I voli spaziali, aspetti energetico-fisiologici

Prof. Dr. A. Cogoli, Gruppo Biologia Spaziale, Politecnico di Zurigo
E-mail: cogoli@spacebiol.ethz.ch
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Quasi 40 anni di voli spaziali abitati hanno dimostrato che l’uomo può sopravvivere e lavorare per lungo tempo (almeno 18 mesi) nello spazio. Tuttavia, alcune caratteristiche del volo spaziale influenzano notevolmente il metabolismo e quindi il bilancio energetico dell’organismo. Queste sono: l’assenza di gravità, lo stress psicofisico e l’ambiente ermeticamente chiuso. Le funzioni fisiologiche più colpite sono i sistemi cardiovascolare, respiratorio, muscolare, osseo, immunitario ed il bilancio ormonale.

Mentre gli effetti sull’organismo umano nel suo complesso erano più o meno prevedibili, grande fu la sorpresa quando ci si accorse che anche il metabolismo di cellule singole in coltura risulta notevolmente alterato in microgravità. Questa scoperta ha importanti riflessi sulla ricerca di base in biologia, sulla biotecnologia e sullo studio di alcune funzioni fisiologiche dell’uomo nello spazio.
A. L’ORGANISMO UMANO

Il lancio dello Shuttle STS-751. Sistema cardiovascolare
All’inizio del volo orbitale si ha lo spostamento di 0.6-2 litri di liquidi (sangue e fluidi interstiziali) verso la testa in seguito alla scomparsa della pressione idrostatica (generata dalla gravità) negli arti inferiori. Questo effetto è simile a quello osservato in soggetti immobilizzati in posizione supina. L’organismo cerca di compensare questo eccesso di liquido nella parte superiore del corpo aumentando il volume di urina. Le conseguenze sono aumento della concentrazione del sangue, cioè aumento della sua densità e viscosità e accumulo di liquido nella parti superiori del corpo. Un aumento della concentrazione del sangue ha inevitabili ripercussioni sul metabolismo delle cellule del sistema immunitario e dei globuli rossi. Infatti, uno tra i primi effetti del volo spaziale ad essere stato riconosciuto è la diminuzione di globuli rossi nel sangue degli astronauti, cioè la comparsa di una leggera forma di anemia. Una spiegazione semplicistica e tutta da confermare è che l’aumento della concentrazione di eritrociti risultante dalla perdita di acqua inibisca l’eritropoiesi mediante un meccanismo di feed back.

  1. Sistema respiratorio
    

In posizione eretta a 1 g, il peso dell’intestino trascina verso il basso il diaframma facendo espandere i polmoni e così aumentando la loro „capacità funzionale residua" rispetto alla posizione supina. Inoltre, sempre per effetto della gravità, la respirazione in posizione supina è basata soprattutto all’espansione del diaframma, mentre in posizione eretta il meccanismo più importante è l’espansione della cassa toracica. Ne deriva che a 0 g questi meccanismi respiratori subiscono importanti variazioni.

  1. Sistema muscolare
    I nostri muscoli, come si sa, hanno il compito di trasformare l’energia biochimica proveniente dalla nutrizione in energia meccanica necessaria ai nostri movimenti e, in generale, all’attività fisica. Questo avviene in gran parte bruciando i glucidi utilizzando l’ossigeno proveniente dalla respirazione.
    Si sa anche che l’esercizio fisico favorisce lo sviluppo della massa muscolare mentre il riposo prolungato ne causa la diminuzione. L’assenza di peso e l’ambiente angusto delle navi spaziali provocano una diminuzione dell’esercizio fisico e perciò anche della massa muscolare con considerevole conseguenze per il bilancio energetico dell’astronauta.

Caduta libera dello Shuttle, sopra Rogers Dry Lake Bed4. Sistema osseo
L’assenza di peso, analogamente all’immobilizzazione a letto, ha una profonda influenza sul metabolismo del calcio osseo. Il tessuto osseo è da una parte costantemente sotto controllo ormonale (paratormone, calcitonina), dell’altra richiede, per mantenere la sua integrità, una continua sollecitazione meccanica la più importante delle quali è il peso corporeo. Negli astronauti tale sollecitazione è in gran parte o totalmente assente con conseguente sbilancio del metabolismo osseo e con l’apparizione di sintomi analoghi all’osteoporosi.

  1. Sistema vestibolare
    

Di per sè il sistema che governa il nostro equilibrio posturale, situato nell’orecchio interno, partecipa solo indirettamente al bilancio energetico dell’astronauta. Il conflitto tra l’informazione visiva che funziona normalmente in microgravità e quella vestibolare (assente in microgravità) genera la cosiddetta „sindrome motoria spaziale" consistente in malessere e vomito (simile al mal di mare). Infatti, mentre l’occhio continua a distinguere all’interno della navetta spaziale tra alto e basso, il sistema vestibolare, basato sulla pressione esercitata dal peso di cristalli di carbonato di calcio (gli otoliti), cessa di funzionare. Ne nasce una situazione di stress con produzione dei corrispondenti ormoni (catecolamine, corticosteroidi) che influenzano negativamente il metabolismo delle cellule del sistema nervoso.

  1. Bilancio ormonale
    

Da quanto detto sopra appare evidente che il bilancio ormonale viene considerevolmente influenzato dall’assenza di gravità. A queste si aggiungono le conseguenze dello stress fisico-psichico tipiche del volo spaziale quale l’ansietà (paura), immensa mole di lavoro, tensioni sociali in un ambiente chiuso e limitato.

Fortunatamente, uno dei sistemi più importanti per il bilancio energetico dell’uomo nello spazio, cioè il sistema digestivo, non risulta essere influenzato dall’assenza di peso.
In conclusione, pressoché tutti i sistemi considerati sopra sono in qualche modo collegati tra loro ed esercitano influenze reciproche. Inoltre, è noto che ad ogni variazione delle condizioni ambientali si ha una reazione corrispondente che influenza il bilancio energetico dell’organismo. Gli effetti del volo spaziale sopra descritti sono, presi singolarmente, piuttosto negativi. A prima vista appare sorprendente che nonostante tutto gli astronauti possano lavorare efficientemente per lunghi periodi di tempo nello spazio. Tuttavia l’uomo durante la sua evoluzione è stato costantemente esposto a cambiamenti delle condizioni ambientali imparando ad adattarvisi. Ciò è dovuto principalmente a meccanismi redundanti che permettono di superare anche situazioni di per sé critiche.
B. CELLULE SINGOLE

Missione STS-88 (4-15 dicembre 1998). L’astronauta Jerry L.Ross ripreso durante una delle sue tre passeggiate nello spazioMolti tipi di cellule, appartenenti a tutti i gradini dell’evoluzione (dai batteri alle cellule umane), sono stati studiati a bordo di laboratori spaziali. Molte cellule hanno subito inaspettati cambiamenti del metabolismo altre no. Basti citare il Physarum polycephalum una muffa che cresce sulle foglie cadute a terra nel bosco e che può raggiungere alcuni cm2 di superficie e che è caratterizzata da un sistema vascolare molto simile alle nostre vene. Nelle „vene" del Physarum si muove avanti/indietro, con un ritmo a frequenza costante, un liquido che ha il compito di afferire nutrimento e di eliminare i prodotti di rifiuto. Ebbene, la frequenza di tale movimento aumenta notevolmente a 0 g! Altri esperimenti con il protozoo Paramecium aurelia hanno dimostrato che la velocità di proliferazione di questo organismo unicellulare ciliato viene raddoppiata nello spazio. Paramecium cresce nelle acque stagnanti e tende a nuotare verso l’alto per poi ricadere sul fondo. Un’ipotesi forse troppo semplicistica è che la quantità di energia è necessaria a 1 g per risalire può essere utilizzata a 0 g per aumentare la velocità di proliferazione cellulare.

Le cellule più studiate nello spazio sono state i linfociti umani, seguiti da cellule ossee e protozoi. Si prospetta anche la possibilità di studiare determinate funzioni fisiologiche, come i sistemi immunitario, osseo e nervoso, mediante colture in vitro invece che direttamente sull’astronauta in vivo. In un esperimento a bordo di Spacelab 1 nel 1983 si fece la sorprendente scoperta che i T linfociti (quelli responsabili della risposta immunitaria „cellulare" come la citossicità contro le cellule infette da virus) non si lasciano attivare in vitro da agenti mitogeni a 0 g. Allo stesso tempo, il fabbisogno energetico della cellula, misurabile come consumo di glucosio e glutammina, resta pressoché invariato.

Era noto da tempo che è possibile isolare dal sangue i linfociti allo stato di „riposo" (in fase G0) e di attivarli con sostanze di varia natura simulando così in provetta la reazione immunitaria che avviene in vivo. L’attivazione dei linfociti è un processo biologico estremamente complesso nel quale l’energia biochimica viene usata per svariate funzioni come: aumento del volume cellulare, secrezione di citochine (cioè sostanze bioattive come interferone ed interleuchine), espressione genetica di recettori, di proteine di adesione cellulare ed, infine, dopo 3 giorni, mitosi con generazione di cellule figlie sia di tipo „effector" come pure di „memoria immunitaria".

I meccanismi che presiedono a tali funzioni sono in buona parte ancora sconosciuti ed oggetto di ricerca nei maggiori laboratori del mondo. Oggi possiamo servirci della microgravità per studiare il problema da una nuova „prospettiva". Infatti, la scoperta della perdita di attività a 0 g ha indotto molti investigatori a dedicarsi a questo fenomeno. Due dei quesiti a cui si cerca di rispondere è: come viene spesa l’energia a 0 g altrimenti spesa nell’attivazione? quali sono le implicazioni per il sistema immunitario dell’astronauta?

Si sono fatte anche delle speculazioni su possibili applicazioni commerciali in biotecnologia: sarà possibile controllare il metabolismo della cellula fino ad indurla a produrre maggiori quantità di sostanze farmaceuticamente utili e altrimenti non ottenibili sulla terra? Per esempio, alcuni tentativi sono stati condotti negli anni ottanta a bordo dello space shuttle con cellule che producono tissue plasminogen activator, una sostanza che previene la formazione dei trombi che potrebbero formarsi dopo fratture ossee ed operazioni chirurgiche. Oggi i progressi dell’ingegneria genetica hanno in parte smorzato le speranze di mettere a punto processi biotecnologici nello spazio, ma troppo poco si è fatto finora per trarre delle conclusioni, positive o negative che siano. Questo è dovuto soprattutto alla mancanza di opportunità di volo e di apparecchiature idonee ad una ricerca sofisticata come quella condotta nei laboratori terrestri.

Con la messa in orbita della stazione spaziale internazionale nei prossimi 10 anni si spera di dare delle risposte definitive ai molti quesiti ancora aperti.

Infodocenti no. 23 - Marzo 1999

Avete altri articoli più recenti a cui posso attingere?
Grazie a tutti.

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Bell’articolo!
Su questo argomento, personalmente non ho molto a disposizione, per non dire nulla.
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