Gestione e limiti dello Space Transportation System alla luce dell'incidente del Challenger

dopo quelle due terribili tragedie l’ importante è che oggi sia i costruttori che la Nasa e tutti gli uomini che lavorano per lo Shuttle usino molte più cautele, controlli ed accorgimenti prima di ogni lancio.

Ma se per il Challenger la colpa di chi ha progettato male l’O-ring è conclamata e quindi le reponsabilità hanno poca strada da fare, per il Columbia c’è di sicuro una co-responsabilità di chi ha pensato il sistema di schiume in quel modo, di chi ha trascurato i precedenti distacchi di materiale e di chi non ha pensato di verificare l’integrità dello scudo termico prima del rientro.

Il problema della temperatura esterna, a questo punto, può diventare una aggravante verso altri problemi, ma non essendo causa diretta può essere bellamente trascurato?
Una navetta che finisce sottozero in rampa ha ancora l’affidabilità di quando è uscita dal VAB?

A me personalmente da quello che ho capito leggendo qua e là, par di capire che il problema temperatura influisce come aggravante di rischio solamente all’atto del tanking, ovvero il ghiaccio è formato e provocato solo ed esclusivamente dal propellente criogenico e non dalla temperatura esterna, qualunque essa sia, poi se la temperatura esterna è alta allora i possibili blocchi di ghiaccio tenderanno a sciogliersi in maniera più rapida rispetto a lanci con temperature esterne più rigide, stop. Tutta la vita all’esterno del VAB del serbatoio, che sia più o meno lunga, più o meno fredda e più o meno calda, non mi pare di aver trovato riferimenti a criticità e/o aggravanti date dalla temperatura. In poche parole se anche stesse fuori per lunghi periodi con temperature fredde (per la Florida non per l’Alaska) non dovrebbero esserci problemi (le parti in gomma, le uniche soggette a deterioramento per temperatura mi pare siano state riviste dopo il Challenger) relativi alla durata, ma c’è da prestare molta attenzione solo ed esclusivamente nelle operazioni di tanking quando la temperatura esterna potrebbe variare l’accrescimento del ghiaccio in elementi esterni.
Insomma la durata della permanenza all’esterno per quanto riguarda le temperature non è minimamente influente sulle percentuali di rischio al lancio, ma quello che può in qualche maniera influire è la temperatura durante il tanking fino al lancio.

Discorso diverso è per la pioggia, che può capitare d’inverno come d’estate, al caldo come al freddo e che potrebbe, in caso ci fossero danni alla schiuma, infiltrarsi e gonfiarsi una volta ghiacciata dal propellente criogenico.
Anche in questo caso bisogna avere sott’occhio possibili infiltrazioni all’atto del tanking non che ci siano residui di acqua, ma la possibilità di danni non osservati, profondi da permettere infiltrazioni, con le nuove procedure dovrebbero essere vicine allo zero, con il team che ispeziona il tank prima del lancio con le camere termiche che rileverebbe sicuramente la disomogeneità nelle temperature.
Questo per quanto riguarda la sicurezza dell’equipaggio e della navetta, ci sono stati invece problemi nelle passate missioni con infiltrazioni di acqua nella RSS del pad in preparazione del lancio e in presenza di forti temporali con la navetta non perfettamente sigillata, oppure con la grandine o con i fulmini…
In tutti questi casi però non c’è un rischio sull’incolumità della missione ma un possibile danneggiamento di parti eventualmente esposte ma comunque facilmente rilevabili prima del lancio e qui penso che ricadiamo nel discorso sulla permanenza in rampa “accorciabile” su cui siamo tutti d’accordo.

Infatti, eravamo partiti da lì! :wink:

Allora concordi che il possibile “malessere” dello shuttle dovuto alla temperatura attuale in rampa e alla sua lunga permanenza all’esterno a temperature invernali di cui si è parlato nell’intermezzo… non ha basi concrete, e sono paure senza fondamento :wink:

E un’ultima cosa che vorrei rimarcare, occhio a dire “dovevano fare un rollback così lo shuttle stava meno in rampa” perchè non è assolutamente detto.
Fare un rollback significa al ritorno in rampa mantenere sicuramente un ulteriore mese l’orbiter esposto sul pad, mentre ora male che vada ci rimarrà fino a fine gennaio…
E il calcolo era di un numero maggiore di giorni in rampa con rollback sia con una decisione presa subito dopo l’ultimo test sia con una decisione presa il 3 Gennaio.
Lo shuttle è in rampa dal 10 Novembre, il 3 Gennaio sono 54 giorni sul pad.
Se il 3 Gennaio si decidesse per il rollback lo shuttle oltre a questi 54 giorni accumulati avrebbe il bonus di almeno altri 25-30 giorni necessari per organizzare il rollback e per ri-preparare lo shuttle alla partenza al suo ritorno con un tempo totale almeno uguale o superiore all’attuale tempo previsto in rampa.
Stessa cosa se la decisione fosse stata presa dopo il test di tanking, allora la data di lancio prevista era il 10 Gennaio, sicuramente un rollback avrebbe portato oltre ad un ulteriore consistente ritardo anche ad una maggiore permanenza in rampa dello Shuttle… con abbattimento di ogni possibile vantaggio di tornare al VAB se non quello di essere sicuri (forse) di aver risolto il problema con un nuovo ET ma sicuramente senza averne capito il motivo in ottica futura…

Non esattamente…
Mi pareva che tu fossi d’accordo che sarebbe meglio ridurre il tempo di permanenza in rampa. :slight_smile:
E’ fuori dubbio che le temperature attuali non sono pericolose, ma anche la nostra auto preferiamo non lasciarla 2 mesi consecutivi parcheggiata all’aperto…

Certamente, ma direi, a mio parere che non esiste un “fattore temperatura” nell’esposizione dello shuttle, piuttosto un fattore meteo in generale che rimane valido sia in estate che in inverno.
Ovviamente più stà fuori e più aumenta la possibilità di eventi eccezionali come quelli verificatisi negli anni di vita dello shuttle, non considero però fra questi “agenti esterni” un fattore di pericolo aggiunto la temperatura, anche se dovesse raggiungere punte minime al di sotto dello 0 nel periodo di permanenza all’esterno della navetta.

Ricorda che acqua e ghiaccio spaccano la roccia…

E il Challenger, quella mattina, non era nelle condizioni migliori per partire…

La foto arriva da qui.

Non posso che essere d’accordo con Monzi.
La terrificante abitudine, tutta americana, di mantenere i veicoli spaziali all’aperto è senz’altro causa di problemi.

Giusto per fare un test, provate a lasciare una comune autovettura (che a mio avviso è molto meno delicata di uno Shuttle) vicino al mare per un mese d’inverno, e provate a vedere quello che succede.

Vi ricordo che tutti i pad del KSC sono molto, ma molto, vicini al mare.

Pensate che il trasporto verticale dei lanciatori, come avviene per gli USA, detti in qualche modo la permanenza in rampa?? Nel caso di trasporto stile russo - orizzontale - si potrebbero accelerare i tempi ?

Si e no, nel senso che non è il trasporto orizzontale “sic et simpliciter” a determinare tempi più bassi di permanenza in rampa, quanto tutto il processo di gestione delle operazioni prelancio, incluso il progetto peculiare della rampa stessa.

Basti pensare che gli americani hanno un “gantry” mobile, quella grossa infrastruttura incernierata sulla sinistra del pad, per la gestione del payload nella cargo bay dello Shuttle sulla rampa stessa (sic!!).

Esatto, il Challenger… come detto non esistevano prescrizioni prima di quella tragedia e i materiali erano diversi, o meglio il limite minimo dato per il lancio era di -0,5°C ovvero la temperatura di quella mattina, ovviamente sovra-stimato e un avviso da parte di alcuni tecnici ATK di non scendere a meno di 11°C per gli OR appunto valido per il lancio e non per la permanenza esterna.
Appena prima del lancio una camera termica fu puntata verso l’OR del SRB che in aggiunta (o fu il fattore determinante?), veniva investito da uno sfiato di gas criogenico dell’ET, e rilevò una temperatura di -13°C, ovviamente una temperatura di questo tipo non era raggiungibile con il solo freddo ambientale ma proprio per lo sfiato.
Allora la temperatura rilevata fu causata dal clima o dallo sfiato? Certamente da entrambi perchè fosse stato più caldo l’ambiente, sicuramente la temperatura sarebbe stata maggiore, ma ricadiamo sempre nei danni causati all’atto del tanking dal propellente criogenico, non dalla permanenza all’esterno con lo shuttle alimentato (e con le parti soggette a possibile deterioramento da freddo riscaldate).

L’immagine che hai pubblicato rende bene l’idea delle condizioni in cui si trovava il Challenger.
Ed è esattamente quello che ho scritto prima, non dico che la temperatura non sia un fattore da considerare, ma che è un fattore da considerare al lancio, infatti l’incidente è avvenuto con un lancio in condizioni estreme non per una permanenza in condizioni estreme, se ipoteticamente lo shuttle fosse stato portato in rampa il giorno prima, il risultato probabilmente sarebbe stato esattamente lo stesso per i motivi illustrati sopra… allora è problema di permanenza in rampa per lunghi periodi o di calcoli errati sulle condizioni di utilizzo?

Non sto discutendo che il tempo di permanenza all’esterno avrebbe dovuto essere il minore possibile, ma questo per una serie di possibili fattori meteo eccezionali presenti sia in estate che in inverno e non per un fattore strettamente di temperatura. Con temperature invernali nella norma, non penso ci sia motivo di farsi prendere dal panico per lo più se non è previsto un lancio a breve… In quanti inverni dopo il 1986 si sono registrate temperature come quella mattina? Oggi con 18° di minima era veramente il caso di effettuare un rollback, per la “fobia” che ci possano essere temperature anche solo avvicinabili a quei valori con una situazione di controlli radicalmente diversa da allora?
Un’ultima precisazione, molti sistemi “a rischio” sono alimentati e riscaldati attivamente quindi non è proprio giusto considerare la temperatura esterna uguale a quella presente in queste parti, ma il valore importante è quello specifico della parte interessata e riscaldata.

Piuttosto che un’auto d’inverno esposta alle intemperie si può pensare anche agli aerei che spesso non sono hangarati la notte anche a latitudini ben più alte delle nostre e volano regolarmente… bisogna solo essere ben consapevoli dei punti critici di un sistema e tenere controllati questi.
http://www.airliners.net/open.file?id=0213274&WxsIERv=Obrvat%20707-330P&Wm=0&WdsYXMg=Trezna%20Pnetb&QtODMg=Fgbpxubyz%20-%20Neynaqn%20(NEA%20%2F%20RFFN)&ERDLTkt=Fjrqra&ktODMp=Qrprzore%2030%2C%201982&BP=1&WNEb25u=Wbuna%20Ywhatqnuy&xsIERvdWdsY=Q-NOHR&MgTUQtODMgKE=Cnegyl%20vpr-pbirerq%2C%20nsgre%20fgnlvat%20bireavtug%20va%20Fjrqvfu%2C%20serrmvat%2C%20jvagre-avtug.&YXMgTUQtODMgKERD=1924&NEb25uZWxs=2002-01-12%2000%3A00%3A00&ODJ9dvCE=&O89Dcjdg=18932%2F477&static=yes&width=1024&height=747&sok=JURER%20%20(ZNGPU%20(nvepensg%2Cnveyvar%2Ccynpr%2Ccubgb_qngr%2Cpbhagel%2Cerznex%2Ccubgbtencure%2Crznvy%2Clrne%2Cert%2Cnvepensg_trarevp%2Cpa%2Cpbqr)%20NTNVAFG%20(‘%2B"vpr"%20%2B"avtug"’%20VA%20OBBYRNA%20ZBQR))%20%20BEQRE%20OL%20cubgb_vq%20QRFP&photo_nr=12&prev_id=0299188&next_id=NEXTID
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Prima del Challenger uno di questi punti critici era appunto un OR difettoso, che sarebbe stato difettoso anche se il lancio fosse avvenuto con una permanenza esterna di 24h e che avrebbe avuto la stessa temperatura anche con una permanenza all’esterno ridotta al minimo immaginabile…

Mi infilo in questa interessantissima discussione perchè qui si parla del mio veicolo spaziale preferito… :stuck_out_tongue_winking_eye:
E’ ovvio che maggiore è la permanenza all’esterno e maggiori sono le probabilità che il meteo possa peggiorare al punto di danneggiare il veicolo (prendiamo ad esempio la grandine o i fulmini) ma in questo vedere “le cause” principali delle due tragedie Challenger e Columbia mi pare un pò troppo. Mi spiego meglio: nel caso del Challenger è sicuramente stata anche la temperatura a modificare le caratteristiche di tenuta dell’anello di gomma O’ring… ma è altrettanto chiaro che la NASA non ha prestato particolare attenzione alle raccomandazioni della ATK. In fondo lo [-(shuttle aveva avuto precedenti anelli di giunzione degli SRB erosi durante le missioni precedenti (11-12-15-16-17-18-22-23-27) e questo era avvenuto anche in condizioni meteo non di freddo intenso. Quello che voglio dire è che il problema agli O’ring è stato di natura progettuale (infatti dopo le modifiche non si sono più avuti probelmi in quel senso anche a temperature basse) ed il freddo è stata la classica “goccia” che fa traboccare il vaso salvo poi mettersi in mezzo anche la sfortuna (come ha ben ricordato Monzi) sul fatto che la breccia sia avvenuta in corrispondenza del’ET… :frowning:
Per quanto rigurarda poi il Columbia il problema con il foam che si distaccava era un vecchissimo problema mai affrontato in modo serio e soltanto quando ad essere colpita è stata una RCC anzichè una normale tiles ci se ne è resi conto. Se in quel caso alla NASA si fossero fatti più prudenti avrebbero richiesto un’ispezione con il Canadarm (lo hanno fatto anche prima di adottare l’OBSS) e magari un controllo con le telecamere militari per accertarsi che non ci fossero danni. In tal caso avrebbero pututo vedere il danno ed avrebbero fatto “qualcosa” per salvare l’equipaggio… In fondo quello successo ad Apollo 13 era molto più critico di questo. In quel caso i tre astronauti si trovavano a centinaia di migliaia di chilometri dalla Terra in rotta verso la Luna… :scream: mentre qui il Columbia orbitava a poce centinaia di chilometri. Ma torniamo al problema foam… ricordo che i cicli di tanking a cui un ET può essere sottoposto in modo sicuro sono (per il produttore) 13. Petanto non è tanto questo il motivo per il quale il foam può subire gravi stress e fessurarsi. Certo, se il serbatoio sta all’aperto e si prende un bello scroscio di pioggia questo potrebbe creare problemi… ma soltanto se il tanking (e quindi il raffreddamento a causa dell’imbarco del LOX e del LH) venisse fatto prima che il foam si asciugasse. Pertanto il problema del foam è un problema di progettazione ed il fatto che l’STS possa rimanere all’esterno 1 giorno o 2 mesi è inifluente. Altro discorso naturalmente sui danni che possono essere subiti a causa della lunga esposizione all’azione salmastra (ma quel problema lo hanno anche a Kourou) ma è ovvio che i costruttori lo sapessero che lo shuttle sarebbe SEMPRE stato lanciato da basi di lancio sul mare (KSC o Vendemberg) e quindi avrebbero dovuto adottare contromisure adeguate… 8-[
Rimango d’accordo con Archipeppe sul fatto che il sistema di preparazione orizzontale sia intinsecamente migliore di quello verticale (ed è stato fatto anche per un veicolo simile allo shuttle, il Buran) ma ciò non toglie che i due disastri avvenuti al sistema STS non siano da imputare direttamente al sistema di preparazione scelto ma vada colto in errori (scelte) fatti al momento della progettazione e poi nella “disinvolta” gestione di alcuni aspetti della sicurezza da parte dei responsabili NASA che, io credo vedendo quello che avvieno oggi, è profondamente cambiata proprio grazie alle raccomdazioni delle Commissioni di Inchiesta di entrambe le tragedie.
Per concludere questo logorroico intervento (ma quando si parla di shuttle…) credo che abbiate ragione entrambi… Nel senso che possiamo incolpare per quello che è successo in passato soltanto la decisione di scendere a troppi compromessi con una macchina spaziale rivoluzionaria come lo shuttle senza rendersi conto che questo avrebbe poi portato a conseguenze disastrose ed a una mancanza di raggiungimento delle aspettative… Un sistema STS con decollo e rientro orizzontale e due veicoli guidati alati avrebbe senza dubbio risolto molti problemi e magari risparmiato la vita a quei 14 astroanuti… Purtroppo la storia non si fa con i se e con i ma e dobbiamo quindi rassegnarci a convivere con questo sistema STS imperfetto ma comunque sempre più sicuro di quello del 1986 o del 2002… Concludo dicendo che se il problema ai connettori è soltanto per quelli esterni hanno fatto bene a lasciare in rampa la navetta in modo da poter eseguire un lancio al più presto. Se invece il problema sarà in quelli interni dovrà essere fatto un rollback e questo mi dispiacerà perchè porterà inevitabilmante a più lunghi ritardi nei lanci successivi. Ma in ogni caso la SICUREZZA è quella che conta e lanciare senza aver capito bene questo problema sarebbe stato proprio una di quelle cose che la Commissione sul Columbia ha stigmatizzato della NASA…

BINGO (quasi), concorde al 98% con Maxi! :wink:

Non condivido solo questa affermazione… ma è già un gran risultato :stuck_out_tongue_winking_eye:

è ovvio che i costruttori lo sapessero che lo shuttle sarebbe SEMPRE stato lanciato da basi di lancio sul mare (KSC o Vendemberg) e quindi avrebbero dovuto adottare contromisure adeguate

Infatti penso proprio sia stato tenuto conto di questo fattore
durante la progettazione del veicolo :stuck_out_tongue_winking_eye:

Bravo Maxi per aver sintetizzato la discussione.

E alla fine, comunque, hai confermato che la permanenza in rampa può essere stata la goccia che ha fatto traboccare il proverbiale vaso… :bi: :stuck_out_tongue_winking_eye:

Non per essere il solito puntiglioso…
Mi pare però che Maxi abbia detto che la goccia che ha fatto traboccare il vaso è la temperatura non il periodo di permanenza all’esterno e su questo sono daccordo con lui al 110%. Perchè rimango convinto che lo shuttle fosse stato portato in rampa anche il giorno precedente al lancio, tutti i problemi che si sono verificati si sarebbero verificati ugualmente, quindi la permanenza all’esterno a mio parere non ha giocato nessunissimo ruolo nell’incidente.

discussione davvero interessante, purtroppo non sono particolarmente ferrato nella materia però penso una cosa in riferimento alla permanenza in rampa e cioè che non è vero che una permanenza in rampa di un mese o di 6 mesi siano la stessa cosa…prima di tutto perchè il meteo (specie in Florida) è decisamente variabile per cui non sai mai bene cosa aspettarti da una settimana all’altra…in secondo luogo non dimentichiamo che la fatica è anche dovuta alla temperatura…l’esposizione in un ambiente in cui la temperatura può variare di molto o per lo meno molto spesso porta inevitabilmente a dei danni, di che entità ora non saprei dire ma sicuramente li porta. magari potrebbe portare un componente ad infragilirsi ad un punto tale per cui sottoposto ad una sollecitazione a cui normalmente regge, si rompe perchè non più in grado di resistere.

Maxi diceva che se un ET si bagna e vi sono infiltrazioni, una volta che questo si è asciugato è come “nuovo”…bhè non direi mica tanto, anche se si fosse asciugato completametne comunque all’interno del materiale ci sono stati dei cambiamenti e questo può portare ad esempio alla presenza di cricche e microcricche che poi con un tanking si possono ulteriormente allargare portando alla tragedia (nel peggiore dei casi ovviamente)…

GLi aeroplani sono progettati in modo da sopportare sbalzi termici notevoli così come la permanenza in siti sia molto caldi che molto freddi, però c’è anche da dire che di aeroplani se ne progettano da 100 anni per cui ci si è fatti le ossa, con lo shuttle forse non più di tanto.

più è breve la permanenza in rampa e meglio è non ci sono dubbi, perchè in caso di incidente non è detto che la colpa sia di chi ha progettato il componente o di chi ha stilato le procedure o del modo in cui è stata amministrata la missione. Tutt’ora in campo aeronautico la fatica è un fenomeno lungi dall’essere compreso al 100% ed è per questo che si adottato coeff di sicurezza alti, figuriamoci per uno shuttle che è decisamdente più complesso.

Non so se questo è riferito a quello che ho scritto, ma vorrei chiarire che non ho mai detto che il tempo d’esposizione è ininfluente. Come ho detto questo influisce sicuramente sulla possibilità di incorrere in eventi “eccezionali” e/o pesanti come tempeste, grandinate, fulmini, scrosci e così via, perchè più si sta fuori e più aumentano le possibilità.
Il discorso che ho fatto è l’indipendenza a mio parere del tempo di permanenza in rampa con gli incidenti avvenuti, in cui nessuna delle cause è stata provocata dal periodo fuori…
E sottolineo ancora che danni di questo tipo, con i controlli in atto, non porterebbero a pericoli per l’equipaggio ma solamente ritardi e costi aggiuntivi perchè tutti rilevabili dopo il fenomeno atmosferico.

in secondo luogo non dimentichiamo che la fatica è anche dovuta alla temperatura... l'esposizione in un ambiente in cui la temperatura può variare di molto o per lo meno molto spesso porta inevitabilmente a dei danni, di che entità ora non saprei dire ma sicuramente li porta.

Su questo non ne sono convinto, innanzitutto perchè le temperature in Florida variano molto poco fra massime e minime per la presenza dell’oceano con relativa inerzia termica, in secondo luogo non penso che siano i cicli giorno/notte ad essere “dimensionanti” visti i cicli criogenici a cui i componenti saranno soggetti. E per un periodo di vita di migliaia di cicli di questo tipo nella vita operativa (orbiter e SRB) una decina o un centianio di esposizioni più o meno penso faccia poca differenza, mentre per componenti “usa e getta” l’integrità non penso sia messa a rischio da poche decine di cicli con escursioni minime…

Grazie per il tuo preciso e prezioso intervento Maxi.

Come dicono gli americani (ma poi talvolta non applicano fino in fondo questa massima) “Safety first”, la sicurezza innanzitutto…