L’esperimento EXPOSE-R, un contenitore esposto per 22 mesi all’ambiente orbitale occupato dall’International Space Station, ha ospitato fra l’altro, delle spore di bacillus subtilis (conosciuto anche come bacillo del fieno, che è un batterio comunemente presente nel terreno) miscelate a polvere di meteorite artificiale.
Per natura, le spore di un batterio sono nient’altro che delle cellule disidratate in grado di resistere alle condizioni avverse di un ambiente, in grado successivamente di generare un individuo vitale, una volta ritornate in un ambiente consono.
Dopo questi 22 mesi, gli scienziati del German Aerospace Center (Deutsches Zentrum für Luft- und Raumfahrt; DLR) si sono messi al lavoro per determinare con precisione quante di queste spore sono sopravvissute all’ostile ambiente spaziale. Qualora risultasse che la polvere di meteorite sia stata sufficiente a proteggere le spore dall’ambiente spaziale ostile, sarebbe la prova che i microorganismi potrebbero essere in grado di sopravvivere all’interno delle meteoriti per lunghi periodi di tempo viaggiando da un pianeta ad un altro.
Nei prossimi mesi, Gerda Horneck, responsabile dell’esperimento Spores in Artificial Meteorites (SPORES) ed i suoi colleghi dell’Institute of Aerospace Medicine della DLR, esaminerà i quasi 300 campioni contenenti questi microorganismi.
Fin dall’inizio di questo test, nel Marzo del 2009, le spore sono state soggette a delle condizioni ambientali estremamente dure. Esse sono state esposte alle radiazioni ultraviolette e ionizzanti, al vuoto e alle variazioni della temperatura da meno 20 a più 40 gradi Celsius nel dispositivo EXPOSE-R dell’Agenzia Spaziale Europea, oltre alle condizioni di microgravità ed alla completa assenza di qualsiasi tipo di nutriente.
Un bacillo resistente
In letteratura è nota la notevole capacità di sopravvivenza delle spore di bacillus subtilis, la quale si attua tramite una sorta di ibernazione che permette al soggetto di attendere che le condizioni ambientali ritornino favorevoli. A quel punto, il metabolismo del batterio ritorna alla normalità permettendo anche il processo riproduttivo.
Gli scienziati intendono loro stessi innescare questa reazione fornendo sostanze nutritive alle spore in modo tale da “risvegliarle”. Quindi, secondo quanto spiegato dall’esobiologa Corinna Panitz, del team SPORES, gli scienziati determineranno il numero di spore sopravvissute all’ambiente spaziale e l’entità e la precisa natura del danno al loro DNA.
Il bacillus subtilis è un microorganismo generalmente molto utilizzato dagli scienziati nei propri studi. Esso è diffuso nel terreno, nell’acqua e nell’aria. La sua capacità di resistere al vuoto, alle radiazioni ed alle temperature estreme lo rende un ottimo candidato per un potenziale viaggio spaziale a bordo di un meteorite. Non a caso i ricercatori hanno testato la sua abilità di sopravvivere alle in diverse tipologie di condizioni estreme nell’espositore dell’ESA, EXPOSE-R. Secondo quanto spiegato dalla dott.ssa Panitz, utilizzando diversi filtri ottici ed una varietà di polveri di meteoriti artificiali, il team di ricercatori è riuscito a creare diversi ambienti per questi microorganismi.
L’esperimento visto da vicino
Negli alloggiamenti di EXPOSE-R, alcuni campioni sono stati esposti ad una atmosfera composta da gas inerte, mentre altri sono stati esposti al vuoto. Alcune piastre, che contenevano ciascuna 10 milioni di spore, sono state esposte alla radiazione ultravioletta attraverso dei vetrini dello spessore di 8 millimetri e altamente trasparenti alla luce ultravioletta. Altri campioni hanno ricevuto una dose ridotta di radiazioni grazie all’impiego di opportuni filtri ottici.
I microorganismi, posizionati nel secondo dei tre vassoi sovrapposti sono rimasti completamente protetti dalla radiazione UV di provenienza extraterrestre. “Le spore sono state soggette a vari ambienti radiativi; quelle che sono state esposte all’intero spettro radiante sono con tutta probabilità morte visto che le loro cellule non sono in grado di riparare i danni subiti.” Ha spiegato l’astrobiologa Panitz. “A dosi di radiazioni più basse, è probabile che la maggior parte dei microorganismi sia sopravvissuta.”
I ricercatori hanno anche simulato differenti scenari relativamente all’impiego della polvere di meteorite artificiale; alcune spore ne sono state semplicemente ricoperte, mentre altre sono state miscelate con la polvere.
Test in parallelo
Lo stesso esperimento che ha volato sull’ISS, è stato svolto a terra dai ricercatori della DLR presso la Planetary and Space Simulation Facility di Colonia. In queste camere a vuoto, 300 campioni di bacillus subtilis con relativa polvere di meteorite sintetico sono stati esposti almeno virtualmente, alle stesse condizioni dei microorganismi nello spazio.
La temperatura, le condizioni di vuoto e le radiazioni, sono state impostate come quelle presenti nell’ambiente orbitale dell’ISS. “Abbiamo un set di campioni di comparazione, qui sulla Terra,” Ha affermato la dott.ssa Panitz, “Ma non possiamo replicare la radiazione ionizzante e la microgravità come quelle presenti nell’orbita della Stazione Spaziale.”
In aggiunta ai 300 campioni degli scienziati della DLR,altri 800 provenienti da EXPOSE-R sono ritornati sulla Terra con lo Shuttle Discovery.
Gerda Hornek è la coordinatrice del consorzio Response of Organisms to Space Environment (ROSE); questo è il motivo per cui il team della DLR non solo ha preparato l’intero espositore all’inizio della missione ma ha anche il compito di assegnare e di inviare fisicamente i campioni da analizzare agli altri scienziati coinvolti nella ricerca sparsi in tutto il mondo. Sarà questo il momento che marcherà l’effettivo inizio del lavoro, che secondo le stime degli scienziati tedeschi dovrebbe tenere occupati i teams scientifici per circa un anno nel processo di valutazione dei campioni.
“Nel corso della fase di valutazione di questo esperimento, noi analizzeremo con precisione l’entità della protezione offerta alle spore dal materiale meteorico.” La risposta a questa domanda potrebbe gettare nuova luce sulla questione se dei microorganismi su di un meteorite siano in grado di viaggiare fino ad un pianeta vicino. “Questi campioni provenienti dall’ISS ci aiuteranno a capire meglio l’origine, lo sviluppo e la possibile diffusione della vita nell’Universo. Una cellula non protetta non sarebbe mai in grado di sopravvivere durante un lungo viaggio spaziale, ma potrebbe essere in grado di resistere se si trovasse all’interno di un meteorite.” Ha concluso la dott.ssa Gerda Horneck.
Come è fatto EXPOSE-R?
Le piattaforme EXPOSE sono state ideate per permettere l’esposizione di campioni biologici e di provini di vari materiali, registrando contemporaneamente le temperature e lo spettro radiante.
Il dispositivo EXPOSE include i vassoi sovrapposti veri e propri e la struttura di supporto. L’espositore fornisce ai campioni i servizi comuni ed un ambiente controllato (chiusini, dati scientifici ed ambientali, sistemi di acquisizione e trasmissione dei dati, controllo termico).
EXPOSE è composto dai seguenti sottosistemi: strutture e meccanismi; shutters (sistemi di chiusura); vassoi (con finestrini, guarnizioni, valvole e connessioni); contenitori dei campioni (finestrini, filtri, controlli); Expose Control Unit (controlli e motori per le valvole, acquisizione dei dati); sensori (temperatora, pressione, radiazione UV e prossimità – 4 gruppi di sensori, UVB + radiometro sono piazzati ai quattro angoli dell’espositore); Termal contro System; connessioni elettriche (Data Handling and Power Unit).
Hardware
I vassoi dei campioni sono delle strutture di supporto sigillate adibite al payload scientifico. Essi sono equipaggiati con quattro impronte quadrate che misurano 77 x 77 x 26 mm ciascuna le quali alloggiano i carriers dei campioni. Questi carriers sono elementi molto leggeri caratterizzati da un determinato numero di campioni, la cui geometria e caratteristiche dipende dalla tipologia dell’esperimento.
Ogni vassoio porta quattro carriers, sigillati con delle finestre ottiche oppure lasciati aperti all’ambiente orbitale. Questi vassoi sono provvisti di un’interfaccia meccanica alla struttura e sono solidali con i chiusini. La loro configurazione permette un campo di esposizione libero da ombre o da coperture di altri elementi strutturali.
I vassoi sono connessi elettricamente alla struttura da connettori scollegabili.
Fonti: ESA, Wikipedia, DLR
Immagini:
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Una colonia di bacillus subtilis al microscopio (C) Wikipedia/Kookaburra.
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La locazione della piattaforma EXPOSE-R sull’ISS (C) NASA.
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Dopo la rimozione dall’esterno dell’ISS della piattaforma EXPOSE-R avvenuta il 21 Gennaio 2011, essa è stata smontata dal cosmonauta Dmitri Kondratyev per la rimozione dei campioni. Essi hanno fatto ritorno sulla Terra a bordo dello Space Shuttle Discovery con l’STS-133. (NASA).