Ciao a tutti!
Oggi ho scritto un post dedicato alla normale vita di bordo degli astronauti dell’Apollo, considerando e condividendo con voi, queste rare foto di alcuni dipositivi per l’igiene personale. Essi hanno accompagnato la vita di tutti i giorni degli astronauti, aiutandoli ad espletare le proprie necessità fisiologiche, per l’intera durata di una missione lunare.
La foto n°1 visualizza il tubo di aspirazione delle urine. Noto tra gli astronauti come il “tubo del sollievo”, fu introdotto nelle capsule spaziali a partire dalle missioni Gemini. A bordo dell’Apollo ne era presente uno solo. Esso consentiva il raccordo tra il sistema di smaltimento liquami della capsula e l’astronauta. Veniva utilizzato per la minzione e faceva capo ad un’estremità con il dispositivo di contatto anatomico, che per motivi di igiene, era presente in triplice copia sull’Apollo. Al momento del bisogno, doveva essere collegato al sistema di aspirazione urine della capsula (che per la cronaca si trovava nel “comparto delle apparecchiature” alla base della capsula, sotto ai lettini di guida) e successivamente doveva essere posizionato “adeguatamente” dall’altra parte.
Quando questo dispositivo veniva azionato, una pompa a vuoto permetteva di accumulare l’urina in un serbatoio specializzato. Una volta terminata la minzione, l’astronauta azionava il “volantino” di scarico. Questo non faceva altro che invertire il sistema di aspirazione, collegando a sua volta il serbatoio d’accumulo con l’esterno della capsula.
Senza ulteriori dispersioni di energia elettrica, il solo vuoto dello spazio aspirava il contenuto del serbatoio disperdendolo all’esterno da un’apposito ugello. Questa operazione era un momento di gran divertimento, infatti l’urina al contatto con lo spazio ghiacciava immediatamente, dando vita a una nuvola di cristalli lucenti (se illuminati dal Sole), che si disperdevano nello vuoto cosmico a gran velocità. Alcuni astronauti avevano soprannominato le lucine che si generavano “la costellazione di Urione” e, se non erro, fu proprio David Scott durante la missione Apollo 9, a forgiarne il nome.
Le foto n°2 e n°3 visualizzano i contenitori medici di emergenza. Stoccati in un apposito contenitore nel comparto delle apparecchiature, contenevano tutte le medicine di uso quotidiano e/o di emergenza, per ciascun membro dell’equipaggio. Un contenitore simile era presente anche nel LEM. La foto n°2 riporta il contenitore dei farmaci generici. Erano presenti: antibiotici, antinfiammatori, antistaminici, colliri, analgesici, antiemetici (per il mal di spazio), farmaci contro la dissenteria e all’occorrenza, anche tranquillanti e sonniferi. La foto n°3 invece, riporta il contenitore dei farmaci di emergenza, alcuni dei quali iniettabili.
La foto n°4 visualizza invece il sistema dei sensori biomedici, ovvero quei dispositivi che venivano applicati ad ogni astronauta durante la vestizione pre-lancio. Queste sonde erano costituite da: termometri, sensori del battito cardiaco e di pressione. Facevano capo a una sistema elettrico di raccolta dati specifico, che permetteva di elaborarli e spedirli a Terra per mezzo della telemetria di volo. Lo stato di salute di ciascun astronauta quindi, poteva essere monitorato dal medico della sala di controllo di Houston, durante tutto il periodo del volo.
Un sistema di questo genere era presente anche a bordo del LEM. Alcuni astonauti però vedevano questi dispositivi come una “violazione della propria privacy”. Talvolta, infatti, alcuni astronauti che si erano trovati in condizioni di grande tensione o emergenza (soprattutto Apollo 10, 11 e 13), avevano cercato di mascherare questo stato psico-fisico con il tono della voce. Purtroppo però le loro pulsazioni cardiache, trasferirono a Terra, il loro vero stato emotivo, finendo insieme alla telemetria della capsula Apollo, sotto lo sguardo di tutto il mondo. Proprio per questo motivo, gli astronauti vedevano profanato il loro orgoglio di piloti. Il buon senso e le regole ferree del piano di volo però, hanno sempre prevalso su questa rivalsa e i sensori biomedici hanno continuato a volare con l’equipaggio per l’intera durata del programma. Durante le missioni Apollo, ci fu solo un astronauta che si tolse questi dispositivi prima del dovuto: Jim Lovell di Apollo 13. Al contrario di quanto sostiene il film di Ron Award, che vide il gesto come un ammutinamento, Lovell in realtà, dichiarò di esserseli tolti perchè il freddo che si era creato all’interno della capsula in avaria aveva indotto questi dispositivi a prudergli pesantemente. Senza il permesso del controllo missione, l’astronauta se li strappò e li accartoccio nella tasca della tuta di volo. Houston, che se ne accorse immediatamente, chiese a Lovell di delucidarli su questa interruzione improvvisa delle sue trasmissioni biomeiche. Il controllo missione fu però comprensivo nei confronti dell’astronauta, evitandogli una lavata di capo, certamente inevitabile durante una missione normale.
La foto n°5 invece visualizza un contenitore per le feci. Ogni astronauta ne possedeva un kit. Durante il volo, ciascun membro dell’equipaggio, poteva utilizzare questo sacchetto al momento del bisogno e, successivamente, stoccarlo nel “Fecal Collection Assy”. Questo era un dispositivo appositamente allestito nel comparto delle apparecchiature, per lo smaltimento dei rifiuti organici corporei.
Va sottolineata una cosa importante: la NASA, per evitare che un astronauta utilizzasse per sbaglio i dispositivi di igiene personale di un’altro collega, escogitò un sistema pratico che applicò ad ogni oggetto (comprese le razioni di cibo) a bordo dell’astronave, ovvero “l’identificatore colorato”. In poche parole erano stati istituiti tre colori di riferimento, ciascuno per ogni astronauta. Questi erano il blu, il rosso e il bianco, non a caso i tre colori costituenti la bandiera americana.