Il culto del cargo!

Il culto del cargo (in inglese,Cargo cult) è una tipologia di movimento religioso apparsa in alcune società tribali venute in contatto con culture tecnologicamente più avanzate. Il culto è basato sulla richiesta di beni e merci (appunto i “cargo”) delle culture avanzate attraverso rituali magici o pratiche religiose. I credenti del culto credono che la consegna dei beni sia disposta per loro da parte di un ente divino. Il culto del cargo si è sviluppato principalmente in alcuni angoli remoti della Nuova Guinea e in altre società tribali della Melanesia e della Micronesia.

Il culto del cargo ha avuto la sua maggiore diffusione in seguito alla Seconda guerra mondiale, quando le tribù indigene dei luoghi interessati ebbero modo di osservare le navi giapponesi e americane che trasportavano grandi quantità di merci. Alla fine della guerra le basi militari dell’Oceano Pacifico furono chiuse, e di conseguenza cessò il rifornimento di merci. Per attrarre nuovamente le navi e invocare nuove consegne di merci, i credenti del culto del cargo istituirono rituali e pratiche religiose, come la riproduzione grossolana di piste di atterraggio, aeroplani e radio e l’imitazione del comportamento osservato presso il personale militare che aveva operato sul luogo.

Durante gli ultimi sessantacinque anni il culto del cargo è diminuito fino a scomparire quasi del tutto.

Il periodo classico di attività del culto del cargo, ad ogni modo, è stato negli anni durante e dopo la Seconda guerra mondiale. La vasta quantità di materiale di guerra che fu paracadutata sopra quelle isole durante la campagna del Pacifico avvenuta contro l’Impero del Giappone significò infatti un drastico cambiamento dello stile di vita degli isolani. Prodotti industriali come vestiti, cibo in scatola, tende, armi ed altri beni di utilità arrivarono in grandi quantità per rifornire i soldati e anche gli isolani che erano le loro guide ed ospiti. Alla fine della guerra le basi aeree furono abbandonate, e i cargo non furono più paracadutati.

Per far sì che i carichi di beni tornassero ad essere paracadutati o anche portati per via aerea o per mare, gli isolani talvolta iniziarono ad imitare i comportamenti che avevano visto assumere dai militari occidentali. Fabbricarono quindi cuffie audio di legno indossandole seduti dentro a finte torri di controllo da loro costruite; iniziarono a mimare i segnali di atterraggio aerei in mezzo alle piste e ad accendere segnali di fuoco e torce per illuminare le piste di atterraggio e i fari di posizione. I cultisti pensavano che gli stranieri avessero una speciale connessione diretta con i loro antenati, che secondo loro erano gli unici esseri ad avere il potere sufficiente a produrre le ricchezze dei cargo.

In una sorta di magia simpatetica e imitativa, molti di loro costruirono, con i mezzi a loro disposizione, riproduzioni a grandezza naturale di aeroplani e nuove piste di atterraggio simili a quelle occidentali, nella speranza che questo avrebbe attirato molti più aeroplani pieni di “cargo”. Ovviamente, queste pratiche non portarono al ritorno degli aeroplani semidivini, pieni di tutti quei meravigliosi carichi che venivano paracadutati durante il conflitto, ma finirono comunque per sradicare ogni altra pratica religiosa locale esistente prima della guerra.

http://www.lidimatematici.it/blog/2010/12/13/cargo-cult-quando-la-scienza-latita-ecco-il-soprannaturale/

http://siedlerliveon.wordpress.com/2011/06/30/il-cargo-cult-ovvero-la-religione-che-e-devota-degli-aeroplani/

http://it.wikipedia.org/wiki/Jon_Frum

“Negli USA, nella programmazione dei computer, ci si referisce al Cargo Cult programming come pratica di inserire pezzi di codice ereditati da vecchie versioni, la cui utilità non è neanche nota e che si adottano come atto di fede per risolvere anomalie software troppo complesse da analizzare.”

Ahahahahah! La mia vita quotidiana!

Non ne avevo mai sentito parlare. La cosa che mis tupisce è che nessuno abbia mai cercato di spiegare che non fossero interventi divini. Mi riprometto di leggere tutti i documenti con maggiore profondità.
Che voi sappaiate, esisteva una specie di “prima direttiva” quando il mondo cosiddetto civilizzato entrava in contatto con popolazioni rimaste isolate per molto tempo?

No.
In molti casi era già molto che non gli sparassero.

Lo si vedeva come ultimo episodio in mondo cane (1962)

il che forse non sarebbe stato necessariamente un male.

nel senso, poveracci delle popolazioni “isolate?”

nel senso che forse isolati sarebbero stati meglio…mi sa che ho interpretato male quello che dice Carmelo! insomma, sto dalla parte degli indigeni e inetendevo che forse non sarebbe stato un male se avessero, gli indigeni, impallinato i civilizzatori.

Ma è tutto vero? Mi sembra incredibile…

Verissimo. Ne parla Folco Quilici in un libro sui “Mari del Sud”. Le popolazioni di quelle aree godettero di una relativa tranquillità rispetto a quelle degli altri continenti perché le isole non erano fonte di minerali preziosi, sebbene la gomma fosse un prodotto di quei luoghi. Per altro le popolazioni locali erano comunque già state raggiunte dai missionari che se li contendevano. Sostanzialmente, a parte alcune popolazioni del Borneo, erano popoli relativamente pacifici, ma non erano così isolati come si pensa. E’ ormai un dato assodato che con le loro piroghe i polinesiani compivano lunghi viaggi per andare a commerciare con gli abitanti degli arcipelaghi, non atolli, vicini. L’esempio più lampante era la vicenda della morte del comandante Cook, noto esploratore, ucciso alle Hawaii. Il famoso comandante Bligh, del Bounty, che era stato testimone dell’evento, quando tornò nel Pacifico per la sua ben nota spedizione, scoprì che gli abitanti di arcipelaghi molto distanti dalle Hawaii erano a conoscenza della morte di Cook.

La cosa soprendente è come la Gran Bretagna non sia entrata in guerra con il re della Hawaii… :slight_smile:

I polinesiani sono da considerarsi, almeno quelli fino agli anni '50 del secolo scorso, dei “perfetti marinai”, ma vi evito la spiegazione o la faccio troppo lunga. Quando videro arrivare la grandi navi occidentali, ne provarono subito una sorta di venerazione perchè erano capaci di costruire imbarcazioni più grandi delle loro. Inizialmente il loro atteggiamento fu quello di considerare i nuovi arrivati come divinità proprio per via delle navi che avevano. La venerazione cessò quando Cook si fece una piccola ferita. Per gli indigeni una divinità non può ferirsi, quindi fu ucciso perché si sentirono traditi. In seguito i polinesiani continuarono a festeggiare i marinai europei solo perché da una parte li temevano e dall’altra perchè elargivano “doni” preziosi. Per altro era già una loro tradizione dare ospitalità a coloro che provenivano da atolli o arcipelaghi lontani perchè si rendevano conto della fatica del lungo viaggio. I velieri prima ed i piroscafi poi, impressionavano i polinesiani per la loro grande capacità di carico, con le loro stive piene di merci e le navi stesse piene di ogni cosa. Dal momento che quando uno straniero arrivava con la sua piroga su un isola, la sua barca era piena di merce da barattare, quando i polinesiani salivano a bordo di una nave pensavano che tutto quello che c’era fosse merce da barattare. Non capivano la differenza tra le merci e le attrezzature della nave. Per questo ogni volta che un bastimento raggiungeva una loro isola, per loro era festa grande. Con la Seconda Guerra Mondiale il Culto del Cargo raggiunge livelli enormi, ma era già presente prima. Finita la guerra, dopo un periodo di relativa pace, si sono occidentalizzati forse troppo alla svelta. La oro indole e cultura ha impedito però che l’occidentalizzazione sfociasse in conflitti come in altre parti del mondo, forse solo perchè le loro isole non sono economicamente così strategiche come altre parti del mondo.

Qualcuno vede in noi i polinesiani e negli UFO gli europei, ma la similitudine mi pare molto forzata. Almeno allora gli europei barattavano con gli indigeni, mentre da noi gli UFO non barattano una cippa.

Impallinato?
Ma quelli ne erano talmente tanto innamorati,dei “civilizzatori”,che per quarant’anni hanno addirittura impiantato dei veri e propi culti religiosi nella speranza di farli tornare!
Semmai è stato un caso alla “sedotti e abbandonati”.

l’umanità non finirà mai di stupirmi; il post di Ares Cosmos è interessantissimo, ma è agghiacciante la fine di Cook!

se vi interessa un articolo con qualche info in più su come sia nato il culto e su coloro che ancora lo praticano .
http://www.vice.com/it/read/culti-isole-pacifico

…il principe Filippo??? (chissà se vedessero Carlo col kilt…)
sono rimasta senza parole.

tra l’altro dubito che neglii anni '30 0 '40 un ufficiale nero potesse comandare soldati bianchi (vedasi il problema per le red tails ) quindi un john frumm se lo sono inventati di sana pianta …

anche il Papa è venerato come ''apostolo ‘’ di john frumm probabilmente a causa di un tentativo di conversione finito male (andatevi a leggere sul perchè decoriamo un albero a Natale e capirete ).

comunque il culto del cargo non è solo una esclusiva della Polinesia. Colombo fu scambiato per divinità all’inizio : questo gli permise di far ritorno e cambiare la storia umana , anche i conquistadores si fecero passare per divinità, conquistando un continente con pochissimi uomini .

in tema fantascientifico c’era un serie scritta da Gene Ronderberry (Star trek) in cui si immaginavano, nel mondo attuale, le nostre reazioni ad un primo contatto pacifico con gli alieni , sarebbe stato interessante ,ma dopo la morte dell’autore , sviarono presto nel classico tema alieni-cattivi e militari usa -salvatori dell’umanità. Lo cito perchè nel serial alcuni, effettivamente, veneravano gli alieni . il titolo non lo ricordi più

Non so perchè,ma non riesco a liberarmi dalla agghiacciante visione di noi Italiani che costruiamo simulacri di fabbriche,aziende ed università e ci andiamo dentro mimando di svolgere i nostri compiti…nella speranza di attrarre un benessere ormai svanito.

heh, carmelo, heh. Ci sono istituzioni che ormai servono più di facciat…osta che di sostanza, ma più che attrarre il benessere sono dei veri buchi neri della finanza…

Però mi ricollego al titolo andando un poco fuori post. I polinesiani hanno colonizzato un ambiente vastissimo. Se ci pensate raggiungere le Hawaii o l’Isola di Pasqua non è un’impresa da nulla: sono sperdute in mezzo al Pacifico. Ma anche andare da un arcipelago all’altro resta una bella impresa, ma loro lo hanno fatto. Se pensiamo ai mezzi rudimentali che avevano a disposizione, più che venerare Colombo come grande esploratore, dovremmo venerare loro. E lo hanno fatto con mezzi semplicissimi e con molto spirito d’osservazione.
Ovvero?
Sapevano “leggere” le onde del mare. Riconoscevano i vari tipi di onda, cioè se l’onda era prodotta dal vento, dalle correnti o era riflessa dall’urto con una costa e dal tipo di costa.
Sapevano navigare di notte usando le stelle.
Sapevano costrutire delle quasi inaffondabili piroghe ricavandole scavando i tronchi degli alberi, che poi univano assieme realizzando degli affidabili catamarani (ci sono stampe di qualche secolo fa che mostrano delle splendide imbarcazioni).
Sapevano costruire delle “mappe” usando bastoncini e conchiglie.
Sapevano leggere le nuvole all’orizzonte, distinguendo le nuvole di pioggiia da quelle che si formano sopra le isole.
Sapevano sfruttare la forza del vento e delle correnti.
Sapevano qual’era la stagione giusta per mettersi in mare.
Sapevano pescare.
Sapevano usare i loro maialini (una specie nana molto diffusa [dall’uomo] nel Pacifico) come indicatori di terra nelle vicinanze. Li mettevano in acqua, quindi il maialino si dirigeva verso la terra che individuava grazie al suo fiuto sensibile. Trovata la direzione, il maialino veniva recuperato (perchè era un buon bocconcino anche per gli squali).
Sapevano sfruttare la noce di cocco in ogni modo, che è originaria del Pacifico.
Sapevano un mucchio di cose che se le mettessimo assieme oggi ci dovremmo fare un intero corso di laurea con laboratorio per le applicazioni pratiche. Altre conoscenze sono andate perdute.
Vi sembra poco? A me pare la superiorità della mente umana rispetto a quella di qualsiasi altra specie vivente, che unita al suo saper fare ed a una buona dose di coraggio, può raggiungere mete apparentemente impossibili per dei pantofolai come noi.
Mi piace vedere in noi primi e timidi esploratori del sistema solare, i Marinai polinesiani (scrivo Marinai con la M maiuscola perché se lo meritano alla grande) di allora che con la famiglia, i pochi averi e provviste, puntano le prue delle loro imbarcazioni verso l’ignoto. Sicuramente tantissimi di loro si sono persi nella vastità dell’oceano. Affogati dalle tempeste o dagli imprevisti. Le loro storie, le loro avventure, le loro paure e le loro gioie non le racconterà mai nessuno. Sappiamo solo che lasciarono le loro terre originarie perchè ormai erano sovraffollate.

spero che a noi vada molto meglio rispetto ai pollinesiani

colonizzavano le isole fino allo sfruttamento di tutte e risorse , poi quando fame e carestie incombevano , cacciavano parte della popolazione ,che colonizzavano e ripetevano il ciclo , fin quando non sono arrivati nel isola di pasqua troppo distante da altre isole per poter colonizzare alcunché.

restarono bloccati lì , consumando tutto finché non rimasero senza più palme per costruire suppellettili capanne ,canoe con cui pescare … arrivarono al cannibalismo .

Non hanno fatto altro che fare quanto già fatto dai nostri antenati, partiti dal cuore dell’Africa moltissimo tempo prima. Con il loro semplice stile di vita hanno esaurito le risorse, come farebbe una qualsiasi altra specie vivente in un luogo privo di predatori a limitarne il numero. sull’isola di Pasqua però ci furono due ondate colonizzatrici, la prima da Ovest, la seconda da Est, che alla fine si fecero la guerra. Nella loro situazione non c’erano vie d’uscita.
Noi l’abbiamo, se la vogliamo, altrimenti la nostra società è destinata a tramontare in favore di un altra società, al momento dai risvolti sconosciuti, ma certamente impiegherà moltissimo tempo per tornare al nostro grado di conoscenza e nel frattempo si sarà lasciata dietro una scia di nefandezze come quelle che ci hanno preceduti. D’altro canto pare che il nostro tempo sia agli sgoccioli. La trascuratezza del nostro tempo è un segnale inquietante della fine imminente. La struttura scricchiola, geme, le cricche si fanno sempre più evidenti, i guasti irreparabili. Eppure si continua a far festa, anzi, se ne fà di più. Sull’isola di Pasqua i moai, le grandi statue di pietra, furono prodotti in grande quantità proprio all’ultimo, quando la crisi era più evidente ed invece di smettere di consumare risorse per produrre manufatti inutili, ne produssero di più, nella speranza che le divinità sarebbero intervenute per ripristinare l’abbondanza primordiale dell’isola. Il punto di rottura di colpì quasi all’improvviso. Certamente c’erano state delle Cassandre che li hanno messi in guardia, ma piuttosto che ascoltare, devono aver pensato che le Cassandre era meglio metterle a tacere perché portavano sfiga. Ed il disastro piombò loro tra capo e collo. Ci sono ancora dei moai semi intagliati nella pietra, abbandonati, muti testimoni di un dramma le cui reali proporzioni non sono note, ma coloro che hanno un minimo di conoscenza storica potrebbero ricostruire, quasi con precisione matematica. Già, perchè paradossalmente l’irrazionale umanità nel suo complesso agisce seguendo regole più vicine al freddo mondo della spirale matematica. Gli antenati degli isolani erano emigrati proprio per evitare il disastro a cui invece andarono in contro i loro eredi.

Un fattore determinante alla crisi ecologica sembra siano stati i ratti introdotti dai polinesiani. Sembra infatti che i Polinesiani portassero ratti sulle loro imbarcazioni come riserva di proteine. Una volta arrivati sull’isola di Pasqua questi ratti iniziarono a mangiare i semi degli alberi (e forse anche le uova degli uccelli). Probabilmente da una parte l’uomo consumava le risorse e dall’altra i ratti impedivano il rinnovarsi delle risorse stesse