L-144: Il nostro addestramento alle emergenze in sei della Expedition 42

Mi viene da chiedermi, fatto 100 il tempo di addestramento complessivo di un astronauta “medio”, quanta parte sia dedicata alla gestione degli imprevisti. Penso che sia preponderante.

Preponderante come tempo forse no, ma credo che la capacità di gestire gli imprevisti sia essenziale.

Assolutamente. Ma prendiamo un rientro con la soyuz: se tutto va come deve, ci sarà si e no una dozzina di bottoni da premere.
E Sam sono anni che si addestra a fronteggiare guasti di tutti i tipi. In un futuro ideale (utopistico?) in cui l’hardware spaziale è diventato molto più affidabile, gli astronauti potranno (potrebbero) addestrarsi molto di più sulla parte scientifica della missione. E’ questo che intendevo.

Non credo.

La grossa differenza è che su cose come gli esperimenti o le manutenzioni non fondamentali, gli astronauti si addestrano una sola volta, magari un anno prima della missione. Perché alla fin fine quando poi vanno effettivamente a fare l’esperimento il peggio che può succedere se non ricordano bene l’addestramento è che ci mettono un po’ più tempo del previsto a leggere le procedure e ad eseguirle e quindi bisogna posticipare le attività pianificate dopo.
E quindi per queste cose l’addestramento non ha bisogno di andare nel dettaglio di ogni singola cosa che può andare storta. L’importante è che abbia un’infarinatura generale di cosa deve fare, di che “aspetto” ha l’esperimento, di quali sono gli strumenti da utilizzare. Poi se qualcosa va storto non c’è fretta, possono chiamare terra e da terra gli si può dire come reagire.

Se invece parliamo delle emergenze, il peggio che puó succedere è che l’astronauta muoia. E quindi bisogna essere sicuri al 100% che si ricordi esattamente cosa deve fare, direi anzi che anziché ricordarselo deve eseguirlo quasi macchinalmente, perché il tempo a disposizione non si può estendere il tempo. E credo sia per questo che passano cosí tanto tempo a ripetere questi addestramenti e a simulare questi scenari.
E lo stesso vale per un rientro o un lancio: se qualcosa va storto, l’astronauta deve quasi ricordare a memoria cosa fare, perché non è detto che abbia il tempo di andare a cercare la procedura e di studiarla.
Anzi qui mi correggo: non è neanche l’astronauta singolo che deve ricordare, ma tutto l’equipaggio insieme. Ogni singolo astronauta deve anche ricordare qual’è il suo ruolo nel team e qual’è il ruolo degli altri, come Samantha ha sottolineato.

Ed è per questo che non credo che nel futuro le cose cambieranno. Ci sarà sempre il rischio di un incendio a bordo, ci sarà sempre il rischio di una depressurizzazione, ci sarà sempre il rischio del rilascio di qualche materiale tossico. E quindi ci sarà sempre il bisogno di addestrare gli astronauti per le emergenze…

non so se è strettamente pertinente come esempio.
In una intervista ad Aldrin risalente all’immediato post Apollo 11 (adesso vado a memoria, ma appena torno dal lavoro trovo dove la lessi) ricordo che l’astronauta raccontava che una delle cose più ripetitive che fece era l’uscita dal LEM. poichè lo spazio era angusto e l’operazione doveve essere imarata a memoria.

Quindi è corretto che (sopratutto per la gestione emergenze) vi siano delle operazioni eseguite in modalità automatica, senza doverci pensare neanche un attimo