Il programma Vostok era solo un programma di test, il vero programma spaziale sovietico doveva iniziare con la più performate capsula Voschod (Alba. 1964-1966) capace di trasportare un equipaggio di tre persone. I successi sovietici dei primi anni dell’astronautica sovietica dipesero dalla capacità di Sergej Pavlovič Korolëv (1906-1966) di carpire la fiducia dei politici sovietici perché riuscì ad inserirsi in una cordata di politici che faceva capo direttamente al Presidente Nikita Sergeevič Chruščëv (1894-1971) e questo garantiva un’attenzione particolare alle attività spaziali. Il sistema industriale e sociale sovietico era lungi dall’essere performante ed efficiente e senza una spinta politica non era possibile ottenere la necessaria cura ed attenzione.
La notizia dell’avvio del Programma Apollo impose all’URSS di avviare un programma lunare, che fu mantenuto segreto: ufficialmente l’URSS non ha mai tentato di mandare uomini sulla Luna e gli americani erano pazzi. Korolëv dovette così avviare altri due programmi: l’N1 (1961-1974) ed il Sojuz (1967-in corso), il missile e la capsula lunari. L’N1 fu un fiasco. Realizzato con un insieme di tecniche troppo semplici per un mezzo troppo complesso, necessitava di studi tecnici progrediti che Korolëv non disponeva e gli ingegneri che li padroneggiavano si rifiutarono di aiutarlo: protetti da altri importanti esponenti politici, volevano che fosse il loro progetto di missile ad essere realizzato. In ogni caso il sistema industriale sovietico non riusciva a portare avanti quattro programmi spaziali contemporaneamente. Nel 1963 Korolëv voleva abbandonare le capsule Vostok, ma gli fu imposto un volo di coppia di due donne contemporaneamente. Per non stravolgere il palinsesto dei futuri voli Voschod, contrattò un volo di coppia uomo-donna che vide il lancio della prima donna, Valentina Vladimirovna Tereškova (1937) con l’ultima Vostok: la Vostok 6. Nel 1964 e nel 1965 Korolëv riuscì a lanciare due capsule Voschod stabilendo due primati, poi più nulla, il tutto solo grazie alla cannibalizzazione delle capsule che arrivavano al sito di lancio con ogni sorta di problema tecnico.
Nel 1966 Korolëv morì. Dal 1967 la capsula Sojuz fu spedita in voli automatici di sorvolo verso la Luna, le missioni Zond (1967-1970), che falliranno quasi tutte. Stessa triste storia per la Sojuz 1 che lanciata il 23 aprile 1967 portò alla morte il cosmonauta Vladimir Michajlovič Komarov (1927-1967) durante il rientro per un malfunzionamento dei paracadute della capsula.
Negli anni ’70, chiuso il programma Vostok ed in seguito anche i Voschod, si aggiungono altri due nuovi programmi: il Saljut (Saluto. 1971-1991) e l’Almaz (Diamante. 1973-1977), due laboratori spaziali, uno civile ed uno militare. Il Saljut 1 fu coprotagonista dell’incidente della Sojuz 11 che vide la morte dei tre cosmonauti presenti a bordo causa una falsa manovra al momento del distacco della Sojuz dal Saljut. Con i laboratori spaziali l’URSS accumulò una grande esperienza nei voli di lunga durata ed aprirà l’accesso allo spazio anche ad astronauti di nazioni amiche con il programma Intercosmos. Per rifornire i laboratori furono sviluppate le capsule cargo Progress (1978-in corso), destinate ai soli rifornimenti ed a distruggersi al ritorno sulla Terra.
Nel 1975, per motivi propagandistici, l’URSS accettò di fare una missione congiunta con gli USA: la missione Sojuz 19/Apollo-Sojuz. Per i sovietici visionare le tecnologie americane fu sconvolgente. L’abisso tecnologico che li separava portò ad un cambio di strategie. Il programma lunare sparì ed iniziò l’inseguimento agli USA verso la costruzione di una navetta, Buran (Tempesta di neve, 1988) ed una stazione spaziale, Mir (Pace-Tranquillità, 1986-2000). Buran volerà una volta sola, in modalità automatica. Il Mir era il primo laboratorio spaziale modulare progettato per una permanenza di cinque anni in orbita ma, agli inizi degli anni ’90, con il crollo dell’URSS, era ancora incompleto. L’occidente intervenne per aiutare l’ex cosmonautica sovietica. Il Mir fu completato e diventò la base di un programma di voli internazionali dove astronauti di ogni nazione impararono a convivere nell’estremo ambiente spaziale. Dal momento che alcuni moduli del Mir “2” erano già disponibili, la Russia fu inserita nel programma della stazione spaziale Alpha tramutandolo nell’attuale ISS (International Space Station. 1998-in corso).
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