ISS e dintorni

ISS e dintorni - 01

LOCAD-PTS

C’é qualche Trekker la fuori?
Ricordate il Tricorder, usato da McCoy e Mr. Spock? Se ne sono serviti per esplorare “strani nuovi mondi … dove nessuno è mai giunto prima”.

Ebbene, a bordo della Stazione Internazionale, gli astronauti da qualche tempo stanno utilizzando uno strumento sperimentale sorprendentemente simile al Tricorder: il LOCAD-PTS, abbreviazione di “Lab-on-a-Chip Development System Test Application Portable”. Questa sorta di mini laboratorio portatile é il primo passo verso lo sviluppo di qualcosa di simile allo strumento usato da McCoy.

Il LOCAD come il Tricorder, é portatile, é rapido ed é in grado di individuare molecole biochimiche, ci dice Heather Morris del NASA Marshall Space Flight Center (un fan di Star Trek). Però é anche vero che se il Tricorder può fare quasi tutto, il LOCAD é maggiormente specializzato e al momento é specificatamente progettato per individuare microbi e funghi.

Come afferma Norm Wainwright, ricercatore principale per LOCAD-PTS, “L’equipaggio della Stazione ISS lavora duramente per mantenere un certo livello di pulizia e il nostro strumento dice loro dove concentrare il loro sforzo”. I test di controllo sono molto semplici, l’astronauta strofina la superficie di suo interesse con un piccolo tampone asciutto poi, sciacqua con acqua sterile il tampone, convertendo quindi il materiale da esaminare in una forma liquida, quindi si mette qualche goccia nel ricettacolo del LOCAD. Lo strumento impiega meno di 15 min per emettere il suo verdetto, a dispetto dei metodi standard di coltura di laboratorio che possono impiegare anche alcuni giorni.

Durante il Marzo del 2007, l’astronauta Sunita Williams ha dimostrato le capacità di LOCAD rilevando batteri di tipo Gram negativi nel Nodo-1 e nel modulo US-Lab.
Poi, nei mesi di Giugno e Settembre del 2008, l’equipaggio della ISS ha testato una nuova cartuccia rilevatrice, progettata per individuare i funghi. La prima prova con questa nuova cartuccia é stata eseguita in Nodo-1, ma dei funghi nemmeno l’ombra. La notizia invece di accendere gli entusiasmi ha lasciato i ricercatori con il muso lungo per non essere riusciti a testare completamente le capacità di scoperta della cartuccia.

Così ci ha dovuto pensare Sandra Magnus ad inventarsi qualcosa, ed era quasi convinta di avercela fatta quando ha creduto di andare a colpo sicuro, individuando i punti di vincolo in cui si infilano i piedi (per tenersi fermi in microgravità), come luogo perfetto per trovare tracce di funghi.

Ma niente da fare, era tutto “pulito”.

Come un’esploratore determinato a tutto, Sandra si é quindi spostata nell’area palestra concentrandosi questa volta sulla cyclette e sul tapis roulant. I due attrezzi sono fonte di sudore e strofinando i tamponi su diverse superfici degli attrezzi, la ricerca di Sandy é stata premiata. Il LOCAD ha individuato una nutrita colonia di funghi là dove alcuni componenti delle attrezzature sono spesso a contatto con parti sudate del corpo umano.

Jacke Maule (principal investigator for LOCAD Exploration): “ovviamente i funghi non ponevano nessuna preoccupazione per la salute dell’equipaggio, ma é stato un grande risultato scientifico. Negli anni a venire, la pulizia dei veicoli spaziali sarà critica anche per altre ragioni, perché uno degli obiettivi della NASA oltre a consolidare l’orbita bassa terrestre, sarà quello di prepararsi alla ricerca della vita su Marte”.
E’ un dato di fatto che gli esseri umani, ovunque vadano si portano appresso un sacco di microbi. I biologi stimano che ogni corpo umano trasporta con se miliardi di microbi e che essi rappresentano, pensate, ben il 2% della massa totale di una persona. Vero che la maggior parte vive in simbiosi con noi e sono pure utili, ma molti altri possono fare decisamente male. In ogni caso non dovrebbe essere loro consentito di inquinare i campioni marziani, e a dirla tutta, sarebbe anche poco simpatico portare dentro l’astronave forme di vita sconosciute.

“L’equipaggio avrà quindi bisogno di un sistema per monitorare se stesso prima e dopo l’attività EVA”, spiega Maule e “il LOCAD è l’ideale per questo scopo, per il quale é stato testato a lungo anche in laboratorio a Terra”. Non solo, il team di ricercatori LOCAD ha allestito numerosi test all’interno dell’US Airlock che fa da interfaccia con l’habitat della Stazione e lo Spazio esterno, e l’ambiente a onor del vero é stato trovato abbastanza “pulito”, l’unica parte maggiormente compromessa é stato proprio il maniglione d’ingresso dell’Airlock, che ospitava batteri Gram negativi. E la presenza di batteri sul maniglione della camera di compensazione rappresenterebbero un problema, se i membri dell’equipaggio fossero stati in procinto di uscire per un giretto sulla superficie di Marte. In ogni caso le sperimentazioni con il LOCAD sono solo all’inizio e c’é ancora molto lavoro da fare.

Oltre a rilevare batteri Gram negativi come l’Escherichia Coli e la Salmonella, il LOCAD come si diceva individua anche i funghi che, come ben sanno i russi dopo l’esperienza sulla Stazione MIR, non vanno molto d’accordo con la componentistica elettronica di bordo e sono quindi anch’essi ospiti sgraditi. Inoltre a breve sarà disponibile anche una cartuccia per individuare i batteri Gram positivi, come lo Stafilococco e Streptococco.

In definitiva, ci dice Morris, "vorremmo creare cartucce per tutti i tipi di microrganismi e composti chimici. Ci piacerebbe inoltre poter essere in grado di mettere a punto un sistema per capire cosa “non funziona” in un astronauta qualora si ammalasse.

Lisa Monaco, scienziato LOCAD, aggiunge la sua visione del futuro: “Quello che stiamo sviluppando al MSFC non ha ovviamente l’obiettivo di servire la ISS ma bensì le missioni lunari, i soggiorni di lunga durata su altri pianeti e ovviamente avere un suo pratico anche qui, sulla Terra.”

Pensate, il sofisticato LOCAD utilizza gli enzimi del sistema immunitario del Limulo (Horseshoe Crab). Strano ma vero, tutta questa abilità di individuazione la si deve essenzialmente ad un essere vivente vecchio di 300 milioni di anni. Il Limulo nella sua costituzione é rimasto infatti tale e quale a quando é comparso milioni di anni fa, al punto di essere classificato come fossile vivente. Questo parente dei granchi (ma sembra sia più un parente dei ragni) vive in acque poco profonde, lungo le coste orientali degli Stati Uniti.
Il suo sistema immunitario sebbene molto primitivo ha notevoli capacità di identificazione ed un’estrema sensibilità nell’individuare microbi indesiderati. Viene infatti utilizzata una cascata di enzimi che viene attivata dalle endotossine, un componente della parete cellulare dei batteri Gram negativi. Mentre un’altra porzione della cascata di enzimi del Limulo viene specificatamente attivata dal Glucano, in questo caso un componente che costituisce l’involucro cellulare dei funghi.

I Limuli vengono raccolti, puliti e preparati per la raccolta del sangue (le creature non vengono danneggiate o uccise e successivamente sono poi rilasciati nelle lagune d’origine… con un po’ meno sangue nel corpo). Inoltre, il sangue dei Limuli che sostanzialmente é incolore ha la particolarità di assumere il colore blu, nel momento in cui si ossida a contatto con l’aria.

… Dr. McCoy, stiamo arrivando

LOCAD personnel:
Mike Effinger of NASA’s Marshall Space Flight Center is the LOCAD project manager.
Norm Wainwright, principal investigator for LOCAD-PTS, is also director of research and development at Charles River Laboratories in Charleston, SC.
Jake Maule is the principal investigator for LOCAD Exploration, and LOCAD-PTS project scientist, based at British Aerospace Systems.
Lisa Monaco, researchers at NASA’s Marshall Space Flight Center (MSFC).

fonti:
www.nasa.gov
http://locad.nasa.gov
http://science.nasa.gov

In allegato, il documento in PDF con alcune altre note


01_Sunita.jpg

02_Crabs.png

03_palms.jpg

ISS-e-dintorni_01.pdf (376 KB)

Fantastico!
Credo che anche nella vita a Terra potrebbe essere molto utile questo “utensile”. :ok:

Non ho ben capito come funziona… fanno un campionamento di una superficie e poi inseriscono il campione nello strumento?

PS: suggerirei di cambiare il titolo andando un pelino più nel dettaglio… “approfondimenti” è molto generico e non molto rappresentativo di quello che in effetti è scritto nell’articolo :wink:

il dispositivo utilizza una sorta di vetrino speciale in cui viene versata una piccola quantità di fluido (campioni raccolti per strofinamento e quindi disciolti in acqua sterile). Il vetrino (o cartuccia) che va inserito nell’apposito vano (all’esterno resta in vista solo la parte terminale con i 4 ricettacoli di immissione) ha una particolare lavorazione e contiene reagenti ricavati dal sangue del Limulo. Se nel fluido ci sono batteri gram-negativi gli enzimi reagiscono chimicamente. La reazione produce una colorazione e come una sorta di spettroscopio il microchip indentifica la concentrazione della carica microbica e la chimica.

Per quanto riguarda la dicitura “approfondimenti” ammetto che é un po’ fuorviante ma, 1) sto ancora sperimentando con i vari e possibili argomenti 2) … non so come diavolo si fa a modificare il titolo di un topic :stuck_out_tongue_winking_eye:


... 2) ... non so come diavolo si fa a modificare il titolo di un topic :stuck_out_tongue_winking_eye:

Fai un edit del primo post del topic, e potrai modificare il titolo dello stesso :wink:

ROBONAUT-2

Qui sotto un estratto di NASAFacts:

Nel corso del 2010 sono quasi 200 le persone (provenienti da 15 paesi diversi) che hanno visitato la Stazione Spaziale Internazionale, tutti umani. Fino ad ora. Robonaut2 (R2), l’ultima generazione della serie Robonaut nel 2011 ha raggiunto la ISS a bordo del Discovery nella missione STS-133. E’ diventato pertanto il primo robot antropomorfo a trovarsi nello spazio, e sebbene lo scopo primario sia quello di investigare il suo uso e comportamento in assenza di gravità, grazie agli inevitabili aggiornamenti e miglioramenti che verranno proposti si spera di vederlo un giorno in una spacewalk all’esterno della Stazione. R2 é arrivato a bordo all’interno del Modulo Leonardo e dopo lo sballaggio verrà utilizzato principalmente all’interno del Modulo Destiny per i test di funzionamento. Tra l’altro, non é previsto il suo rientro sulla Terra.

STORIA
Il lavoro su questo progetto é iniziato nel 1997. L’idea era di costruire un robot umanoide che potesse aiutare gli astronauti con un ulteriore paio di mani, oppure per avventurarsi là dove l’intervento umano si prospetta particolarmente insidioso o addirittura troppo banale per impegnare seriamente un astronauta in una attività extraveicolare. Il primo risultato di questo lavoro di indagine ingegneristica é stato R1, un prototipo “human-like” in grado di svolgere attività di manutenzione o nel caso fossero stato montato su un piccolo carro ruotato, in grado di svolgere lavori di esplorazione sulla superficie della Luna o di Marte. Fino al 2006, R1 ha condotto numerosi esperimenti e prove in una ampia varietà di ambienti sia in laboratorio che sul “campo”, dimostrando che il concetto di assistente robotico era valido. Nel corso del 2006 la General Motors ha espresso il suo interesse sul progetto. Infatti GM aveva su iniziativa interna sviluppato un suo dexterous robot ma dopo aver visto quanto NASA aveva portato avanti, ha proposto una collaborazione. E’ nato quindi uno Space Atc, un accordo firmato nel 2007 per consentire a GM e NASA di unire le risorse e lavorare su un next generation Robonaut. Nel Febbraio del 2010 é stato quindi presentato Robonaut2, più veloce, più preciso e tecnologicamente avanzato. Il potenziale di R2 é notevole e da subito si é cercato lo spazio necessario tra le ultime missioni Shuttle per poterlo portare sulla ISS. Inoltre l’evento in se stesso é duplice, uno perché é il primo robot umanoide a raggiungere lo Spazio e l’altro perché sarà la prima volta che si potrà studiare il suo comportamento in assenza di gravità.

FUTURO
Una volta a bordo della Stazione, le condizioni dell’habitat forniranno il terreno di prova ideale per sperimentare il lavoro reale del robot a stretto contatto con gli astronauti. Una volta testata una prima fase di interazioni con la vita di bordo, verranno portati avanti sia aggiornamenti software che modifiche e optional meccanici per permettere a R2 si muoversi ed eventualmente per testare un’attività extraveicolare. Tutto ciò permetterà a NASA di affinare il progetto, studiare le capacità e le potenzialità del robot soprattutto in vista delle missioni nello Spazio profondo. Infatti una volta che la tecnologia di R2 verrà considerata matura, una evoluzione di Robonaut2 potrebbe testare le condizioni estreme che comporta un viaggio nello Spazio profondo e i livelli di stress subiti dalla tecnologia manned. Senza dimenticare il potenziale servizio di “assistenza tecnica” che potrebbe fare nei confronti dei grossi satelliti di telecomunicazione o altro.
L’esplorazione sarà sicuramente il suo campo di battaglia e Marte e le sue Lune, degli obiettivi privilegiati. Il robot potrà essere utilizzato come un sofisticato scout per la realizzazione di mappe, campionamenti geologici e lavorare sulle prime infrastrutture di un campo base necessario agli astronauti. Una evoluzione robotica in tal senso permetterebbe minori incertezze nella pianificazione delle missioni, rendendo più concreta l’esplorazione umana di Marte. Infatti con un simile supporto robotico le prime esplorazioni potrebbero essere effettuate con piccoli equipaggi umani senza pesare eccessivamente sul mission plant e relativi risultati da ottenere. C’è quindi una certa progressione logica nel modo di procedere per le prossime tappe dell’esplorazione: dapprima l’osservazione strumentale sulla distanza, poi attraverso gli “occhi” del Robonaut evoluto, in seguito dall’arrivo degli esseri umani. Lo scopo di questo connubio e proprio di migliorare la qualità dell’esplorazione e la stessa sicurezza.

AGGIORNAMENTI PER IL PRIMO VOLO NELLO SPAZIO
Robonaut2 é stato progettato e sviluppato per essere utilizzato sulla Terra, ma tenendo bene a mente che il suo elemento naturale sarà lo Spazio. Tuttavia, una volta presentato agli specialisti del settore, R2 ha fatto una così buona impressione che i mission managers hanno deciso di inviarlo a bordo della Stazione (finché lo Shuttle era ancora disponibile) ma non senza alcune modifiche. Infatti sono stati sostituiti e aggiornati alcuni componenti, con lo scopo di soddisfare le stringenti regole di sicurezza che riguarda la componentistica presente a bordo della Stazione Internazionale. Ad esempio é stato sostituito il rivestimento esterno (skin) per i requisiti di infiammabilità, sono state aggiunte ulteriori schermature per le radiofrequenze e aggiornati alcuni sottosistemi e relativi processori con materiale più robusto alle radiazioni elettromagnetiche. Sono state inoltre sostituite tutte le ventole di raffreddamento con unità più silenziose per rispettare i parametri di rumorosità, nonché aggiornato il sistema di alimentazione a corrente alternata con uno adatto per usufruire dell’impianto a corrente continua della Stazione.

TEST PRE-VOLO

Prima di essere dichiarato idoneo ad essere ospitato sulla ISS, R2 é stato messo a dura prova con svariati test per assicurarsi che il robot potesse sopportare e integrarsi con i sistemi di bordo, e senza fare danni. Molti test sono serviti a stabilire che il robot non fosse troppo potente nelle sue emissioni elettromagnetiche da disturbare e interferire con i sistemi della ISS. Inoltre altri test sono stati necessari per verificare la capacità del sistema nel suo insieme di assorbire le notevoli vibrazioni causate dal lift-off dello Space Shuttle.

ATTIVITA’ SULLA STAZIONE ISS
Inizialmente, le attività di R2 saranno strettamente sperimentali. Robonaut una volta nel modulo US Lab (Destiny) seguirà un processo di risveglio e di controllo e negli step successivi, sarà sottoposto alle stesse attività eseguite in laboratorio a Terra per osservare eventuali difformità di funzionamento e soprattutto per correggere la gestione della macchina in assenza di gravità. Una volta stabilito il funzionamento in microgravità, R2 verrà impegnato nelle attività di piccola manutenzione come pulizia dei filtri, l’uso dell’aspirapolvere, etc.
Futuri aggiornamenti gli permetteranno di funzionare anche nel vuoto dello Spazio e successivamente si potrà sperimentare la manutenzione esterna a supporto delle EVA umane.

Robonaut2, dopo il suo arrivo con il Discovery é stato parcheggiato per diversi mesi a causa degli impegni di lavoro degli astronauti e solo Lunedì 22 Agosto é stato trasferito da Mike Fossum e Satoshi Furukawa nella “sua” postazione in Destiny. Da remoto é stata fornità l’alimentazione elettrica e avviato il sistema, é stato quindi lasciato alle verifiche da remoto per più di due ore. Gli ingegneri hanno quindi accertato con soddisfazione che R2 non ha subito danni da vibrazioni e verificato il comportamento del sistema di dissipazione del calore. Alla fine delle due ore la diagnosi é stata positiva “E’ sopravissuto e sta bene”. Questo il primo passo, maggiori ragguagli verranno dalle successive operazioni di movimentazione e infatti per il prossimo 01 Settembre é previsto un set up per permettere da remoto la movimentazione di braccia e mani. Se tutto andrà bene si prospetta un primo uso per la piccola manutenzione a partire dal 2012.
Nel frattempo, a Terra procedono gli sviluppi e un gemello di R2 parteciperà alla prossima missione dei Desert RATS (Research and Technology Studies) per simulare una missione su di un asteroide. Per l’occasione questo R2 ha il torso montato su un quad in versione centauro.

CONTROLLO OPERAZIONI
Gli operatori del robot hanno differenti modi per controllare Robonaut2. I membri dell’equipaggio potranno farlo direttamente a seconda delle necessità, come pure da remoto da Terra. Tuttavia, uno dei miglioramenti introdotti con R2 é quello di non avere la necessità di una sorveglianza continua. Infatti, uno dei problemi delle Spazio profondo sono i ritardi di risposta dei radiosegnali causati dalla distanza che rendono problematiche le gestioni di macchine non autonome. Robonaut2 é stato sviluppato tenendo conto di questo problema ed é già in grado, una volta impostati i compiti da svolgere, di portarli a termine autonomamente.

FUTURE FRONTIERE
Che sia a bordo di quad tutto terreno, o di un Segway oppure sulle proprie gambe (che sono già in fase di sviluppo) le possibilità e le combinazioni sono davvero molte, quasi infinite. Potrà fare esplorazione autonoma o in compagnia degli astronauti, trovare luoghi sicuri e prepararli per l’arrivo degli umani e lavorare successivamente fianco a fianco con essi. Un giorno, ovunque si voglia inviare astronauti, R2 sarà una preziosa risorsa.

Principali specifiche di Robonaut2:

  • materiale: alluminio, acciaio e parti non metalliche
  • peso: circa 150 kg
  • sensori: più di 350
  • processori: nr. 38 Power PC
  • movimento: in totale 42 gradi di movimento

[size=4pt][i]fonti:
NASAfacts
National Aeronautics and Space Administration
Lyndon B. Johnson Space Center
Houston, Texas 77058

other extrapolations from
www.nasa.gov[/i][/size]


ISS-e-dintorni_02.pdf (322 KB)

Approfondimenti molto interessanti :wink: e poi ho sempre considerato il limulus come una delle creature più prodigiose del mondo!

Perche’ mi e’ venuto in mente questo?

Bell’articolo, comunque, grazie!

ISS e dintorni - 03

In queste ultime settimana si é fatto un gran parlare di WORF e del suo impiego a bordo della Stazione ISS.

WORF sta per Window Observational Research Facility, ovvero una particolare attrezzatura utilizzata per l’osservazione visiva della Terra, e che sfrutta l’esistente oblò in posizione nadir del modulo Destiny (US Lab).
WORF permette una visione più nitida e apre nuove prospettive anche dal punto di vista educational per i giovani studenti americani. Il Window Observational Research Facility é stato consegnato alla ISS con la missione Discovery STS-131, nell’Aprile del 2010 e quindi installato e poi preparato con ottiche di altissima qualità, all’interno del laboratorio americano Destiny.

L’arrivo della WORF ha permesso agli astronauti di rimuovere in modo permanente il pannello più interno del sandwich di trasparenti che compone l’oblò e cioé lo “scratch pane”, che disturba sensibilmente la nitidezza dell’immagini. “Parlando da un punto di vista tecnico, per le ottiche lo scratch pane interno dell’oblò era un disastro, limitando molto la risoluzione delle immagini che si potevano ottenere” così parla l’ex astronauta Mario Runco, che faceva parte del team di progettazione e sviluppo di WORF e che ora si trova a capo del team che segue il programma per l’utilizzo di WORF presso il NASA Johnson Space Center. “Con WORF operativo, possiamo ora fruttare completamente la possibilità di fare scienza attraverso l’osservazione della Terra”.

WORF si basa su un Rack Internazionale Standard Payload (ISPR) e utilizza avionica e hardware adottato e adattato, dal programma Rack EXPRESS. Il rack fornisce un volume di carico utile pari a 0,8 metri cubi ed é in grado di supportare fino a tre carichi utili simultaneamente, anche se ciò dipende dalle risorse e dallo spazio disponibile a seconda degli “ingombri” delle attrezzature. Fornisce inoltre la possibilità di accesso al personale con numerosi punti di aggancio per stabilizzarsi. Si tratta in sostanza di un vero e proprio “ambiente”, una piattaforma altamente stabile alle vibrazioni dotata di sistemi di raffeddamento per le apparecchiature, di un sistema antincendio, di molteplici interfacce per il collegamento alla rete dati della Stazione e ventilatori per la circolazione dell’aria e con funzioni di anticondensa. WORF sarà quindi utilizzato non solo per l’osservazione di terra, mare e meteo ma anche per testare nuove tecnologie riguardanti le ottiche e di sofisticati sensori in grado di fornire dati importanti sui fenomeni transitori sia atmosferici che geologici (uragani, eruzioni vulcaniche e tsunami).

L’interno di WORF fornisce un trattamento non riflettente e con chiusure a tenuta rispetto alla luce ambientale del laboratorio allo scopo di ridurre al minimo i disturbi alle ottiche e i riflessi parassiti. WORF si “appoggia” all’oblò di US Lab che ha un diametro di 508 mm ed é composto da quattro strati:

  • uno più esterno di 10 mm per catturare piccoli detriti e micrometeoriti (se gravemente danneggiato é possibile una sostituzione con una EVA).
  • due trasparenti centrali hanno per ognuno uno spessore di circa 32 mm e costituiscono una camera di pressione primaria e secondaria e assicurando la perfetta tenuta a pressione.
  • uno strato più interno multistrato di circa 13 mm che integra un riscaldatore per evitare la condensa e uno speciale strato antigraffio che lo protegge da urti accidentali dall’interno. Quest’ultimo trasparente che tanto disturba la nitidezza delle immagini all’interno dell’ambiente protetto di WORF può essere tolto e lo stesso WORF ha a disposizione uno speciale scudo retrattile (e comandabile anche dall’esterno) da utilizzare agevolmente per i momenti di allestimento delle attrezzature onde evitare graffi al primo pannello trasparente di pressione dell’oblò stesso.

Uno dei primi soggetti per le immagini di test sono state le montagne innevate della British Columbia nella costa occidentale del Canada, a Gennaio 2011. L’immagine catturata con un obiettivo da 50 mm, copre un’area di circa 200 per 134 chilometri. Anche se non si trattava di un’immagine “unica” in senso estetico, con essa si é subito compreso il significativo miglioramento della qualità rispetto ad immagini analoghe riprese in precedenza senza WORF. L’immagine come pure le successive utilizzate per la messa a punto, facevano parte di un primo test per la verifica del computer di controllo associato al payload EarthKAM, un progetto educativo di sensibilizzazione che permette agli studenti delle scuole medie di riprendere, a distanza, le immagini del loro pianeta dalla prospettiva (unica) della stazione spaziale, a quasi 400 km dalla superficie terrestre. L’attrezzatura EarthKAM (montata all’interno di WORF) utilizza una fotocamera digitale Nikon DX2 ed é stata allestita da Cady Coleman durante l’Expedition 26 che comprendeva anche il nostro Paolo Nespoli.

“Siamo molto entusiasti di avere un nuovo sistema per le fotocamere che riesce a riprendere delle immagini incredibili” ha detto Karen Flammer, che gestisce le operazioni EarthKAM presso l’Università della California, a San Diego, “con WORF, l’oblò in posizione nadir é diventato un autentico occhio di osservazione, altamente tecnologico”. Le prime immagini educational scattate da remoto sono state quelle degli studenti della scuola Parkview Montessori del Tennesse e della scuola Public School 229 di Brookyn, New York.

link alla galleria immagini di earthKAM, [b]QUI[/b]

varie fonti, tutte da: www.nasa.gov

le foto qui allegate:

  • patch di WORF
  • l’astronauta Naoko Yamazaki all’interno di WORF trattato come una camera oscura.
  • Naoko all’esterno del rack.
  • sezione multistrato dell’oblò in posizione nadir su cui poggia WORF.

Avendo come ospite ad AstronautiCON6 l’astronauta NASA Sandra H. Magnus, non si può certo negare che il momento clou per tutti noi sarà proprio l’atto del pranzo. Allora perché non ripescare una sua intervista in cui descriveva, da un punto di vista professionale e personale, questo momento così importante anche per l’equipaggio della Stazione Internazionale.

Anno 2009, Sandra Magnus:
"Se ci pensate bene il cibo è una parte importante della nostra vita.
E’ un po’ il centro dell’unione della famiglia, il momento centrale per la celebrazione di importanti eventi di lavoro e della vita, ma anche di altri in cui il cibo ha un importanza non trascurabile. In un modo o nell’altro, molti importanti aspetti della nostra vita coinvolgono il cibo. Lo stesso vale anche per noi che viviamo a bordo della Stazione Spaziale Internazionale.
Il cibo é importante e di solito finisce per essere argomento di discussione tra i membri dell’equipaggio, ovviamente senza doverne fare un problema. Il cibo presente sulla ISS deve soddisfare molte e diverse esigenze: durare a lungo senza refrigerazione, avere un appropriato valore nutrizionale, essere confezionato in modo da poterlo mangiare in microgravità senza troppa “confusione” e non ultimo, essere attraente e saporito. E questa, é di per se già una bella lista dove ho esposto solo i “requisiti tecnici”. E che dire sulla varietà? Come si fa a soddisfare tutti i vari gusti e le peculiarità alimentari che si incontrano, soprattutto quando si tratta di persone provenienti da una moltitudine di culture differenti? Attenzione perché é importante! E per quanto riguarda la logistica, come ottenere a bordo il giusto cibo (oltre che nella quantità adatta) in qualsiasi momento? Pertanto, come vedete ci sono già un paio di questioni che devono essere considerate quando si parla di cibo e di voli spaziali di lunga durata ….

Si scopre così che sia la NASA e che l’agenzia russa hanno approntato e sviluppato nel corso degli anni dei menù ricchi, con una certa varietà di alimenti. Il Giappone ha sviluppato un menu che sarà ora disponibile per essere selezionato e l’Europa sta anch’essa lavorando su questo argomento, possiamo quindi dire che da un punto di vista culturale ci sembra di avere le basi coperte.

In un primo momento avevamo un menù a rotazione con un ciclo di 10 giorni, con 5 giorni di cibo proveniente dal menù russo e 5 giorni con alimenti provenienti dal menu statunitense (all’epoca il cibo europeo e giapponese non rientravano nelle opzioni).
Questo primo approccio ha funzionato bene ma aveva una gestione un po’ particolare, perché si dovevano allestire i box alimentari a bordo della ISS, prima di essere lì con il proprio turno di equipaggio, oppure di far volare i contenitori assieme ad esso. Questo sistema ha mostrato i suoi limiti (logisticamente parlando) quando abbiamo iniziato ad avere dei cambi di equipaggio in versione “last-minute”. Immaginatevi quindi di arrivare là e di dover mangiare il menù di qualcun altro… magari un bel polpettone perché é il loro preferito ma che ha te non piace o non gradisci. Questo disagio non aiuta nel lavoro, e non va bene.
Il sistema di gestione é stato quindi modificato in modo tale che ora abbiamo un ciclo di rotazione di 16 giorni, ancora per metà con un menù russo e statunitense per l’altra metà con quest’ultimo che si é trasformato in un menù standard. Ciò significa che ogni 16 giorni si ritorna sullo stesso menù. Così per compensare la situazione, agli equipaggi é stato permesso di scegliere un contenitore “preferenza” in cui selezionare in base al gusto personale alimenti dal menu US e alimenti non inclusi nel menù “standard”. Tutto ciò ha permesso una buona variabilità basata su una scelta parzialmente personale. Da notare che é rimasto tuttora un contenitore “bonus” mensile che può contenere tutto ciò che si vuole (a patto che abbia passato i test microbiologici NASA e che non abbia bisogno di refrigerazione). I russi adottano anche loro una sorta di compromesso, che prevede parte di cibo standard e parte di cibo su preferenza personale. Tuttavia con il sistema russo, c’é sempre qualcosa che si perde in termini di scelta personale o su quanto si desidera avere.
Comunque, al momento attuale é questo il sistema in uso a bordo della ISS e funziona abbastanza bene. Il team di specialisti alla logistica, devono solo preoccuparsi delle spedizioni di specifici lotti di cibo, ma per il resto il sistema é collaudato e gira piuttosto bene. Si tratta di un metodo di lavoro che permette anche di reagire piuttosto rapidamente in caso di eventuali ritardi tra partenze e arrivi dei vari equipaggi. La varietà del cibo é pertanto piuttosto buona e la si può incrementare ulteriormente, variando la base per una maggiore personalizzazione, e nel mio caso … facendo anche un po’ di cucina spaziale.

Prima di parlare di questo, vorrei innanzi tutto ricordare l’utilità della tortilla (n.d.t. focaccia di granoturco) come alimento di base nello Spazio. Si può fare così tanto con una tortilla, che diventa un vero e proprio veicolo con cui mangiare di tutto e non riesco a pensare a qualcosa che non possa essere messo su di una tortilla. Di conseguenza uno degli obiettivi principali per ogni crew é fare in modo di avere sufficienti tortillas. Sembra strano ma a bordo questa é la maggior preoccupazione (alimentare) subito dopo la scorta di caffeina. Nonostante questi due alimenti compaiano anche all’interno del menù standard, si possono comunque inserirle nei “preferiti” e nel “bonus”. Anche quando arriva uno Shuttle presentandosi con “tonnellate” di tortillas, e con l’equipaggio che gentilmente regala l’intero extra alla crew della ISS … é sempre considerato un momento gioioso.

Il cibo a bordo è confezionato in molti modi. Alcuni items sono disidratati e vanno reidratati. Altri sono già pronti in sacchetti e devono solo essere riscaldati. Altri sono in lattina e si consumano direttamente da essa. Altri ancora come frutta, biscotti e craker vanno consumati così come sono. Non importa quale sia la forma del cibo il problema resta sempre lo stesso, mangiarlo senza fare disastri! In questi casi ci si aiuta con un po’ d’acqua per fare in modo che il cibo resti appiccicato al cucchiaio o al contenitore. Quando si aprono le confezioni si deve fare sempre attenzione a non esagerare e aprire solo quanto basta a prelevare il cibo, diversamente l’alimento vola via e si perde tempo prezioso a corrergli dietro … e questo non va bene. Ricordo una volta, in cui del cibo é stato trovato essicato in un pannello e purtroppo non si può (lassù) ricorrere a detergenti industriali o correre dal ferramenta per sostituire il pannello. Purtroppo ogni tanto qualcosa sfugge al controllo, ma si cerca sempre di fare la massima attenzione. Ecco che allora ritorniamo al discorso delle tortillas. Per farcire una tortilla, dovete prelevare del cibo dalla confezione, trasferirlo sulla tortilla, tenerlo su di essa mentre si blocca la confezione al nastro adesivo del tavolo e dedicarvi finalmente alla vostra tortilla, gustandovela per bene.

Quindi, cosa mettiamo sulle tortillas e perché sono importanti? Be, anche con la rotazione di 16 giorni e le preferenze personali un menù può diventare monotono, ma con una tortilla c’é maggiore variabilità. Ad esempio, prendi un sacchetto di fagioli neri e un po’ di formaggio cheddar (a pasta dura) e qualche salsa piccante et voilà ottieni un nuovo mix di gusti con un perfetta base di accompagnamento. Sotto questo aspetto ho fatto molti esperimenti sia con salato che con i dolci ma devo ammettere che anche i miei compagni di viaggio, non mancavano certo di fantasia. Personalmente, preferisco riscaldare il formaggio e avvolgerlo con una tortilla non prima di averla spalmata con della salsa, ottenendo così una gustosa quesadilla spaziale. Questo é uno dei trucchetti imparati da Peggy Whitson durante la mia prima visita alla Stazione (e quella, é stata la volta in cui ho pianificato di portarmi a bordo un bel po’ di formaggio cheddar).
Un altro modo che ho trovato per aggiungere varietà al menu, oltre ai miei esperimenti con le tortillas, è quello di aggiungere sapore utilizzando alcuni dei condimenti vari che ho portato con me, o di altri che sono normalmente disponibili qui su ISS.
Portare con se alcuni condimenti é una pratica molto diffusa tra i vari membri dell’equipaggio, inoltre le varie confezioni solo parzialmente consumate vengono raggruppate in unico sacchetto, aumentando ulteriormente la capacità di provare diverse combinazioni. Infatti, l’altro giorno ho trovato nel “sacchetto delle meraviglie” della salsa BBQ (salsa barbecue) e ho già qualche idea sul suo possibile uso…

Per me, nel mio contenitore “bonus” ho chiesto pasta di aglio, pasta di pesto, pomodori essicati, pasta di zenzero, una certa varietà di mostarde e rafano. Inoltre ho dell’olio di oliva, un po’ di aceto balsamico e olive nere. Spero di riceve come da mia richiesta salsa teriyaki e un qualche tipo di pasta dolce per la frutta (come la cannella o zucchero di canna). Ho scelto anche altre cose da usare come base per altri cibi, come la polpa di granchio, carne di pollo e tonno (ovviamente sempre sottoforma di pasta in sacchetto). L’obiettivo é di provare a “cucinare” ottenendo nuovi sapori in modo da spezzare il ritmo.

Ho fatto diversi esperimenti di cottura, ma li spiegherò in dettaglio più avanti altrimenti andremmo per le lunghe, comunque gli esperimenti sono stati graditi (almeno così dicono i miei colleghi qui a bordo). Un’altra cosa che ho imparato da Peggy era come preparare un arrosto usando il fornetto russo (anche se in realtà si tratta di un riscaldatore per cibo in scatola). Con il recente arrivo del cargo Progress ho avuto modo di avere sottomano alimenti freschi come cipolle e aglio, che ho potuto combinare con gli alimenti provenienti dal mio contenitore personale. Ho quindi creato un mix che ho circoscritto e alla fine rinchiuso in un foglio/cartoccio di alluminio dopo un’ultima spruzzata (in microgravità é un modo di dire) di olio di oliva. Ho infilato il pacchetto così creato nel fornetto che però funziona per un massimo di 30 minuti per poi spegnersi automaticamente, pertanto se si desidera un periodo di cottura più lungo bisogna ricordarsi di riaccenderlo.
Quindi per cucinare cipolla e aglio con una temperatura non troppo elevata, servono qualcosa come 4-5 cicli, ma alla fine ho ottenuto un ottimo mix di condimento che ho usato con il tonno in due modi: uno con il mix e la mostarda di miele e l’altro con zenzero e mayo. Ho provato anche a creare una specie di pollo all’italiana partendo da un preparato di carne russa ma non ha funzionato così bene, dal momento che il forte sapore di carne ha sopraffatto qualsiasi altra cosa. Farò sicuramente qualche altro tentativo ma questa volta usando della pasta di pollo in sacchetto. Per lo scorso Natale sono riuscita a preparare delle “bistecche” di tonno grigliate (sempre in sacchetto) insaporendole con limone, pasta di aglio ed una piccola quantità di pasta di zenzero. Ho provato anche a fare un insalata russa di granchio (dalla polpa di granchio del mio contenitore personale) con granoturco e uova (va be, le uova in realtà non le ho certo cotte in acqua, ma ho dovuto reidratare uno dei sacchetti di uova strapazzate). Fino ad ora gli esperimenti sono stati di questo tipo, ma ho ancora altre idee interessanti. La prossima volta scriverò di più sul come cucinare nello Spazio, e su come fare le varie preparazioni dal momento che non si può mettere giù niente, nel senso che proprio manca la gravità per appoggiare ciotole ed eseguire le classiche manovre che si fanno in cucina."

… to be continued.

fonte: www.nasa.gov

Qui sotto Sandra tra i “fornelli” della ISS…


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Bello, a quando il seguito?