Forever Young - L'autobiografia di John W. Young in italiano!

Ho acquistato entrambi i libri e li ho apprezzati moltissimo.
Ero un pò scettico su quello di Young,perchè avevo letto che era pieno di dettagli tecnici e un pò meno aneddotici.
In realtà la cosa non infastidisce affatto la lettura,anzi la rende interessantissima (almeno per l’appassionato).
Gli aneddoti però ci sono,e sono altrettanto interessanti.
Dal libro si capisce l’immensa passione di Young per il suo lavoro,e sopratutto per la sua preoccupazione per la sicurezza.
Dopo la tragedia del Challenger è più che evidente che Young non volò più perchè aveva un pò troppo rotto le scatole alla dirigenza per i suoi memo insistenti riguardanti appunto il miglioramento della sicurezza degli Shuttle.
Il punto è che egli ebbe sempre in mente che lo Space Shuttle,frutto di compromessi e di uno stanziamento miope di budget,sarebbe sempre rimasto una macchina sperimentale,e non quel “DC3 dello spazio” desiderato troppo ottimisticamente dalla dirigenza NASA.
Ho un unico rimprovero da muovere a Young; non aver approfittato dello straordinario numero di lanci nel 1985 per tornare nello spazio dopo STS-9.
Il fatto è che probabilmente ( non lo dice ma mi pare evidente) voleva essere assegnato a missioni significative ( il primo collaudo dell’Orbiter,il primo volo dello Spacelab, ed era in linea per la missione che avrebbe messo in orbita Hubble)…un Italiano gli avrebbe detto “John, meglio un uovo oggi che una gallina domani”.

Interessantissimo anche il libro di Cernan.
Qui siamo molto di più nel campo dell’aneddoto,del racconto che ti porta nella vita quotidiana di un Astronauta degli anni 60-70.
C’è la lotta per ottenere il sedile sulla navicella,il gossip (a volte un pò malignetto) sui colleghi,il racconto della missione,il ritratto di alcuni tra i protagonisti del volo spaziale di quegli anni.

Di entrambi i libri mi ha stupito sopratutto una cosa,che vi assicuro che nonostante sia stato da sempre appassionato di Astronautica non avevo mai pienamente realizzato:
Quanto penosa,pericolosa,estenuante ed estremamente spiacevole fosse l’attività extraveicolare sulle Gemini.

I racconti delle EVA di Collins (Gemini 10) e di Cernan (Gemini 9) sono aggiaccianti.
C’è da restare stupiti che nessuno sia morto durante quelle EVA.
Muoversi nello spazio con quella tuta,e sopratutto tentare di rientrare nella navicella distrutti dalla fatica,doloranti,ciechi per il sudore e la condensazione all’interno del casco,avvolti nel “cordone ombellicare”,era davvero qualcosa di tremendo.

Con il senno di poi l’unica cosa concepibile con quelle tute e quella capsula era uscire e lasciarsi galleggiare alla deriva,come fece Ed White (ed infatti,al netto di una faticaccia per tornare dentro,la sua fu l’attività extraveicolare di maggior successo del programma).
Cercare di far lavorare la fuori qualcuno o addirittura fargli sperimentare uno zaino a razzo,era semplicemente folle.

Interessante anche un altra cosa,che si evince da entrambi i libri.
Gli Astronauti erano terrorizzati dal comunicare esattamente le loro difficoltà,perchè temevano che gli sarebbero state imputate e che non avrebbero volato mai più.
Per questa ragione nessuno,nè durante l’EVA nè al rientro raccontò davvero quanto tremendamente penosa e pericolosa fosse quell’esperienza.

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