Il problema è che se poi non era recuperabile… si perde sia la navetta che gli astronauti al suo interno…
I computer di bordo anche dei grandi liner potrebbero tranquillamente atterrare, ma si preferisce farlo fare ad un uomo, per questioni d’assicurazioni. E’ più facile parlare d’errore umano che di macchina. Se il computer sbaglia, di chi è la colpa: della NASA o di chi ha realizzato il computer? Poi c’è la gestione delle emergenze dell’ultimo momento. Nonostante i progressi dei computer, la mente umana è ancora più affidabile di quella artificiale nel gestire cose fuori dall’ordinario. Se fosse il contrario avremmo già aerei da caccia ad altissime prestazioni, superiori a quelli di oggi, senza uomini a bordo.
Al momento vince ancora la mente umana.
Ma le missioni STS-3xx e STS-400 sono proprio previste così…
Non mi sono spiegato bene!
Solo la STS-300 (per la STS-114) prevedeva la distruzione certa della navetta danneggiata, con un rientro a stiva aperta ed orbiter ad assetto invertito.
Con la STS-121 hanno portato sulla ISS la barra comandi proprio per tentare un salvataggio in extremis dello “stranded Shuttle”.
La discesa prevede un rientro ad Edwards per effettuare l’impatto con la Entry Interface in pieno Pacifico ed eventualmente non mettere in pericolo zone densamente abitate: col Columbia è stato un miracolo che non ci siano state vittime a terra!
Gli Orbiter di ultima generazione sono effettivamente in grado di eseguire una missione unmanned, proprio come il Buran (che però lo faceva già “di serie”).
Avrebbe continuato a poterlo fare anche con equipaggio o si doveva scegliere l’attrezzatura per pilotarlo in remoto o l’equipaggio? Cioè, era realmente di serie anche nei voli definitivi o i computer necessari sarebbero stati sbarcati con la prima missione umana?
Buran venne sviluppato direttamente come macchina automatica e quindi la navigazione autonoma era integrata nei sistemi base.
L’equipaggio sarebbe arrivato dopo, ma avrebbe mantenuto la possibilità di volo completamente strumentale automatico.
In caso di necessità, chiunque rimasto a bordo vivo era così in grado di rientrare con il pilota automatico e completare la missione (mi vengono in mente scenari particolarmente inquietanti… ).
Tutto era studiato per un uso prettamente militare.
Ad esempio i computer di bordo erano 4 con link hardware a livello di clock (non sincronizzazione software come sullo Shuttle) su doppia linea di controllo. Se uno dei 4 dava risultati diversi veniva spento, stessa cosa con il terzo. Se i dati non corrispondevano sugli ultimi due, il master clock decideva random di spegnerne uno per poter comunque avere il 50% di probabilità di farcela.
Tutto il progetto faceva parte della guerra fredda.
Buran doveva fare paura agli USA perchè al suo interno l’Unione Sovietica poteva portare qualsiasi cosa sia verso che dall’orbita: c’era addirittura un progetto di caricarlo con una specie di tamburo tipo revolver che potesse lanciare a raffica bombe “intelligenti” a piacimento dall’orbita.
Il progetto di partenza parlava di 5 navette con una media di 30 lanci all’anno.
Come le avrebbero chiamate le altre navette operative? Revolver o Kalashnikov?
E’ deprimente pensare che in quegli anni l’esplorazione spaziale russa gravitava interamente intorno alle necessità militari. Non che gli USA si siano dimostrati inferiori, però i cari vecchi tupolev passeggeri con il buso da bombardiere… poi inneggiavano alla pace ed alla fratellanza tra i popoli, vendendo loro tonnellate di armi.
Tornando a Buran, se i russi hanno realizzato una protezione termica a mattonelle ceramiche, perché non le hanno mai sperimentate su delle soyuz o delle progress? Avrebbero potuto ricavarne un veicolo riutilizzabile almeno in parte, con poche variazioni. E’ la diffidenza russa nei confronti del nuovo?
Ne sapete qualcosa?
Peso, tutto sommato, inutile?
Inutile? No, con le piastrelle si elimina lo scudo termico metallico. Chi dei due pesa di più?
Non elimineresti la parte metallica ma la parte ablativa dello scudo, e non so se pesi più delle eventuali mattonelle.
Inoltre, se lo scopo fosse rendere riutilizzabile solo il modulo di discesa Soyuz, penso che esso dovrebbe essere riprogettato estesamente.
Lo scudo termico di Buran era tutto in piastrelle di fibra spugnosa di silicio e quarzo con spessore variabile a seconda della posizione, sostanzialmente molto simile alla navetta americana.
Lo spessore massimo era di 72mm e garantiva una differenza di temperatura interno-esterno fino a 1500°C.
Le tavolette erano tutte incollate su un tessuto di materiale refrattario di 3 decimi di mm di spessore che a sua volta era incollato sulla fusoliera (la NASA usa un feltro in Nomex).
Il tutto era molto compatto e adattabile alle forze aerodinamiche e di eventuali impatti.
Le piastrelle dei punti più caldi contenevano anche carbonio e permettevano di evitare i pericolosi (Columbia docet) scudi carbon-carbon che risultano fatalmente molto fragili.
Se nel caso di impatti le piastrelle si fossero staccate, la mancanza anche di un singolo elemento completo in qualsiasi posizione non comportava pericoli per il veicolo.
Tutte le piastrelle erano rettangolari, tranne quelle delle giunte fra zone con inclinazione diversa che erano pentagonali per evitare gli angoli acuti che potevano portare a punti deboli.
La densità del rivestimento era di 150g/l, contro i 144g/l dello Shuttle NASA, al quale era quindi molto simile.
La consistenza del materiale di queste piastrelle, all’aspetto e a maneggiarlo, è molto simile alla… meringa, sì, proprio così.
Io ho un campione di circa 3"x3" ed effettivamente fa impressione!
Dubito che altri tipi di scudo possano essere più leggeri…