Leggendo i post della sezione “Sistemi con equipaggio” (soprattutto quelli relativi a shuttle, cev e Aries) mi sono reso conto che esistono varie scuole di pensiero su quale possa essere il design più efficace per un veicolo spaziale. Tuttavia, devo ammettere che alcuni concetti (soprattutto aerodinamici, come il rapporto lift/drag per fare un esempio) non mi sono proprio familiarissimi.
Con questo thread vorrei rivolgermi a tutti i super-esperti in materia (Archipeppe in primis, e tutti gli altri) per fare un riassunto sulle peculiarità di ciascun design, in modo che possa servire come punto di partenza per chi cerca informazioni in merito.
Io personalmente partirei elencando i vari design, e aggiungendo via via caratteristiche salienti, pregi, difetti, potenzialità di sviluppo di ciascun progetto. Ovviamente sono ben accetti anche link esterni e ad altri thread del forum.
Ok, partiamo:
Capsule coniche (come Apollo e CEV)
Capsule biconiche
Lifting body (come Kliper 1° progetto)
Spazioplani alati (come Kliper 2° progetto)
Altri design (da specificare)
Ogni informazione su queste categorie è ben accetta. Sotto a chi tocca.
Caro Spock, innanzitutto vorrei ringraziarti (bontà tua) per il “super-esperto”, io al massimo mi reputo un “super-appassionato”.
In ogni caso vorrei “rifinire” la tassonomia da te introdotta, per classificare i veicoli spaziali abitati.
Allego una slide, appena modificata, che normalmente introduco agli studenti di Ingegneria Aerospaziale quando tengo i miei seminari e mi sembra “sistemare” abbastanza bene la materia, ve la propongo poi ne possiamo discutere.
Grande Archipeppe, è un’ottimo punto di partenza
Parto subito con un paio di domande:
1- Il modulo di rientro della Soyuz è da classificare fra quelle a rientro balistico o fra quelle a rientro portante?
2- Quanti sono gli effettivi vantaggi del rientro portante? Di primo acchitto posso pensare ad un minor numero di g in fase di decelerazione e quindi ad un rientro più “dolce”. Immagino che un’altro vantaggio sia la possibilità di orientare la capsula (e quindi la portanza) per effettuare piccole correzioni. E’ giusto?
Allora in base al rapprto L/D (Lift / Drag, ossia Portanza su Resistenza) in regime ipersonico (ossia per velocità superiori al km al secondo):
Capsule balistiche (Mercury, Vostok, Voskhod): 0 - elevato numero di g al rientro (9-10) e nessuna capacità di manovra.
Capsule semiportanti (Gemini, Apollo, Soyuz, Shenzou, Orion): 0,25-0,3 numero di g tollerabile (4-6) ed una minima capacità di manovra (footprint proiettato sul terreno).
Corpi portanti/biconici (Shuttle, Buran, Bor 4, X23, Kliper): 1-1,5 basso numero di g (1,5-2) ed una buona capacità di manovra.
Alati (ancora nessuno): 2,5-3,5 minimo numero di g (1) ed elevatissima capacità di manovra (praticamente come un aliante ad alta efficienza).
Beh fra gli alati si potrebbe inserire la SpaceShipOne e Two, anche se non sono orbitali sono mezzi spaziali a tutti gli effetti.
Per Shuttle (e presumo anche per il Buran) mi pare che l’efficienza (L/D) sia intorno a 5, io li considererei come alati.
Ah scusa forse parlavi di ipersonico l’efficienza quindi è più bassa, comunque io lo considererei un “alato” forse l’anello di congiunzione fra le due categorie ma se dovessi scegliere opterei per quella.
Se ti interessa c’è anche questo link in italiano, è la traduzione di un famoso sito inglese ed è molto semplice ma completo per capire i concetti principali del volo. http://utenti.quipo.it/volare/
Per quanto possa sembrare assurdo lo Shuttle (e la sua copia russa, il Buran) durante la fase iniziale di rientro, e quindi in regime ipersonico, si comportano come corpi portanti e non come velivoli alati.
Lo testimoniano il rapporto L/D pari a 1,5, nonché l’altro angolo di attacco (circa 40°) che rendono inutili le ali. In effetti per gran parte del rientro la parte che “lavora” è la pancia, le ali intervengono al disotto di 1 km/sec, quando oramai lo Shuttle si trova in aria densa.
Lo SpaceShipOne non l’ho, volutamente, preso in considerazione data la sua bassa velocità terminale. In tal senso il rientro dello SpaceShipOne non è nemmeno lontanamente paragonabile a quello dello Shuttle, difatto data la bassa velocità (stiamo parlando di circa 3.000 km/h) qualsiasi velivolo opportunamente equipaggiato sarebbe in grado di effettuare un rientro sicuro, capsula o alato che sia.
Però vedremo mai un alato compiere voli orbitali? Probabilmente il loro campo di utilizzo ottimale non supera il volo suborbitale, vedo difficile un mezzo alato ottimizzato per il volo orbitale, probabilmente si svilupperanno per i voli suborbitali e non di più, anche se comunque saranno comunque sempre mezzi spaziali…
Ma se dalla classificazione di Archi un veicolo spaziale alato si comporta con efficienze aerodinamiche in regime ipersonico in fase di rientro di circa 2.5 - 3.5, comportando anche grandi capacità di manovra, come è possibile conciliare la progettazione di un tale mezzo con la ristrettezza di margini di traiettoria in fase di rientro nonchè il dimensionamento dello scudo termico? In tal caso infatti le parti da proteggere aumenterebbero (conseguenza della capacità notevole di manovra in fase di rientro anche a quote elevate) e di conseguenza anche la massa totale …
Grazie Archipeppe per l’esauriente risposta, e grazie anche ad Albyz e Paolo per gli interessantissimi link che provvederò a stamparmi quanto prima.
Adesso un’altra domanda: qual’è il problema dei lifting body? Mi spiego meglio: da anni si sente parlare di lifting body per i veicoli di rientro, X-33, X-38, Hermes, Kliper solo per citare i più famosi. Tutti progetti partiti con grandissime promesse e tutti annullati a favore di progetti più semplici, come CEV e ACTS (sempre che si faccia [-o<). Escludendo l’X-33, che se non sbaglio aveva grossi problemi dovuti alla sua natura di “single-stage-to-orbit” (SSTO), gli altri potevano tradursi in qualcosa di buono. Secondo voi che cosa ne ha decretato il (per ora) fallimento?
Gia che l’abbiamo citato: l’X-33, una delle più grandi promesse mancate dell’astronautica. Secondo voi era possibile farlo funzionare? Con più convinzione (e più soldi) sarebbe stato possibile realizzare la struttura molto leggera e molto resistente richiesta dal grosso SSTO? (ovviamente escludiamo l’invenzione di materiali estremamente esotici, niente “duranio” per intenderci)
Una domanda corretta. Nel breve-medio periodo la vera alternativa alle capsule è e resteranno i corpi portanti, probabilmente gli alati saranno usati solo per il turismo spaziale.
Nel medio-lungo termine, a mio avviso, assisteremo ad una vera e propria “corsa” allo spazioplano da parte di grossi gruppi che, attualmente, operano solo nel campo aeronautico e che nel futuro saranno in grado di “riversare” il proprio know-how in campo spaziale.
Per quell’epoca, stiamo parlando degli anni intorno alla metà del XXI secolo, dovrebbero (il condizionale è d’obbligo in questi casi) essere disponibili una serie di tecnologie, dal campo propulsivo a quello dei materiali, che potrebbero rendere possibile un uso orbitale degli aerospazioplani alati.
In ogni caso se le ricerche non iniziano, o per meglio dire continuano, adesso quel futuro non arriverà mai. Comunque qualche “asso” tecnologico potrebbero averlo ancora gli americani, se la NASA si è direzionata verso le capsule, l’USAF potrebbe (e dico potrebbe) aver GIA’ sperimentato qualcosa in tal senso.
Del resto sono almeno 20 anni che circolano voci e controvoci su possibili spazioplani militari americani, culminati nell’articolo sul progetto “Blackstar” pubblicato l’anno scorso da Aviation Week & Space Technology (articolo in qualche modo sconfessato, ma che ha lasciato l’impressione generale che non tutto sia stato detto e scritto in merito).
Personalmente non credo assolutamente agli alieni morti presenti presso l’Area 51, ma quest’ultima esiste davvero (non è una leggenda metropolitana) di conseguenza qualcosa di nuovo gli americani lì lo provano davvero (e non sono UFO catturati)…
Si, drag è la resistenza che incontra un velivolo nell’atmosfera. Essendo, come la portanza una forza, si misura in Newton… Ne esistono di più tipi, a seconda della natura che la genera: si va dall’attrito viscoso delle superfici con il flusso d’aria, quella generata dalle differenti pressioni che si generano fra dorso e ventre dell’ala (creando così turbolenze lungo le estremità alari), quelle dei motori, etc etc… ovvio è che più L/D (che sarà quindi una grandezza adimensionale, senza unità di misura: N/N si semplifica) sarà grande e più è vantaggioso in termini di volo e “spese” energetiche per ottenere determinate prestazioni. Spesso si utilizza la resistenza in atterraggio (vedi gli spoiler) per rompere il flusso sulle ali e decelerando più rapidamente…