Di cosa si tratta?

Ho trovato questa immagine di un progetto di capsula spaziale del 1960, che ignoravo. Sapete dirmi di cosa si tratta?

Una Vergine di Norimberga in versione spaziale?

Si tratta della “1 crew Ballistic Re-entry Capsule” e fa parte di uno studio, elaborato nel 1960 dalla Bloom Co., per capsule “minimali” di rientro da utilizzare come veicoli di salvataggio.

Ne parla anche Mark Wade nella sua “Enciclopedia Astronautica”:

http://www.astronautix.com/craft/1crpsule.htm

Il thread è in una sezione sbagliata dato che non si tratta di un programma sovietico, bensì di uno americano…

Per Archipeppe, una sola parola : MITICO :smile:

Adulatrice…

In ogni caso la risposta era abbastanza semplice, la NASA nei primi anni '60 aveva avviato una serie di studi (purtroppo rimasti senza seguito) sulla possibile realizzazione di mezzi di salvataggio, semplici, economici ed efficaci per veicoli spaziali rimasti bloccati in orbita bassa (LEO).
Il piĂą famoso di tali sistemi resta il General Electric MOOSE (Manned Orbital Operations Safety Equipment) che fu anche oggetto di una estesa serie di test volti a garantire la funzionalitĂ  del sistema.
Purtroppo la cancellazione del Boeing X20 Dynasoar, da un lato, e delle stazioni spaziali MORL e MOL dall’altro, hanno portato alla mancata realizzazione di questo importante sistema di salvataggio.

Qualora fosse stato realizzato sarebbe, con tutta probabilitĂ , ancora in servizio con lo Shuttle dando una significativa possibilitĂ  di salvezza agli astronauti della navetta.

http://www.astronautix.com/craft/moose.htm

comunque nel programma costellation il salvataggio può benissimo avvenire con un’altra Orion

Credo sia piĂą una cosa studiata per le stazioni orbitali che per singole capsule o mezzi. Si utilizzerebbero queste sempre agganciate alla stazione come scialuppe, senza quindi avere la necessitĂ  di avere sempre una capsula presente.

Secondo me era porgettata più per una capsula, se lo scudo termico aveva qualche problema il pilota tornava con quella di emergenza. Nelle stazioni spaziali non penso che si possa usare perchè ne servirebbe tante quanti sono i membri dell’equipaggio, il che rende conveniente una capsula…

Questo vale per il concept della Bloom, postato da Tryphon.

Invece il MOOSE era qualcosa di molto, ma molto, più avanzato. Si trattava, in buona sostanza, di un sistema “impacchettato” e trasportato all’intero dei veicoli spaziali compostoa da un sacco di materiale plastico in cui si infilaval’astronauta, che indossava la sua tuta pressurizzata per EVA (nel caso dell’Apollo la famosa A7L) con un paracadute agganciato al petto (come quello di riserva che usano i paracadutisti) ed una bombola di schiuma di poliuretano sulla spalla sinistra.
Una volta all’interno del sacco, e comunque fuori dal veicolo spaziale, l’astronauta apriva la bombola e gonfiava il sacco con la schiuma di poliuretano. Per allontanarsi dal veicolo spaziale, e per deorbitare, l’astronauta utilizzava una “pistola” ad idrazina posta sul davanti.

Una volta riempito, il sacco era sagomato in maniera tale da consentire il rientro nell’atmosfera con l’astronauta posto “di schiena” (come avviene normalmente con le capsule). Alla fine della fase di rientro il sacco era completamente polverizzato e l’astronauta non doveva fare altro che aprire il paracadute, ed atterrare come un normale paracadutista.

Per quanto possa sembrare incredibile i test condotti dalla GE avevano dato esito ampiamente positivo, il sacco poteva essere portato fino a temperature di rientro (> 1.600° C) senza che all’interno la temperatura salisse a livelli intollerabili (e comunque la tuta proteggeva l’astronauta anche da quel punto di vista…).

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Si si, intendevo quello :wink:

Per il moose… boh mi ha sempre lasciato un po’ perplesso… nessuna possibilità di controllo, una “pistola brandeggiabile” per decelerare da puntare nella giusta direzione, uno scudo che deve “esaurirsi” al momento giusto, ma il degrado dipende fortemente dalla traiettoria di discesa… boh… mi pare un po’ empirico…

fantastico questo “sacco”, oggi non si sta pensando a niente del genere? non c’è di bisogno?

Cavolo Archipeppe, questo concept del MOOSE non l’avevo mai visto bisognerebbe presentarlo a quelli che si lanciano sempre più in alto, l’ultimo lancio da 40km mi pare, e dicevano che volevano andare sempre più in alto…
Certo che lasciare l’astronauta così esposto durante il riuentro, senza alcun controllo mi sembra un poco rischioso.
Come avrebbe fatto a orientarsi correttamente di schiena per il rientro? Se durante la discesa si girava…?

Beh…è decisamente un rientro del tipo “o la và o la spacca” da attuare quando qualsiasi altra strategia risulta impraticabile.

C’è da dire, però, che la General Electric spese moltissimo lavoro (e soldi) nella validazione di questo progetto e che anche il famosissimo lancio da alta quota del Col. Joseph Kittinger rientrava anche nelle prove, che l’USAF (possibile e probabile utente del MOOSE) faceva per valutare la fattibilità di rientro nell’atmosfera di un astronauta rivestito della sola tuta pressurizzata, più paracadute, a valle di un sistema “a perdere” come quello proposto dalla GE.

La traiettoria di rientro sarebbe stata quanto mai “sporca” con un elevato numero di g (almeno una decina) e moltissime vibrazioni indotte, almeno fino all’apertura del paracadute.

Se fosse implementato potrebbe portare persino ad una nuova disciplina sportiva… :stuck_out_tongue_winking_eye:

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Si Attaccava… al paracadute :stuck_out_tongue_winking_eye:

Davvero bello il sacco :ok_hand: Però Archipeppe, non far vedere il progetto a quelli della Direct, altrimenti: Addio Orion :stuck_out_tongue_winking_eye:

Il sistema era concepito per mantenere il baricentro in una certa posizione, a “valle” della schiena dell’astronauta (dietro le bombole), prevenendo in tal modo catastrofici “ribaltamenti”. Inoltre l’elevato rapporto diametro/altezza avrebbe senz’altro contriubuito alla stabilità del sistema, almeno durante la fase “calda” del rientro.

Per quanto riguarda il resto è da escludere qualsiasi capacità di manovra del sistema, il MOOSE cadeva e basta.
Dove si atterrava (o ammarava) era un problema dell’astronauta…

E l’angolo di rientro? La velocità relativa? Non c’era il rischio che l’aria ionizzata “cadesse” verso l’astronauta risucchiata dal vuoto? :thinking:

Comunque sia c’era la tuta. per l’angolo credo che veniva inserito poco prima di lasciare il veicolo.

Questa, devo dire, non la sapevo proprio!
Veramente interessante… entrambi i sistemi erano veramente notevoli;
forse il “1 crew Ballistic Re-entry Capsule” sarebbe più attuale (?)

Stavo per aprire un tread a parte, ma qua ormai la Treccani ci fa un baffo.

Fonte immagini wikimedia

Bella la capsula con palo conficcato

Non è un palo, si tratta di un meteorite con la sua bella traiettoria (molto stile fumetto)…