Industria Italiana e Apparati pressurizzati

Sposto in questa sezione più consona l’interessante discorso avviato nell’altro topic con GZE.

Direi vista la complessità dell'argomento si debba decidere da che aspetto partire. Un tuta pressurizzata è un complesso di strutture e materiali e attrezzatura elettro/meccanica che devono lavorare efficientemente assieme. A patto che si voglia superare gli attuali standard. Ma questo ovviamente lo diamo per scontato. E poi se si parla di tute per attività veicolare o extra veicolare.

L’argomento è molto ampio e spero possa essere oggetto di profiqua ed interessante discussione.
Per prima cosa vorrei capire quante sono le aziende in Italia che potrebbero produrre apparati pressurizzati per impiego spaziale. Attenzione, non mi riferisco ad apparati a pressurizzazione parziale o anti-g, intendo proprio apparati a pressurizzazione totale, come potrebbero essere le ACES americane o le Sokol russe. Svolgendo alcune ricerche, sembrerebbe che non ve ne siano, o quantomeno che non dispongano di tecnologia proprietaria ma si limitino a costruire si licenza. Ma forse mi sbaglio (spero).
In secondo luogo, possiamo affrontare il discorso partendo dalle tute IVA o dalle tute d’emergenza. Si potrebbe analizzare con che approccio si è ritenuto, da parte vostra, affrontare lo sviluppo di tali apparati. Lo scopo di queste tute è ben chiaro e i componenti e gli step di sviluppo sono consolidati. Suppongo siate stati spinti ad adottare tecnologia innovativa e quindi brevettabile. Avete attualmente un prototipo in fase di studio? State sviluppando nuovi materiali?
Per chiudere questo primo post riporto:

Noi volevamo soltanto aprire un dialogo per portare alla luce un fenomeno di concretizzazione tecnologica applicata di cui noi facciamo parte ma che in italia ancora stenta a trovare la sua visibilità. Troppo spesso confusa con puri "gadgets" o oggetti curiosi. In realtà sono un serio frutto delle conoscenze tutte "italiane" mixate alle più avanzate tecnologie spesso provenienti dal settore aereospaziale.

Quì potremo discutere liberamente di queste tecnologie, soprattutto se italiane. Purtroppo mi sono accorto di quanto scarsa sia l’informazione in Italia relativamente a questo ambito (mi riferisco a apparati d’alta quota e tute pressurizzate), ma se un’azienda italiana può mettere a disposizione questi apparati magari inserendovi nuove tecnologie al pari di aziende d’oltre oceano più blasonate, credo che gli si debba dare il giusto risalto.

Allora bisogna affrontare l’argmento in modo direi empirico. La costruzione di tute pressurizzate anche se vi sembrerà strano non è di per se una cosa complessa dal punto di vista strutturale. E qui purtroppo però devo darvi una delusione in quanto la metodologia attuale, come avete giustamente sottolineato sono quelle consolidate, mi atterrò a descrivere in senso generale alcuni aspetti perchè vincolati a segreto industriale/militare.
Comunque la nostra conoscenza e tecnologia non verte sulla modifica strutturale ma sul concetto di microclima interno e confort generale percepito o reale e sicurezza generale in caso di emergenza (in particolare esplosioni, trasmissione del calore).
Questo argomento è stato approcciato con l’utilizzo e la messa a punto di nuove molecole dall’Hydrogel fino all’Aerogel. Senza dimenticare la categoria di materiale nota come “polimeri a memoria di forma” che si estende ai Liquid Crystal Polymers che nella metodologia di funzionamento “emulano” la muscolatura umana.
Vi chiederete cosa centrano questi argomenti con quel tipo di apparati. Ma la risposta è semplice. Gli avete mai indossati?

Per precisare meglio riferito alla domanda se abbiamo prototipi in fase di sviluppo. La risposta è si. Nel nostro caso specifico si parla di sottostrutture adattabili ad ogni apparato. Per quanto riguarda i materiali. Si tutti i materiali utilizzati sono completamente nuovi. In alcuni casi appena usciti dalla fase sperimentale di laboratorio. Attualmente per quanto ne sappiamo siamo la sola struttura esistente in Europa in grado di fare una conversione completa dal materiale di base, integrzione in supporto, costruzione e design di strutture complesse come una tuta. Studiando e affrontando vari argomenti, dai calcoli strutturali, gli aspetti chimici, analisi di fluidinamicità e calcolo strutturale complesso, fino al non meno importante aspetto del design industriale ai fini dell’ottimizzazione del miglior rendimento dei materiali in campo.
La nostra origine è di diretta derivazione Agenzia Spaziale Europea dall’area del Transfer Technology Programme.

Mi intrometto anch’io in questo interessantissimo thread. :flushed:
Riguardo ai materiali: Potete dirci quali sono quelli da voi “creati” ed impiegati? Quali sono le loro caratteristiche? Come avviene la progettazione/prototipazione di un nuovo materiale? Che ruolo hanno i polimeri plastici nei vostri progetti?

Comunque la nostra conoscenza e tecnologia non verte sulla modifica strutturale ma sul concetto di microclima interno e confort generale percepito o reale e sicurezza generale in caso di emergenza (in particolare esplosioni, trasmissione del calore).

Quindi vi state attualmente concentrando sugli apparati di cooling, mi riferisco agli indumenti interni tipo LCG (Liquid Cooling Garment) di tipo tradizionale? Oppure state superando questa tecnologia tramite l’impiego di Hydrogel e Aerogel? Che capacità di smaltimento del calore metabolico vantano rispetto ad un apparato a liquido?

Riguardo ai materiali li abbiamo trasportati ed introdotti nei supporti, in alcuni casi tessili, noi. Con brevetti specifici. In altri casi gli abbiamo tecnicamente trasformati da sostanze pure a forme diverse come compositi, fibre o coating. In particolare mi riferisco a categorie di Hydrogel, polimeri a memoria di forma e Liquid Crystal Polymers, leghe a memoria di forma.
Per quanto riguarda i Liquid cooling garment sono vecchie definizioni per definire apparati che già da tempo almeno i più avanzati non utilizzano più liquidi per lo scambio del calore. Quelle tipologie erano definite “passive” per la loro modalità di scambio termico. Oggi sono ultra collaudate e direi di uso normale. quelle tipologie le usiamo in modo “economico” per le attività sportive performanti ma non per attrezzature di cui stiamo disquisendo.
La nostrà attività non comprende solo il controllo termico che oggi viene definito “scambio termico attivo” ottenibile con strutture più performanti (micro compressori) associati a polimeri particolari che fungono da pompe idrauliche. o al contrario ove necessario con strutture riscaldanti.
Ma la nostra attività si concentra in modo più approfondito sui problemi di umidità corporea e lo smaltimento della stessa in strutture chiuse. La gestione dell’umidità corporea comprende un ampio spettro di problematiche che vanno dal controllo funzioni vitali fino allo smaltimento della stessa distancandola dalla superficie epidermale problema rilevante anche per la trasmissione di calore. Una struttura quindi complessa e “attiva” che chiaramente è in fase di sviluppo visto che nessuno dei materiali in gioco era mai stato precedentemente utilizzato in tali ambiti. I materiali a memoria di forma hanno chiaramente un ruolo importante in queste strutture perchè capaci di effetturare operazioni in modo autonomo, eseguendo operazioni pre-programmate in risposta a cambi di temperatura.
Per quanto riguarda gli Aerogel, non sono assolutamente associabili ai cooling system ma importanti coibentazione generale e nell’annoso problema della trasmssione del calore.
In tutto questo gioca un ruolo importantissimo la struttura nel suo complesso che chiaramente in quanto “tute” sono sottoposte a sollecitazioni e stress di vario tipo.
Ultimo ma non meno importante questione dell’autonomia e alimentazione elettriche. Questione oserei dire di non scarsa rilevanza.
Vi prego però di chiarire meglio anche le vostre esperienze in tali ambiti, e la motivazione che vi spinge ad avere un interesse in questa tipologia di attrezzatura.

Per quanto mi riguarda, vorrei conoscere un po’ meglio il mondo dei tecnopolimeri e delle loro applicazioni.

Per quanto riguarda:

Vi prego però di chiarire meglio anche le vostre esperienze in tali ambiti, e la motivazione che vi spinge ad avere un interesse in questa tipologia di attrezzatura.

Ho provveduto ad inviarle un PM.

Per quanto riguarda i Liquid cooling garment sono vecchie definizioni per definire apparati che già da tempo almeno i più avanzati non utilizzano più liquidi per lo scambio del calore. Quelle tipologie erano definite "passive" per la loro modalità di scambio termico. Oggi sono ultra collaudate e direi di uso normale. quelle tipologie le usiamo in modo "economico" per le attività sportive performanti ma non per attrezzature di cui stiamo disquisendo.La nostrà attività non comprende solo il controllo termico che oggi viene definito "scambio termico attivo" ottenibile con strutture più performanti (micro compressori) associati a polimeri particolari che fungono da pompe idrauliche. o al contrario ove necessario con strutture riscaldanti.

Gli apparati pressurizzati per attività extraveicolare oggi in uso (EMU ed Orlan - M) impiegano ancora sistemi di “raffreddamento” o controllo termico basati su tecnologie di trasferimento di calore a conduzione, definiamoli pure “passivi” ma cmq sono ancora impiegati per consentire l’adeguato scambio calorico in base alle richieste metaboliche del corpo umano. Se non erro i ratei metabolici raggiunti durante attività EVA condotti sulla ISS si aggirano sui 290W con picchi fino a 580W, il supporto vitale viene per tanto “predisposto” all’eliminazione del calore prodotto e predeterminato per ogni EVA. Lo stesso PLSS è di dimensioni assai rilevanti. Mi interessa comprendere come questo controllo termico possa essere attuato con i microcompressori che state studiando.

Ma la nostra attività si concentra in modo più approfondito sui problemi di umidità corporea e lo smaltimento della stessa in strutture chiuse. La gestione dell'umidità corporea comprende un ampio spettro di problematiche che vanno dal controllo funzioni vitali fino allo smaltimento della stessa distancandola dalla superficie epidermale problema rilevante anche per la trasmissione di calore. Una struttura quindi complessa e "attiva" che chiaramente è in fase di sviluppo visto che nessuno dei materiali in gioco era mai stato precedentemente utilizzato in tali ambiti. I materiali a memoria di forma hanno chiaramente un ruolo importante in queste strutture perchè capaci di effetturare operazioni in modo autonomo, eseguendo operazioni pre-programmate in risposta a cambi di temperatura.

Leggendo queste righe, ho subito associato il possibile impiego di questi materiali a memoria di forma e di quelli preposti al mantenimento dell’equilibrio termico del corpo alle innovative Bio-Suit di cui si sente spesso parlare. Questi apparati a “contropressione meccanica” non impiegano sistemi per lo smaltimento del calore metabolico e si affidano alla semplice evacquazione del calore attraverso l’indumento che costituisce l’apparato stesso. Gli studi condotti negli anni '60 dal Dr. Iberall e da altri (Webb, Clapp) anche recentemente non ebbero seguito, evidentemente in quanto troppo “avanzati” rispetto alla tecnologia allora disponibile. Attualmente la Bio-Suit è in fase di studio al MIT da parte della Prof. Dava J. Newman, la vostra attività in questo campo sta prendendo in considerazione anche lo sviluppo di apparati MCP (Mechanical Counterpressure)?

Per precisare meglio riferito alla domanda se abbiamo prototipi in fase di sviluppo. La risposta è si. Nel nostro caso specifico si parla di sottostrutture adattabili ad ogni apparato. Per quanto riguarda i materiali. Si tutti i materiali utilizzati sono completamente nuovi.

E’ quindi pensabile che la parte interna della tuta, quella preposta al raffreddamento del corpo e allo smaltimento del calore, sia la vera “novità” trapiantabile in un apparato pressurizzato di qualsiasi origine. Avete però realizzato un “vostro” prototipo pressurizzato e avete utilizzato un dispositivo esistente?

Si,sembrerebbe propio trattarsi di una sorta di “Bio-suit”.Presumo che l’uso di queste tute sia per piloti di Jet militari,e non per Astronauti.Vorrei chiedere a GZE,per lo sviluppo di queste particolari combinazioni avete contatti o collaborazioni con aziende Americane,come la David Clark o la ILC o con aziende Russe?

Scusate non ho avuto modo di rientrare sino ad ora.
Leggendo il form mi è caduto l’occhio che in qualche modo avevate fatto già la nostra conoscenza nel passato. Il progetto Safe & Cool per esempio. Ne siamo stati parte. Assemblatori e per certi aspetti ispiratori italiani. Per rispondervi comunque devo precisare che si le Bio-suit sono fonte d’ispirazione e senza dubbio oggi realizzabili in modo concreto e si può fare meglio. E che oggi, noi stiamo cercando di realizzare una struttura che si adatti ad ogni tuta come “sotto tuta” e che permetta un efficace ed efficiente microclima interno che in qualche modo si possa definire “vivo” nel suo modo di avere feedback con il corpo umano. E che non si limiti solo alla gestione della temperatura ma che faccia molto, molto di più. L’esterno delle tute, perdonatemi la presunzione da adetto ai lavori è per il nostro know-how italiano in materia di costruzione tessile, piuttosto banale. E chiaro quindi che l’attenzione sia decisamente spostata sull’interno della “tuta”. Purtroppo per motivi di lavoro e altro non posso realmente scendere nel dettaglio. Anche se con voi e con il forum tutto. Condivido una passione smodata per questi temi che in modo deflagrante è divenuto un lavoro serio e concreto. Un lavoro fatto decisamente per passione. Cercherò in futuro di fornire diciamo in anticipo le immagini di quanto uscirà su questa materia dai nostri laboratori.

Scusate non ho avuto modo di rientrare sino ad ora. Leggendo il form mi è caduto l'occhio che in qualche modo avevate fatto già la nostra conoscenza nel passato. Il progetto Safe & Cool per esempio. Ne siamo stati parte. Assemblatori e per certi aspetti ispiratori italiani.

Quel progetto l’avevo visto a suo tempo e l’avevo considerato molto interessante, soprattutto una vera innovazione nel settore sportivo.

Per rispondervi comunque devo precisare che si le Bio-suit sono fonte d'ispirazione e senza dubbio oggi realizzabili in modo concreto e si può fare meglio.

Bhè questa è una bella notizia! Ritengo che il futuro degli apparati pressurizzati potrà trovare valide alternative sfruttando questa tecnologia. Vi state proponendo con un prototipo?

E' che oggi, noi stiamo cercando di realizzare una struttura che si adatti ad ogni tuta come "sotto tuta" e che permetta un efficace ed efficiente microclima interno che in qualche modo si possa definire "vivo" nel suo modo di avere feedback con il corpo umano. E che non si limiti solo alla gestione della temperatura ma che faccia molto, molto di più.

Ritengo, a mio modo di vedere, che ideare un “cooling garment” intercambiabile ed adattabile al “guscio esterno” e che magari presenti caratteristiche di smaltimento calore in funzione dell’uso che si dovrà fare dell’apparato completo sia un approccio premiante; spero veramente che i vostri studi vi stiano dando risultati positivi in questo senso.

L'esterno delle tute, perdonatemi la presunzione da adetto ai lavori è per il nostro know-how italiano in materia di costruzione tessile, piuttosto banale.

Questo mi lascia perplesso … posso comprende che con la tradizione ed il know-how italiano in campo tessile (secondi a nessuno) non ci siano difficoltà di sorta nel realizzare il “guscio” o l’involucro esterno di un apparato pressurizzato, non ho però mai visto o sentito di aziende italiane leader che si proponessero come fornitrici di apparati pressurizzati anche solo per voli d’alta quota. Cmq ritengo che da parte vostra questo non sia assolutamente un problema … sia per apparati da IVA che per attività extraveicolare.

E chiaro quindi che l'attenzione sia decisamente spostata sull'interno della "tuta". Purtroppo per motivi di lavoro e altro non posso realmente scendere nel dettaglio. Anche se con voi e con il forum tutto.

Come ho detto prima, questo è un approccio molto interessante; ovviamente non mi aspetto di vedere nulla che possa in qualche modo ledere il segreto industriale soprattutto in questo campo dell’alta tecnologia, è più che compresibile. Magari riguardo studi consolidati o tecnologie brevettate potrebbe essere utile a tutti gli utenti poter dare un “occhio” a come si sta muovendo l’hi-tech in questo campo.

Condivido una passione smodata per questi temi che in modo deflagrante è divenuto un lavoro serio e concreto. Un lavoro fatto decisamente per passione. Cercherò in futuro di fornire diciamo in anticipo le immagini di quanto uscirà su questa materia dai nostri laboratori.

Quì nel forum siamo tutti in un modo o nell’altro “malati” di astronautica. Ogni aspetto che riguarda questa disciplina ha i suoi “cultori”; c’è qualche fortunato come lei è riuscito a far in modo di concigliare la propria passione con il lavoro professionale e questo credo possa dare quello stimolo in più. Sinceramente spero di poter vedere cosa “bolle in pentola” nei vostri laboratori, principalmente perchè gli apparati pressurizzati mi appassionano (non sono il solo quì). Sapere che un azienda italiana sta lavorando a dei prototipi di questi apparati ed oltretutto apparati estremamente avanzati non mi può lasciare indifferente…

L'esterno delle tute, perdonatemi la presunzione da adetto ai lavori è per il nostro know-how italiano in materia di costruzione tessile, piuttosto banale.
Per "esterno delle tute",parlando di know-how tessile immagino ci si riferisca non alla tuta vera e propia,ma agli "outer layer" ed ai "over garnment",non è così?