Contaminazione batterica su Curiosity?

Se è così allora il problema contaminazione è già risolto, anzi non si pone.

Purtroppo ho semplificato troppo: se troviamo un batterio che sappiamo essere terrestre, non possiamo incrociare le braccia e dire “ok, non è alieno, proseguiamo”. Dovremmo chiederci come ci è arrivato, o se la sua esistenza può supportare la tesi della diffusione della vita da un corpo celeste all’altro…ma se abbiamo il dubbio di avercelo portato noi, è tutto più complicato.
E poi, come si diceva nel forum internazionale, noi in fondo non giriamo con un microscopio ottico a cercare parameci su Marte: noi cerchiamo le tracce della vita, i segni che potrebbe averci lasciato. Se cominciassimo a rilasciare batteri terrestri nell’ambiente alieno rischieremmo di perdere per sempre questo piccolo segnale.
Anche perché la Luna è una cosa, Marte è già diverso, ma immaginiamo, come qualcuno ha già ipotizzato in questa discussione, di portare batteri in un ambiente meno ostile: essi crescerebbero, in condizioni favorevoli, e potrebbero anche competere o forse spiazzare una forma di vita locale. Non probabile, ok, ma quando si esplora un ambiente nuovo bisognerebbe cercare prima di tutto di non calpestare niente…

Chissà, sono temi apparentementi lontani da noi, eppure i primi passi fuori dalla Terra li abbiamo compiuti e quindi abbiamo la responsabilità delle nostre azioni. Fermo restando che, onestamente, sarebbe MOLTO affascinante seguire l’evoluzione parallela della vita terrestre che fosse portata su un altro pianeta. Ma per questo, non basterebbe la vita dell’uomo, figuriamoci quella di UN uomo…

Ma c’è un microscopio ottico montato su Curiosity?

Il mio era un discorso filosofico: Il nostro impatto sul cosmo (nel bene o nel male) sarebbe sicuramente più grande E DURATURO se, invece di colonizzare di persona i pianeti, ci mandassimo solo una capsula con colonie di estremofili.

Parlo di impatto della razza sull’universo, e all’universo non importa l’aspetto/cultura dell’essere uomo. Tutt’altra storia se ci fossero una dozzina di pianeti diversissimi tra loro ma con in comune la vita terrestre…
In parole povere, terraforming con la tecnologia odierna.

C’è il Mars Hand Lens Imager (MAHLI):
http://msl-scicorner.jpl.nasa.gov/Instruments/MAHLI/

Poi c’è CneMin che ha decine di “vetrini” in cui serbare campioni però per analizzarli ai raggi X:
http://msl-scicorner.jpl.nasa.gov/Instruments/CheMin/

MAHLI images can be acquired at working distances between ~20.5 mm and infinity, permitting acquisition of closeup views with a pixel scale/spatial resolution as high as 13.9 microns per pixel, as well as selection of context views at greater working distances. Owing to likely uncertainties in robotic arm placement, the very highest resolution images might be challenging to obtain on Mars (we expect to learn more during testing of the arm placement capabilities prior to launch)

Pare che “a causa di probabili incertezze nel posizionamento del braccio robotico, immagini a risoluzione molto più elevata potrebbero essere difficili da ottenere su Marte”.

Se avessero scelto per il MAHLI un sistema di raccolta dei campioni su “vetrini” come per il CheMin avrebbero potuto ottenere ingrandimenti superiori, un’illuminazione artificiale controllabile e altre cose come l’applicazione di filtri (ma non sono esperto di microscopia). A quanto pare hanno scelto di puntare su altre analisi a discapito di quelle di microscopia.

Decisamente, la scelta punta su altro. Eppure sarebbe così immediato osservare un vetrino…