in orbita tra Americani e Russi (allora Sovietici) come primo gesto per la distensione politica tra queste due superpotenze mondiali. Così come non bisogna scordare che dietro a un programma così complesso, pieno di insidie e difficoltà tecnologiche e di ambizioni, ci sia stato un grande lavoro da parte dei progettisti per testare i nuovi lanciatori, programmi di navigazione, le procedure del personale di terra e degli equipaggi, ecc…lavoro senza il quale non si sarebbero mai ottenuti i successi di cui tutti noi siamo a conoscenza. Normalmente la maggior parte delle persone ricordano le missioni lunari, altri più appassionati si ricordano che vennero condotti anche dei voli con equipaggio ma in cui non era previsto l’allunaggio (vedi Apollo 8 e 10) ma pochi, anzi pochissimi, ricordano che vi furono ben 3 “sottoprogrammi”, grazie ai quali si arrivò a realizzare il Saturno V e quindi sulla Luna.

In questo thread parlerò di ciascuno di questi “sottoprogrammi” trattandoli separatamente l’uno dall’altro, anche se in effetti cronologicamente parlando più “sottoprogrammi” procedettero in parallelo

SATURN LAUNCH VEHICLE AND APOLLO SPACECRAFT DEVELOPMENT FLIGTHS

Il primo sottoprogramma vide l’utlizzo del Saturno I. Lo scopo era quello di testare questo nuovo lanciatore, il più potente fino ad allora realizzato, e si decise che lo si sarebbe fatto uno stadio alla volta. A confronto con uno Jupiter-C (quello che aveva lanciato il primo satellite americano) era 3 volte più alto, richiedeva 6 volte il propellente dello Jupiter e la spinta prodotta era ben 10 volte di più.

SA-1
Prima assoluta di un Saturno I, ovvero di un qualsiasi razzo appartenente alla famiglia dei Saturno. Anche se l’intero sistema era ancora in via di sviluppo, il primo stadio arrivo quasi puntuale a Cape Canaveral. Essendo questa la prima volta che uno stadio veniva portato via mare tramite un’apposita imbarcazione, i tecnici poterono cominciare a impratichirsi con le relative procedure, le quali sarebbero poi state a maggior ragione necessarie, con l’arrivo del Saturno V. Il viaggio non fu molto tranquillo, infatti a causa della scarsa conoscenza dei fondali del luogo, per ben quattro volta la chiatta si andò ad arenare, e nel viaggio di ritorno andò a sbattere contro un pontile, riportando comunque danni minori. Eretto sulla rampa di lancio il 20/08/1961 (notare la data), il sistema venne completato con un secondo e terzo stadio “finti” e poterono quindi avere inizio i relativi test, condotti manualmente non essendo ancora il tutto automatizzato!!! Il rifornimento inizio il 26/10/2006 con il rifornimento del RP-1, seguito il giorno dopo dal rifornimento dell’ossigeno liquido. Nonostante qualche ritardo, e nonostante le scarse possibilità di successo pronosticate dagli ingegneri, il 27/10/1961 alle ore 15:21:04, il primo Saturno I della storia si alzava in volo completando la sua missione con successo, ovvero compiere un volo suborbitale per verificare l’integrita strutturale del sistema. L’unico problema riscontrato fu uno spegnimento ritardato di 1,6 secondi dovuti a 400 Kg in più di ossigeno e 410 Kg in meno di RP-1.

SA-2
Volo suborbitale anch’esso con lo scopo di continuare a testare il primo stadio e i nuovi motori, servì anche per il Project High Water, ovvero uno studio mirato a studiare i cambiamenti climatici locali e nelle comunicazioni di una grande massa di acqua rilasciata nello spazio. A questo scopo il secondo e terzo stadio vennero riempiti con ben 109.000 litri di acqua e il 25/04/1962 a 2 minuti e 2.56 secondi dalla partenza e ad una quota di 105 kilometri, i due stadi superiori vennero fatti detonare rilasciando così nel vuoto il loro carico, il quale formò una nuvola di ghiaccio che si estese fino a 160 kilometri. In questo volo si ebbe inoltre modo di vedere come lo sloshing che si era registrato nel primo volo, era stato completamente attenuato dall’aver messo delle apposite paratie nel serbatoio.

SA-3
Terzo volo di un Saturno I, secondo nell’ambito nel programma Project High Water nonché volo ancora suborbitale. Accanto ai soliti obiettivi di test della struttura, si aggiunsero quelli di test di un nuovo sistema di telemetria digitale, fondamentale per le future missioni, nonché test del sistema di retrorazzi per la separazione del secondo stadio durante il lancio. A differenza dei due voli precedenti, il primo stadio (gli altri due erano pieni di acqua) per la prima volta, è riempito al massimo della sua capacità permettendo così di raggiungere una quota di 167 Kilometri e di testare il motore e lo stadio sottoposti ad una accelerazione minore ma per un tempo maggiore

SA-4
Ultimo volo per il solo test del primo stadio e ancora di tipo suborbitale. Questa volta tra gli obiettivi della missione vi è quello di testare il sistema di reindirizzamento del propellente agli altri motori nel caso di failure ad uno di questi. Lanciato alle 20:11:55 del 28/03/1963, a 100 secondi dal lift off, così come preprogrammato, il motore centrale veniva spento mentre il sistema reagiva ridistribuendo il carico di propellente ai motori restanti motori funzionanti. Inoltre contrariamente a quanto sostenuto da qualcuno, il motore spento non esplose a causa dell’improvviso aumento di temperatura dovuto alla mancanza del cooling da parte del propellente, dimostrando in questo modo come la disposizione a cluster di motori fosse una soluzione vincente. La quota raggiunta fu di 129 kilometri con una velocità di 5906 Km/h. Vennero inoltre testati i retrorazzi per lo staging tra primo e secondo stadio. In realtà essendo quest’ultimo “finto” non avvenne nessuna separazione, i retrorazzi vennero accessi per verificarne il corretto funzionamento.

SA-5
Decollato il 29/01/1964 alle 16:25:01, il Saturno I SA-5 portava per la prima volta un vero secondo stadio oltre ad un primo stadio un po’ più grande di quello dei voli precedenti. Altri miglioramenti vennero fatti per quanto riguardava la telemetria e i relativi dispositivi i quali vennero alloggiati nella parte superiore del secondo stadio. Il lancio fu un completo successo, la separazione tra i due stadi avvenne perfettamente e i motori di ullagio del secondo stadio funzionarono come previsto al fine di disporre il propellente verso il fondo dei serbatoi prima dell’accensione di motori. Grazie al primo stadio migliorato e alla presenza del secondo stadio, si potè raggiungere una quota sufficientemente elevata tale da disporre in orbita il complesso, il quale diventò l’oggetto più grande messo in orbita fino a quel momento. Decadde dall’orbita alcuni giorni più tardi. Alcune particolarità della missione, furono le 8 telecamere disposte sul primo stadio che filmarono la separazione dal secondo stadio. Inoltre 13 telecamere seguirono il volo per i primi 1000 metri, mentre 6 telescopi seguivano tutto il lancio. Infine il primo stadio recava 8 pinne stabilizzatrici per migliorare la stabilità in volo.

SA-06
I voli condotti fino ad ora recavano come “terzo stadio”, la parte terminale dello Jupiter-C, in quanto lo scopo primario era quello di verificare il razzo in se stesso, piuttosto che anche la capacità di portare una capsula Apollo. Questo venne fatto a partire dalla missione SA-6, la quale oltre ad avere due stadi pienamente funzionati, recava alla sua sommità un simulacro (boilerplate) della capsula Apollo + modulo di servizio, avente lo stesso peso, distribuzione di massa e posizione del baricentro di una capsula vera. Oltre a ciò vi erano 116 sensori per misurare le accelerazioni a cui sarebbe stata sottoposta la capsula. Infine era anche presente un simulacro della torre di salvataggio. Il lancio avvenne il 28/04/1964 alle ore 17:07:00, dopo 2 rinvii dovuti rispettivamente, a contaminazione del propellente e a un surriscaldamento del computer per la navigazione. A 76.9 secondi dal decollo, un difetto in un ingranaggio di una turpopomba del motore 8, ne determinava lo spegnimento, che a differenza della missione SA-4, non era stato programmato. Tuttavia il sistema compensò subito al problema e 10 secondi dopo lo staging, filmato anche in questo caso da 8 telecamere del primo stadio, si separava la torre di salvataggio. Dopo 54 orbite di 182 Km x 227 Km, il complesso secondo stadio + boilerplate rientrarono nell’atmosfera.

alcune foto del lancio dell’SA-06

SA-07
Missione simile a quella precedente, ma con alcune differenze la più importante delle quali il software di volo, che per la prima volta era programmabile direttamente durante il volo. Nei voli precedenti il software era preprogrammato. Il lancio avvenne il 18/09/1964 alle ore 16:22:43 e riuscì completamente. L’unico inconveniente fu che le 8 telecamere che ripresero lo staging non poterono essere recuperate in quanto caddero troppo lontano da dove si supponeva dovessero cadere.

SA-08
Per questa misione l’hardware di volo comprendeva un primo e un secondo stadio, una unit instrument per i computer di bordo, un service module/launch vehicle adapter, e un modulo di servizio e comando Apollo (boilerplate) comprensivo di LES. Accanto agli obiettivi di test e verifica della struttura, vi erano degli ulteriori obiettivi riguardanti il Pegasus A un satellite disposto nel launch vehicle adapter per lo studio dei meteoriti in orbita bassa. La presenza di questo carico influenzò l’orbita da raggiungere, che a differenza delle missioni passati non era generica ma bensì specifica per il payload trasportato. A parte alcuni ritardi sulla rampa di lancio, il lift off avvenne regolarmente e dopo l’espulsione della LES e la separazione dal CSM Apollo, il complesso secondo stadio+instrument unit+Pegasus veniva messo in una orbita di 495 Kilometri X 743 Kilometri, rimanendovi per 1188 giorni, così come previsto. Il lancio avvenne il 16/02/1965 alle 14:37:03.

SA-09
Missione simile alla SA-8, in quanto anche in essa previsto il trasporto in orbita del Pegasus-B. Tra gli obiettivi più rilevanti vi era la dimostrazione di funzionamento del sistema di guida in modalità iterativa. Anche per questa missione era previsto un simulacro dell’Apollo (modulo di servizio + comando) e con un reaction control engine assembly strumentato per la misurazione delle temperature durante la fase del lancio. A differenza del ‘assembly montato sul boilerplate
dell’A-101, dove tutti e quattro i razzi dell’assembly erano solo simulacri, su questo ve ne erano 2 veri. Lanciata il 25/05/1965 anche questa missione ebbe pieno successo.

SA-10
Ultimo volo di un Saturno I, la missione era la stessa di quella precedente. Anche in questo caso nella sezione launch adapter vi era un satellite Pegasus (Pegasus C), il quale rimase funzionante per più tempo del previsto. Tutti gli obiettivi della missione vennero conseguiti. Il lancio avvenne il 30/06/1965 alle 13:00:00

APOLLO SPACECRAFT ABORT TEST

La sicurezza dell’equipaggio è un fattore di primaria importanza per ogni programma spaziale in cui è prevista la presenza umana. Per questo motivo 6 voli vennero deputati alla verifica del sistema di escape per la capsula Apollo e per la validazione delle prestazioni del sistema di atterraggio sul suolo (la capsula al rientro avrebbe potuto anche per sbaglio cadere sulla terraferma anziché ammarare, eventualità comunque mai accorsa). Tali lanci vennero effettuati dal Complex 36 della base White Sands, in New Mexico, due dei quali vennero condotti lanciando la LES da terra, mentre i restanti 4 utilizzando il razzo Little Joe II.

PAD ABORT TEST 1
Tre gli obiettivi fondamentali di questa missione: 1) determinare la stabilità aerodinamica del complesso LES + capsula Apollo durante un aborto dal pad (ovvero caso di aborto della missione quando il razzo è ancora sulla rampa di lancio); 2) verificare il funzionamento del sistema di propulsione della torre di lancio nonché la sua capacità di allontanare la capsula ad una minima distanza e quota di sicurezza; 3) verifica del sistema di apertura dei paracadute nonché del sistema di atterraggio su suolo. A tal scopo venne allestita una torre di lancio da porre su un simulacro della capsula Apollo. Dato che quest’ultima non era un modello reale non venne allestita con strumentazione atta a determinare i carichi strutturali, ma solo quelli aerodinamici e di accelerazione. Il lancio avvenne il 7/11/1963 alle 9:00:01, quando venne mandato un segnale al circuito di lancio di emergenza il quale accesse i razzi della torre di lancio la quale si portò nella traiettoria desiderata, e con essa anche la capsula Apollo che si separò dopo 15 secondi cadendo con una traiettoria balistica e atterrando dopo 165.1 secondi appesa ai suoi paracadute, dispiegatisi come previsto. Gli obiettivi vennero raggiunti completamente con l’unico neo di una stabilità leggermente minore di quella preventivata.

A-001
Medesimi obiettivi del precedente lancio, ma questa volta da dimostrare con l’attivazione del sistema di escape in volo, ovvero di verificare la funzionalità del sistema anche in condizioni di volo prossime al regime transonico durante l’ascesa. A tal fine venne impiegato il Little Joe II, un vettore piccolo ed economico creato proprio per la verifica dei sistemi di lancio di emergenza. Little Joe era composto da un singolo stadio costituito 7 motori a propellente solido, su cui venne montato un simulacro del modulo di servizio e di comando, più ovviamente la torre per il lancio di emergenza. Il lancio avvenne il 13/05/1964 e il sistema dimostro di funzionare correttamente anche in questa occasione. Solo si verificarono alcuni danni allo scudo termico dovuto al contatto accidentale tra il modulo di servizio e di comando quando questi si separarono. Anche il sistema di paracadute funzionò come da manuale, anche se un paracadute si strappò via e la capsula atterrò con i due rimanenti. Anche in questo caso tutti gli obiettivi furono raggiunti.

A-002
Missione simile alla A-001 con la differenza che il sistema di escape venne testato nel punto di massima pressione dinamica che il Saturno V avrebbe potuto raggiungere nella traiettoria di ascesa. Anche in questo caso venne utilizzato un razzo Little Joe II, leggermente modificato rispetto a quello della missione precedente, assieme ad un simulacro del modulo di comando e servizio. Il punto di massima pressione dinamica venne ottenuto artificialmente, impartendo al razzo un forte momento picchiante. A causa di un errore nel modello di calcolo della pressione dinamica in funzione delle condizioni atmosferiche e del Mach e quindi del punto in cui questa sarebbe stata massima, l’espulsione della torre di lancio avvene 2.4 secondi prima di quanto previsto. Tuttavia il sistema funzionò egregiamente così come il sistema di paracadute, migliorato anch’esso con l’aggiunta di un secondo drogue-parachute. Importanti variazioni vi furono anche per la torre di lancio, la quale sulla sommità recava delle alette canard, la cui estrazione nel flusso permetteva alla torre di stabilizzarsi durante la sua traiettoria di fuga. Infine, venne anche aggiunto copertura alla capsula Apollo per proteggerla dai gas combusti del motore della torre di lancio.

A-003
Emergenza in una missione atta a testare un sistema di emergenza. In questo modo potremmo definire la missione A-003, la quarta a prevedere il test in volo del sistema di salvataggio degli astronauti della capsula Apollo. Lo scopo era di provare il sistema ad una altitudine di 120.000 piedi, ovvero al limite superiore della traiettoria di ascesa per cui le alette canard stabilizzatrici della torre sarebbero ancora state efficaci. Usando sempre un razzo Little Joe II modificato ulteriormente rispetto a quelli precedenti, il volo ebbe inizio alle 06:01:54 del 19/05/1965, ma dopo soli due 2,5 secondi un malfunzionamento nel razzo provocò una immediata perdita di controllo. Il forte momento di rollio impresso al complesso fece esplodere il razzo prima che avvenisse l’igniezione del secondo stadio. Il sistema reagì prontamente, dando inizio alle sequenza di espulsione della torre attaccata, anche in questo caso, ad un simulacro della capsula Apollo. E tutto funzionò come previsto, ovvero nonostante l’incidente inatteso e le forti sollecitazioni a cui venne sottoposto, il sistema si dimostrò ancora una volta idoneo al suo scopo, confermando così la bontà del progetto. Oltretutto si ebbe modo di constatare come il sistema di stabilizzazione della torre mediante alette canard, non fosse efficace per momenti di rollio superiori ai 20°/sec

PAD ABORT TEST 2
Seconda prova di lancio della LES con simulazione dell’aborto iniziata a terra dal launch pad e non in volo. Allo scopo venne utilizzato lo stesso simulacro della capsula Apollo impiegato nel lancio A-002, e protetta da un protezione contro i gas combusti prodotti dal motore della torre di lancio. Questa volta però il simulacro venne riempito opportunamente al fine di simulare il più possibile le reali caratteristiche di massa di un tipico modulo di comando del Block-I. Il lancio avvenne il 29/06/1965 alle ore 06:00:01 quando i motori della torre e quelli di pitch si accesero immettendo la torre + capsula nella traiettoria desiderata di allentamento dalla complesso di lancio. A causa di una leggera asimmetria nella distribuzione dei carichi, la capsula sviluppo un moderato momento di rollio, che comunque non ebbe nessun effetto sul conseguimento dei risultati. L’estensione delle alette canard permise alla torre + capsula di assumere il corretto orientamento per l’espulsione della torre e dello scudo termico prima e per la successiva apertura dei paracadute. Durante l’espulsione della torre, la copertura protettiva della capsula collasso parzialmente così come previsto. L’unico inconveniente fu la rottura di un paracadute pilota, la quale comunque non inficiò la corretta apertura dei paracadute principali, i quali permisero alla capsula di atterrare ad appena 600 metri oltre il punto previsto. Un ultima nota interessante, fu che sul simulacro della capsula vennero montati 4 finestre vetrate laddove presumibilmente il progetto avrebbe previsto le finestre necessarie per eseguire la manovra di rendez-vous, al fine di verificare se e quanto sarebbero state danneggiate dai gas di scarico della torre di lancio, una volte che questa sarebbe stata espulsa. (ricordiamo infatti che oltre una certa altitudine la torre veniva espulsa, per cui era necessario verificare che l’espulsione non provocasse nessun danno ai finestrini e specialmente a quelli utilizzati dagli astronauti per l’osservazione esterna durante la manovra di rendez-vous). Le analisi a volo terminato, misero in evidenza che non vi era stato nessuno danno ne tanto meno un deposito di ceneri dei gas di scarico. Venne solo rilevato un sottile film oleoso sulle superfici di 3 dei 4 finestrini.

A-004
Ultima missione con il “piccolo Joe” nonché primo volo di una capsula Apollo si serie appartenente al Block-I e con la relativa torre di salvataggio omologata. Gli obiettivi fondamentali della missione erano il verificare la capacità della torre di salvataggio di stabilizzarsi e opportunamente orientarsi nel caso fosse stata sottoposta ad una serie di “capitomboli”, nonché verificare il carico strutturale a cui la torre andava incontro ora che era attaccata non più ad un simulacro, ma ad una capsula vera di serie. Il lancio avvenne il 20/02/1966 alle ore 15:17:01 e la sequenza di aborto venne automaticamente iniziata 2.9 secondi più tardi, quando la torre + la capsula si separarono e grazie alla disposizione dei razzi posti sulla torre, il complesso iniziò subito a “capitombolare”, raggiungendo ratei di rollio pari a 70°/sec e di 160°/sec per l’imbardata e il beccheggio. L’estensione delle alette canard permise dopo soli 4 capriole, la stabilizzazione del sistema. Dopo di che tutto funzionò nominalmente e concludendo in questo modo le prove per il sistema di lancio di emergenza della capsula.

L’ultimo sottoprogramma in cui abbiamo simbolicamente diviso la parte unmanned del programma Apollo, ebbe come protagonisti due vettori di tutto rispetto: il bel Saturn IB e il magnifico Saturn V. Sei voli che portarono il programma ad una svolta fondamentale, ovvero l’inizio dei voli con equipaggio umano a bordo. Gli obiettivi, questa volta erano la qualifica dei sistemi di questi nuovi lanciatori nonché la verifica dell’Apollo nel volo spaziale.

AS-201
Questo fu il primo volo di un Saturn IB, anche se solo suborbitale della durata complessiva di circa 37 minuti. Il razzo costituito da due stadi portava su di se un modulo di comando e servizio appartenente al Block-I, anche se con alcune sostanziali modifiche. Non erano infatti presenti il sistema di navigazione e guida, i serbatoi del combustibile criogenico, il sistema di controllo ambientale, celle a combustibile, il sistema di ventilazione post-landing, gli equipaggiamenti per l’equipaggio e infine il circuito per le tute di volo. Il lancio avvenne alle 11:12:01 del 26/06/1966 e procedette come previsto a parte un ritardo di 10 secondi nella separazione del primo e secondo stadio. Questa era anche la prima volta di un modulo di servizio funzionante il quale si comportò abbastanza bene, a parte qualche problema nel mantenimento della giusta pressione in camera di combustione, problema dovuto a una ingestione di elio. Oltre a questo un complesso del sistema di reazione e controllo non funzionò a causa di un malfunzionamento di una valvola. Nonostante questo comunque, la manovra di separazione del modulo di servizio dal secondo stadio avvenne come previsto così come la manovra di ullagio per il riassestamento dei propellenti all’interno del modulo di servizio. Un obiettivo importante della missione era quello di testare la struttura della capsula e il scudo termico durante un rientro ad alta velocità. Il rientro permise alla capsula di sostenere elevati carichi strutturali e termici, e il comportamento fu più che adeguato. Si verificò solo un momentaneo guasto al sistema di reazione e controllo, ma si risolse dopo qualche minuto. L’ultimo piccolo inconveniente fu che un paracadute non si staccò dalla capsula quando questa ammarrò. Nonostante fossero stati raggiunti gli obiettivi previsti con soddisfacenti risultati, vennero condotti ulteriori studi al fine di rendere più affidabile il sistema e quindi evitare i vari inconvenienti che il volo aveva avuto.

AS-203
Scopo di questo secondo volo del Saturn IB era di verificare la capacità del secondo stadio di poter essere riacceso in orbita per una seconda volta. Ricordiamo infatti che il secondo stadio del Saturn IB avrebbe costituito il terzo stadio del Saturn V, ovvero lo stadio che avrebbe permesso di acquistare la necessaria velocità di fuga per poter raggiungere la luna. E quindi fondamentale era la capacità di poter essere riacceso in orbita. Altri obiettivi erano la valutazione del sistema di ventilazione del serbatoio di idrogeno del secondo stadio, del sistema di chilldown e ricircolazione e infine di determinare la fluidodinamica dei serbatoi del secondo stadio. La configurazione di lancio era praticamente la stessa di quella del precedente volo, con l’unica differenza che al posto del modulo di servizio e comando, vi era una ogiva aerodinamica vuota. Oltre a questo 16 telecamere erano state montate in varie parti del razzo, compresi i serbatoi, al fine di provvedere un’analisi più dettagliata delle prestazioni durante il volo. Il lancio avvenne il 5/07/1966, e il secondo stadio venne immesso in un orbita circolare di circa 100 miglia di raggio. Gli obiettivi della missione vennero completamente raggiunti, grazie ad una seconda accesione avvenuta nel momento previsto. Purtroppo a causa della chiusura di una valvola del sistema di ventilazione, la pressione all’interno del serbatoio di idrogeno salì ad un livello tale che lo stadio esplose.

AS-202
Secondo volo suborbitale di un Saturn IB, per la continua valutazione dei sistemi della capsula Apollo, la quale questa volta aveva tutti i sistemi e equipaggiamenti non presenti nel primo volo, avvenuto con la missione AS-201. Si richiedeva una valutazione dell’integrità della struttura compatibilmente ai carichi di volo, del sistema di staging nonché di valutare il comportamento della capsula durante un rientro ad alta velocità. Il lancio avvenne il 25/08/1966 e tutti i sistemi dimostrarono di funzionare perfettamente, tranne alcuni malfunzionamenti o problemi che servirono a raffinare le procedure di terra pre-lancio. Tra l’altro a causa di uno di questi inconvenienti, la capsula ammarrò a 200 miglia dal punto prestabilito!!!

APOLLO 4

Debutto del Saturn V!!! Un complesso sistema come il Saturno V avrebbe certamente richiesto la sperimentazione di ogni suo singolo componente prima di verificare il funzionamento di tutto l’insieme. Questo tuttavia avrebbe richiesto un tempo eccessivamente lungo, il quale di sicuro non avrebbe permesso di raggiungere la Luna entro la fine del decennio come invece si prevedeva di fare. Ecco che quindi, anche se con un po’ di riluttanza, si decise di lanciare il Saturn V per la prima volta tutto intero. Insomma o la va o la spacca. Del sistema propulsivo sia il primo stadio che il secondo volavano per la prima volta, solo il terzo stadio era già stato provato in volo, così come anche il modulo di servizio e comando. Gli obiettivi prefissi per la missione erano:
-verifica dell’integrità strutturale del nuovo lanciatore e della compatibilità con il modulo di comando e servizio
-verifica dei sistemi elettrico, navigazione e controllo, propulsione
-verifica dei vari staging
-verifica dello scudo termico sotto le condizioni del rientro dalla Luna
-dimostrazione di accensione del motore del modulo di servizio senza una preventiva accensione dei motori di ullagio.

Oltre ai tre stadi e alla instrument unit, simile a quella del Saturn V, vi era il modulo adattore tra il terzo stadio e il modulo di servizio, il quale avrebbe dovuto ospitare il modulo di allunaggio, non presente in questo volo ma sostituito da una specie di simulacro con la medesima distribuzione di massa del LEM. Infine modulo di servizio e comando, quest’ultimo appartenente anch’esso al Block-I di serie (ricordiamo che il Block-I era destinato ai soli voli di prova unmanned) anche se con modifiche che sarebbero poi state implementate nelle capsule del Block-II. Così come per le altre missioni precedente, anche in questo caso il modulo di comando era preprogrammato con un programma che avrebbe simulato le azioni di un equipaggio a bordo.

Il lancio avvenne alle 07:00:01 del 9/11/1967 dal Launch Complex 39A, anche lui al suo debutto. Il lancio fu perfetto, tutti i sistemi funzionarono bene dimostrando che lo stress strutturale era ben dentro i limiti accetabili, così come il livello di vibrazioni all’interno del modulo di comando. L’orbita venne raggiunte 11 minuti dopo il lift off, e al completamentod della prima orbita, il terzo stadio (ovvero il secondo stadio del Saturn IB) venne acceso un seconda volta al fine di simulare una inserzione trans-lunare. Dopo di che il modulo di servizio si separò e il suo motore venne acceso per 15 secondi, al fine di dimostrare la capacità dello stesso di poter essere acceso senza bisogno di ullagio. Al completamento di questa sua prima accensione, avvenuta senza problemi di alcuna sorta, il modulo venne orientato con un lato direttamente verso il Sole al fine di valutare il sistema di controllo termico. Dopo 4 ore e mezza in questo assetto, il modulo venne di nuovo acceso al fine di imprimere una velocità al modulo di comando simile a quella che avrebbe avuto durante il rientro dalla Luna. Il recupero in mare avvenne a circa 5 miglia dal punto previsto. Analisi sullo scudo termico dimostrarono come avesse sopportato egregiamente ad un rientro così severo. Una nota interessante è che durante il volo una telecamera riprese lo staging tra il primo e secondo stadio. Queste riprese sono spesse attribute al volo dell’Apollo 11, ma in realtà venne fatte nelle missioni Apollo 4 e 6 con una telecamera che venne poi recuperata in mare. Per gli appassionati di Star Trek questo filmato venne mostrato nell’episodio “Missione Terra” (ultimo episodio della seconda stagione della serie classica). Ultima nota curiosa, durante il lancio le vibrazioni prodotte dai nuovi 5 motori del primo stadio, furono così forti che la palazzina stampa posta a 5 KM di distanza dalla rampa crollò, anche se comunque nessun giornalista si fece male.

APOLLO 5

Penultimo volo unmanned, l’Apollo 5 era un Saturn 1B con lo scopo di portare in orbita per la prima volta il modulo di discesa lunare e quindi testarlo nell’ambiente spaziale. Le previsioni erano di effettuare il lancio nella primavera del 1967, tuttavia a causa dei vari problemi occorsi nella costruzione del primo LEM, si dovette aspettare l’inizio del l’anno successivo. Essendo la prima volta che si costruiva un veicolo spaziale da far atterrare sulla Luna, la mancanza di esperienza portò ad avere numerosi problemi costruttivi. Ad esempio, i motori di entrambi gli stadi non si riusciva a farli funzionare correttamente. Oppure durante un test di pressurizzazione, prima di raggiungere la pressione massima, un finestrino si ruppe, portando alla decisione di sostituire i finestrini con placche di alluminio, anziché con vetri, così da evitare il ripetersi di un simile problema durante il volo spaziale. A causa poi di altri problemi, e per evitare di far aumentare troppo il ritardo, si decise che questo primo LEM non avrebbe avuto le 4 gambe di atterraggio. Alla fine il lancio avvenne alle 05:48:08 del 22/01/1968 e dopo 10 minuti il secondo stadio era in orbita con il LEM situato alla sue estremità. La separazione tra i due mezzi avvenne mediante il sistema di reazione e controllo del LEM, ed avvenne senza problema. Il programma prevedeva di testare sia il motore di discesa che quello di ascesa dello stadio superiore del LEM. Durante la terza rivoluzione venne accesso per la prima volta il motore di discesa, la quale era previsto che durasse per 38 secondi. Tuttavia a causa di un errore nel software di navigazione riguardante il calcolo del rateo di incremento della spinta, il motore si spense dopo 4 secondi, costringendo i controllori a terra a eseguire un programma di volo alternativo, che prevedeva due ulteriori accensioni del motore.

Sei ore e 10 minuti si passava alla seconda fase della missione, ovvero una seconda e terza accensione (in questo modo il motore di discesa divenne il primo throttleable racket engine ad essere acceso nello spazio) seguite dall’abort staging tra i due stadi del LEM e infine successiva accensione del motore dello stadio di ascesa. Durante tutte queste manovre il sistema di reazione e controllo dimostrò di funzionare correttamente così come il sistema di orientamento del motore dello stadio di discesa. Vi furono tuttavia altri problemi. Subito dopo la prima accensione del motore dello stadio di ascesa, il controllo dell’assetto passò al sistema di navigazione e guida primario, il quale era stato calibrato per il controllo di un LEM costituito da 2 stadi e non uno solo. Questo provocò un consumo spropositato di propellente da parte del sistema di reazione e controllo, in quanto veniva fatto lavorare “pensando” di manovrare un intero LEM anziché solo metà, portando così ad esaurire tutto il propellente a disposizione dell’RCS.

Per la seconda accensione del motore del secondo stadio, l’RCS utilizzò allora parte del propellente riservato al motore dello stadio, questo grazie ad una serie di valvole cross-feed. Tuttavia poco dopo il computer di bordo, passò l’alimentazione dell’RCS a quella principale ovvero ai serbatoi, vuoti, per il sistema RCS. Quello che rimaneva del LEM allora cominciò a “ruzzolare” mentre il motore del secondo stadio continuava ad essere acceso. Poche ore dopo il secondo stadio precipitava nell’atmosfera disintegrandosi sopra il Pacifico. Nonostante i malfunzionamenti la missione raggiunse i suoi obiettivi.

APOLLO 6

Ultimo volo del programma Apollo, senza equipaggio umano a bordo, e secondo volo di un Saturn V, usato anche in questo volo per testare il comportamento del modulo di servizio e comando, entrambi appartenenti al Block I. Anche in questo caso nel’adattore tra terzo stadio e modulo di servizio vi era un simulacro del LEM. Il lancio avvenne il 04/04/1968 alle ore 07:00:01 dal complesso di lancio 39° e fino al primo staging procedette regolarmente. Anche se si registrarono delle anomalie strutturali nella porzione modulo di servizio/launch vehicle adapter, probabilmente dovute ad un eccesso di 5-herz nella frequenza delle oscillazioni indotte dal lanciatore. Immagini riprese da terra e da aerei in volo, evidenziarono separazioni di materiali dall’adapter!! Ulteriori problemi dovevano però affliggere questo ultimo volo. Infatti dopo l’accensione del secondo stadio, due motori si spensero prematuramente, costringendo i restanti 3 a funzionare per un minuto circa in più, così come anche il terzo stadio dovette essere tenuto acceso un po’ più a lungo. Questo portò a raggiungere una orbita ellittica anziché circolare come pianificato. Un secondo tentativo di riaccendere il terzo stadio non ebbe successo, e allora si cambiò programma facendo compiere una unica e lunga accensione al modulo di servizio nella speranza di alzare l’orbita e di poter far raggiungere al modulo di comando una velocità di rientro la più prossima possibile a quella che avrebbe avuto di ritorno da una missione lunare. Nonostante questo l’ingresso in atmosfera avvenne ad una velocità più bassa e l’ammaraggio avvenne a 36 miglia dal punto previsto. Tra l’altro per la prima volta il modulo si capovolse dopo l’ammaraggio, ritornando poi nella giusta posizione grazie al sistema di ribaltamento.

Nonostante gli inconveniente la maggior parte degli obiettivi vennero ottenuti, dimostrando la versatilità dell’intero complesso di fronte alle più disparate emergenze o inconvenienti. I successivi voli avrebbero gradualmente portato l’uomo sulla Luna o a vivere in una stazione spaziale.

Ps: in voli Apollo 2 e 3 non sono stati trattati in quanto mai esistiti. La missione Apollo 1, non fu una vera e propria missione, in quanto prevedeva una simulazione di lancio con a bordo l’equipaggio. Purtroppo per cause che non si compresero mai del tutto, all’interno della capsula piena di ossigeno puro, scoppiò un incendio che uccise i 3 astronauti al suo interno. La missione non aveva ricevuto un nome particolare, per cui in onore dei 3 uomini deceduti, venne nominata Apollo 1.

Complimenti sivodave!!! :grinning: :grinning: :grinning:
Gran bel resoconto, l’ho letto con molto piacere! :smiley:

Fantastico!

Il materiale su queste missioni è rarissimo.Me lo rileggerò con maggiore attenzione più tardi!

Menzione d’onore a Sivodave per questo preciso, accurato, eccellente lavoro di reccolta di materiale storico.

Ditemi un pò, ma perchè voi cari amici ci tirate pacco proprio in occasione dell’Astronauticon, dove potreste pure ricevere gli opportuni ringraziamenti pubblici ? :frowning: