Il problema dei detriti spaziali: stato attuale, prospettive e tecnologie

Il diametro del lanciatore di Spadex (Polar Satellite Launch Vehicle) e di 2,8 m. Corrisponderebbe di più riaspetto al secondo stadio dell’Atlas V…

Può essere un pezzo qualunque interno, anzi più probabile che sia sopravvissuto. La cosa importante è il ground track. Per l’Atlas l’ho trovato ed è compatibile, per Spadex lo devo cercare, a occhio ci può stare però.

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Una prima analisi con un po’ di dettagli.
https://planet4589.org/space/misc/kenya/index.html
L’ipotesi 2 corrisponde alla mia di sopra. Cita anche il fatto che il diametro leggermente più piccolo non comporti alcuna incompatibilità.
L’analisi sembrerebbe escludere Spadex.
Sull’Ariane, invece, mi coglie sorpreso, devo indagare.

In effetti nell’articolo dubita che sia un detrito spaziale. È particolare che un pezzo così grande con una geometria del genere sia sostanzialmente intatto fosse anche solo per l’impatto a terra.

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Starlink-5693 rientrato stamattina in modo incontrollato sugli Stati Uniti.
https://x.com/volcaholic1/status/1884566440340050167

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C’è un’accusa della Russia contro gli Stati Uniti consegnata formalmente alle Nazioni Unite (COPUOS) che citano alcuni esempi in cui la Space Force non abbia inserito a catalogo detriti di incidenti statunitensi.

La Space Force al momento è l’unica entità al mondo che rilascia dati pubblici sullo stato dei detriti in orbita. In altre fonti si cita il catalogo russo JSC Vimpel, non di pubblico domino ma soggetto a registrazione. Io sto provando a registrarmi, al momento la mia richiesta è sotto esame.

Lo stesso episodio si è verificato per il secondo stadio del New Glenn al volo inaugurale, chiaro segno di nube attorno allo stadio, giustificato come passivazione da un lato, ma trovati alcuni frammenti solidi dall’altro.

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Qui si scrive di come l’aumento di anidride carbonica in atmorfera causi il raffreddamento, e quindi il restringimento, della termosfera. Si è calcolato quale sarà il numero massimo di satelliti in LEO prima di dell’aumento esponenziale della probabilità di collisione (sindrome di kessler) ed è sarà molto piccolo rispetto agli attuali progetti di megacostellazioni.

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Un messaggio è stato spostato in un nuovo argomento: Lanciare un pallone nella stratosfera

Un frammento di uno Starlink che lo scorso luglio era stato immesso in un’orbita più bassa a causa del malfunzionamento dell’upper stage del Falcon è sopravvissuto al rientro e ha colpito una fattoria in Canada.

Curiosità: è la seconda volta in sei mesi che frammenti di materiale SpaceX cadono nello Saskatchewan! (cfr. messaggio dell’anno scorso in questa discussione)

L’articolo di New Scientist.

:newspaper: Starlink satellite part hit a Canadian farm when it fell from orbit

Last July, SpaceX launched a batch of its internet-providing Starlink satellites on a Falcon 9 rocket, but a malfunction with the rocket’s upper stage left the satellites stranded in a very low orbit and unusable. It was thought the satellites were lost, presumably immolated in Earth’s atmosphere.

Now, New Scientist can reveal that a SpaceX report – which was posted online in February with little fanfare – details how a 2.5-kilogram segment of one of these satellites landed on a farm in Saskatchewan, Canada.

Il rapporto citato nell’articolo, con alcune osservazioni non proprio rassicuranti.

:scroll: Starlink’s Approach to Satellite Demisability [pdf]

On August 20, 2024, a 2.5 kg piece of aluminum was found on the ground in a farm in Saskatchewan, Canada, and determined by SpaceX engineers to have come from a Starlink satellite that reentered following the erroneous Falcon G9-3 deploy. The debris was traced by SpaceX engineers to a specific
satellite and part – a modem enclosure lid of the backhaul antenna on a Starlink direct-to-cell satellite. This part was predicted to fully demise by both the NASA and ESA tools and is the only known Starlink fragment to have not done so.

Given, the survival of this satellite component was not consistent with the analysis described in the previous section, the Starlink program is aggressively working to understand whether unique conditions of the anomalous G9-3 deploy could have contributed to how this component survived reentry. In short, our findings show that the government and industry tools are not accurate when predicting aerothermal loads and heating rates on smaller bodies attached to a larger structure – e.g., before components break away from large structures, like the satellite bus.

Edit.

Un articolo di PCMag che riprende il rapporto di SpaceX e le ultime dichiarazioni dell’azienda sulle modalità di rientro dei satelliti Starlink e i rischi connessi. Viene discusso il problema dei detriti che non si disintegrano completamente nell’atmosfera e le possibili implicazioni per la sicurezza.

:newspaper: SpaceX: Actually, Dying Starlink Satellites Don’t Always Fully Burn Up

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Ho trovato questo approfondimento su Science di luglio 2024 che fa il punto sul problema crescente dell’inquinamento da detriti che rientrano in atmosfera.
Riassumendo alcuni punti:

  1. se il trend continua come previsto, alcuni studi prevedono che la percentuale di materiale di origine artificiale rispetto ai meteoroidi che brucia in atmosfera passerà da circa il 3% attuale al 40%, quasi un raddoppio del materiale che rilascia polveri che permangono nella stratosfera;
  2. si parlava dei satelliti con struttura in legno. Uno dei problemi che potrebbero sorgere sono gli effetti delle polveri di alluminio. L’ossido di alluminio reagisce con l’idrossido di cloro (residuo dell’epoca in cui i clorofluorocarburi erano immessi allegramente in atmosfera a bucare la fascio dell’ozono), liberando cloro e potenzialmente tornando a danneggiare lo strato d’ozono. Nuovi materiali per le strutture, tipo il legno appunto, potrebbero mitigare il rischio.

Concerns are mostly focused on aluminum, the most common component in satellites. If the disintegrated metal ends up as aluminum oxide or hydroxide, it can react with hydrogen chloride—the main reservoir of chlorine in the stratosphere, a hangover from the days of chlorofluorocarbons—to produce aluminum chloride. Hydrogen chloride is a relatively safe repository for chlorine, but aluminum chloride is easily split apart by light, freeing the chlorine to destroy ozone. Metal aerosols could also seed the creation of more polar stratospheric clouds, which catalyze reactions that liberate destructive forms of chlorine.

Ancora non ci sono abbastanza dati per stimare il rischio reale ma va valutato.

L’altra prospettiva è che l’economia spaziale cominci a pensare a piattaforme che possano essere aggiornate e rifornite, meno satelliti che deorbitano e più longevi, ma ci si dovrà lavorare prima che diventi un problema nei prossimi decenni.

https://www.science.org/content/article/burned-satellites-are-polluting-atmosphere

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Ma con il legno si immette carbonio. Il carbonio produce CO o CO2.
Vero che i satelliti sono piccoli e pur essendo tanti non credo siano così tanti, me se il metallo di oggi, inquina, il carbonio?

L’ideale satelliti prodotti direttamente nello spazio che poi si recuperano e riutilizzano. Ma questa è fantascienza per ora.

Il processo per forgiare un pezzo di metallo ne produce moltissimo di più rispetto al rilascio in atmosfera di un pezzo di legno che brucia.

Anche i processi per processare il legno emettono gas serra ma sicuramente meno della filiera che va dalla miniera di metallo, alla fusione, ecc.

Comunque si parlava di polveri di alluminio che a quella quota potrebbero essere molto più dannose in piccole quantità rispetto alla CO2.

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E il carbonio rilasciato dal rientro di un satellite in legno, precedentemente era stato fissato dalla CO2 atmosferica.

Esatto, il legno è un “nanomateriale” che non si inquina a produrlo. Anzi si… disinquina!

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Qualche tonnellata di CO2 è una barzelletta, qualche tonnellata di metalli in stratosfera è un altro libro

Parti del trunk della Dragon di Crew-9 sono finiti in Africa.

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Ecco una lista di rientri dei trunk delle Dragon, by Jonathan McDowell.

https://planet4589.org/space/misc/trunks.html

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ESA ha pubblicato il rapporto annuale sul problema dei detriti.

Alcuni dei punti chiave:

  • Within certain heavily populated altitude bands the density of active objects is now the same order of magnitude as space debris.
  • Intact satellites or rocket bodies are now re-entering the Earth atmosphere on average more than three times a day.
  • Yet not enough satellites leave heavily congested orbits at the end of their lives, creating a collision risk.
  • 2024 saw several major fragmentation events as well as many smaller ones, together adding thousands of new debris objects, underlining the need for prevention by implementing passivation and reduced orbit lifetime measures.
  • The adherence to space debris mitigation standards is slowly improving over the years, especially in the commercial sector, but it is not enough to stop the increase of the number and amount of space debris.
  • Even without any additional launches, the number of space debris would keep growing, because fragmentation events add new debris objects faster than debris can naturally re-enter the atmosphere.
  • To prevent this runaway chain reaction, known as Kessler syndrome, from escalating and making certain orbits unusable, active debris removal is required.


UI = Unidentified, RM = Rocket mission related object, RD = Rocket debris, RF = Rocket fragmentation debris, RB = Rocket body, PM = Payload mission related object, PD = Payload debris, PF = Payload fragmentation debris, PL = Payload

Il documento:

:scroll: ESA’S ANNUAL SPACE ENVIRONMENT REPORT [pdf]

La conferenza stampa:

Un breve documentario pubblicato sempre in questi giorni da ESA:

The documentary explores the current situation in Earth’s orbits and explains the threat space debris poses to our future in space. It also outlines what might be done about space debris and how we might reach true sustainability in space, because our actions today will have consequences for generations to come.

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Tra qualche giorno un bel detrito rientrerà in maniera incontrollata sulla terra.
Sul blog del dr. Marco Langbroek viene monitorato giornalmente

Si tratta del modulo di discesa della missione sovietica Venera del 1972 ( Kosmos 482 Descent Craft 1972-023E, cat. nr. 6073).
Progettato per sopravvivere alla discesa nell’atmosfera di Venere è probabile che arriverà al suolo.
Rientro previsto per il 10/05 e luogo da stabilire, il tutto da verificare giorno per giorno

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Ne parlavamo anche qui

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