La supernova, battezzata PTF 11kly, si è verificata nella galassia della Girandola: con i suoi 21 milioni di anni luce di distanza dalla Terra è la più vicina a noi mai osservata
Quella scoperta due giorni fa è una supernova da primato: con i suoi 21 milioni di anni luce di distanza dalla Terra è la più vicina a noi mai osservata. Gli autori dello studio ritengono di averla osservata a poche ore dalla sua esplosione, un evento estremamente raro reso possibile da un survey espressamente dedicato alla loro ricerca come il Palomar Transient Factory (PTF) e da strumenti di calcolo estremamente avanzati.
La supernova, battezzata PTF 11kly, si è verificata nella galassia della Girandola, nota anche come Messier 101 o NGC 5457, situata nella costellazione dell’Orsa Maggiore.
Il survey PTF utilizza un telescopio robotico montato sul telescopio Samuel Oschin dell’Osservatorio del Monte Palomar, nella California del Sud, per scandire il cielo notturno. Una volta effettuale le osservazioni, i dati vengono inviati per l’elaborazione a più di 500 chilometri al National Energy Research Scientific Computing Center (NERSC) tramite l’High Performance Wireless Research and Education Network e l’Energy Sciences Network (ESnet) del Dipartimento dell’energia degli Stati Uniti.
Tre ore dopo l’identificazione automatica dell’evento, i telescopi situati nelle Isole canarie, in Spagna, hanno catturato le caratteristiche “firme spettrali” dell’evento. Dodici ore più tardi, l’evento è stato osservato con una serie di telescopi tra cui il Lick Observatory, in California, e il Keck Observatory, nelle Hawaii, e si è stabilito che la supernova appartiene a una categoria speciale, denominata Ia.
Come sottolinea Peter Nugent, senior scientist del Berkeley Lab che per primo ha visto la supernova, non si era mai riusciti prima a registrare lo spettro di una fase così precoce di una supernova di tipo Ia. Proprio questo primato permettere di osservare gli strati più esterni della supernova e di ricavare così prezione informazioni su tipo di stella esplosa.
“Quando si coglie la supernova in una fase così precoce è possibile osservare frammenti intatti della stella esplosa”, ha commentato Andrew Howell dell’Università della California a Santa Barbara. “Stiamo raccogliendo nuovi indizi per risolvere il mistero dell’origine di queste supernove, che resiste da più di 70 anni. Nonostante l’osservazione di migliaia di supernove, non si era mai trovato nulla di simile”. (fc)
La supernova più vicina | Le Scienze
[I]Supernove tipo Ia
Le supernovae di tipo Ia non contengono elio, e mostrano invece linee di assorbimento del silicio. Si pensa che siano causate dall’esplosione di una nana bianca, che si trova in corrispondenza o molto vicina al limite di Chandrasekhar (1.44 masse solari).
Una possibilità è che la nana bianca fosse in orbita ad una stella moderatamente massiccia. Parte della massa della compagna viene trasferita alla nana bianca, finché questa non arriva al limite di Chandrasekhar. La nana inizia a collassare in una stella di neutroni o in un buco nero, ma l’energia potenziale gravitazionale del collasso e la condizione di alta densità derivante dallo stato degenere della materia della stella innescano una rapida fusione nucleare degli atomi di carbonio e ossigeno rimanenti in un processo a feed-back positivo regolato principalmente dalla temperatura del plasma coinvolto. L’improvviso rilascio di energia produce una potentissima onda d’urto che accelera i prodotti di fusione oltre la velocità di fuga della stella (10000 chilometri al secondo) e per un periodo di circa tre settimane la palla di fuoco mantiene una luminosità straordinaria;[1] la stella viene così fatta a pezzi. Poiché il limite di Chandrasekhar è sempre lo stesso, queste supernovae hanno sempre la stessa energia, ed osservarne una in una galassia distante permette immediatamente di trovarne la distanza esatta. Ciò ha reso queste supernovae indispensabili nella cosmologia, dove il comportamento delle galassie distanti viene studiato per derivare le proprietà dell’Universo nel suo complesso.
Il meccanismo di una semplice nova è simile ma meno drammatico: la materia in eccedenza viene fusa prima che il limite di Chandrasekhar venga raggiunto. La fusione produce quindi abbastanza energia per aumentare drasticamente la luminosità della stella, ma questa sopravvive all’evento.
L’incremento in luminosità della supernova è dato dall’energia liberata nell’esplosione, e durante il tempo piuttosto lungo che occorre perché la luminosità si riduca, la supernova è alimentata principalmente dal decadimento nucleare di nichel e cobalto radioattivo (cobalto-56) in ferro. [/I]
Immagine composita a diverse lunghezze d’onda del resto della Supernova 1572 (la Nova di Tycho), una supernova di tipo Ia osservata nel 1572 dall’astronomo danese Tycho Brahe.