Link-net

allora eccomi qua per una domandina facile facile, che mi è venuta in mente ascoltando la presentazione di Spacewalker alla Astronauticon2, riguardo alla genesi delle tute dell’X-15. In particolare mi stavo domandando lo scopo e l’utilizzo della Link-net e perchè si è trattato di un elemento fondamentale per migliorare la mobilità dell’astronauta o pilota che l’indossa?

In attesa che ti risponda il nostro guru delle tute, credo di poterti anticipare che l’utilizzo del link-net è fondamentale per evitare che la tuta si gonfi come un palloncino.
Infatti le tute sono pressurizzate “a terra” quindi ad una pressione esterna prossima a quella tipica del livello del mare ma poi, una volta che l’aereo è salito di quota o addirittura andiamo in orbita, la pressione esterna diminuisce e quindi, non contrastando più la pressione della tuta questa si gonfierebbe a dismisura al modo dell’omino Michelin, impedendo all’astronauta i movimenti.

Il tessuto link-net invece fà in modo che la tuta non si espanda nonostante la pressione esterna sia diminuita, permettendo così di mantenere la pressione interna invariata.

Eccomi quà … :wink:
Sono contento che questo argomento abbia suscitato il vostro interesse :smiley:
Avevo avuto modo tempo fa preparando la parte del libro relativa agli apparati pressurizzati per il programma X-15, di collocare temporalmente la nascita del link-net; preparando poi la conferenza sulla tuta MC-2 ho appreso ulteriori informazioni riguardo la sua “invenzione”. Mi piace ricordare che essa nasce dagli studi compiuti da un professore, il Dott. Arthur Iberall e dalla sua teoria sulle “linee di non estensione”. Ad oggi non ci è dato di sapere se effetivamente David Clark sfruttò industrialmente la “scoperta” del Dott. Iberall, senza dubbio ne carpì il principio di base e seppe svilupparlo in modo profiquo. Purtroppo nessuno di questi due grandi personaggi del settore degli apparati pressurizzati è ancora vivo per dirimere questa questione.
Venendo alla domanda di Sivodave, devo dire che Adblues ha già risposto in modo esauriente … :smiley: il grande balzo tecnologico fornito dal Link-net permise e permette tutt’oggi, di impedire che gli apparati una volta pressurizzati, possano gonfiarsi in modo spropositato generando tutta una serie di problematiche che ne renderebbero assai difficoltoso l’impiego sul campo. Il link-net funge da contenitore della sacca di pressurizzazione, garantendo comunque una buona mobilità, è discretamente leggero, non presenta parti rigide che possano infastidire chi indossa l’apparato ed è poco ingombrante.
Il Link-net viene oggi impiegato nelle tute ACES (Advanced Crew Escape Suit) S1035 prodotte dalla David Clark per il programma Shuttle. Queste, come la MC-2 per l’X-15, appartengono alla categoria delle tute d’emergenza e vengono pressurizzate solo in caso di perdita di pressurizzazione della cabina o in situazioni di emergenza dichiarata ove vi sia pericolo per la vita dell’equipaggio.
Vorei precisare che queste tute vengono pressurizzate di norma a una pressione che mediamente è un terzo della pressione a livello del mare e che il gas impiegato è ossigeno puro.

Volevo dire solo due parole probabilmente che non portano a nulla ma che vorrei sottolineare.
Dopo la spiegazione di Dario sulla teoria delle “linee di non estensione” a mio umilissimo parere mi è parso… non so trovare le parole giuste… ma una di quelle scoperte miliari, non particolarmente complesse da capire, ma che ti fanno comprendere subito che sia una di quelle cose geniali, semplici e subito efficaci la chiave di volta… non ci sono altre parole, dopo ti viene subito da pensare… ma perchè nessuno ci aveva pensato prima? era lì pronta per essere applicata…
Non so se è un vezzo di “noi” ingegneri, ma è difficile spiegare la sensazione che si prova davanti a soluzioni tecnologiche così “semplici” e fondamentali, che una volta comprese ti fanno esclamare… “quello è un genio!”.
Mi è capitato altre volte con soluzioni tecnologiche diverse… una fra tutte il sistema “rocker boogie” dei rover marziani… forse sono io che ogni tanto viaggio fra le nuvole e che mi brillano gli occhi di fronte ad un differenziale su un rover marziano… ma sono queste soluzioni che ti fanno godere, nel vero senso della parola, quando studi o scopri queste piccole grandi intuizioni tecnologiche.

Chiudo questa parentesi “psico-onirica” che non so se sarà utile a qualcuno… e che probabilemte è talmente contorta da risultare incomprensibile… ma che volevo esporre se mai qualcuno riuscirà a ritrovarsi con le stesse emozioni… :?

Questa idea è un esempio di pensiero laterale.

Paolo Amoroso

A proposito di questo “pensiero laterale” … vi sono tecniche di “problem solving” che lo incorporano a tutto tondo … :wink:

Perfetto ragazzi…i dubbi cominciano a diradarsi. In sostanza quindi la parte della tutta che si gonfia durante la pressurizzazione è vincolata alla link-net, e di conseguenze con la sua rigidità impedisce che la sacca pressurizzata della tuta si gonfi così tanto che l’astronauta sia impossibilitato nei movimenti, giusto? sulla questione se sia stato David Clark il primo o meno ad ideare la link-net, penso che questo sia il classico caso in cui uno è la mente (il Dott. Iberall) e l’altro il braccio (Clark). Il primo ha ideato la soluzione, il secondo ha poi concretamente sviluppato il modello. Questa è poi solo una mia opinione, non conosco la vicenda nei minimi dettagli, quindi posso anche tranquillamente sbagliarmi.

Per quanto riguarda la tua considerazione Albyz, la condivido pienamente!! alle volte basta veramente un niente per cambiare il mondo…Archimede diceva “datemi un punto di appoggio e vi solleverò il mondo”…alle volte le soluzioni più semblici e apparentemente banali sono anche le più efficaci…abituati come siamo che un problema complesso richiede una soluzione complessa, penso che stiamo perdendo il senso pratico delle cose, e anzicchè pensare un attimo che una soluzione apparentemente umile possa essere la chiave di volta per il nostro problema, preferiamo stare giornate davatni al computer a pensare ad un intricato aggeggio che possa risolvere il nostro problema…

davvero hats off per cui riesce a trovare simili trovate geniali!!! :smiley: :smiley:

Una domandina piccola piccola, ma i russi come fanno??
Hanno sviluppato anche loro un qualcosa di simile al link-net??
Oppure??

Per quanto riguarda il nostro Albyz, nessun problema anche io la penso come lui.
Del resto quando andai per la prima volta in ESA, nel lontano 1992 (ancora studente), mi dissero che per la progettazione di un veicolo spaziale dovevo attenermi alla cosidetta “direttiva KISS”, laddove “kiss” non sta per “bacio” e nemmeno per un arcinoto gruppo heavy rock (di cui sono un fan sfegatato), ma stava per “Keep It Simple - Stupid!!”.

Ovvero, le soluzioni più sono semplici e meglio funzionano…

In effetti i russi impiegano una tecnica differente. Per esempio la tuta Berkut impiegata da Leonov per la sua EVA consisteva di 4 strati:

  • strato di contenimento della sacca di pressurizzazione realizzato in nylon ad alta resistenza,
  • 2 sacche di pressurizzazione (primaria e backup) in gomma,
  • fodera interna con sistema di ventilazione
  • rivestimento esterno multistrato isolante.
    Non ho trovato menzione a particolari strati simili a link-net, va però notato che venivano impiegate 2 sacche di pressurizzazione, quindi in sostanza uno strato più resistente a eventuali fenomeni di balloning. Va altresì detto che il problema di performare movimenti senza sforzi eccessivi era più presente in questi apparati.
    Infatti, contrariamente a quanto spesso viene riportato, Leonov ebbe difficoltà a rientrare nell’Airlock in quanto aveva grossi impedimenti ad effettuare piegamenti delle braccia a causa della rigidità della tuta e non perchè questa si gonfiò contro ogni previsione.

Ciao a tutti, una domanda da profana e che spero non si realizzi mai. Ma sono quelle domande che i figli fanno e alla quale noi genitori siamo un pò in imbarazzo a rispondere perchè è vero sono un appassionata di spazio ma le questioni tecniche non le conosco :frowning: Comunque se malauguratamente la tuta subisse un danno irreparabile durante la passeggiata spaziale cosa succederebbe al povero astronauta?
Vi ringrazio in anticipo… e complimenti per la vostra competenza in fatto di tute…
Claudia

Beh, dipende dal tipo di danno. In genere vi sono dei sistemi di tipo passivo che permettono la sopravvivenza dell’astronauta per il tempo necessario (un certo numero “n” di minuti) per ritornare all’airlock ed è per questo che tutte le “passeggiate spaziali” sono progettate in modo che in ogni momento dell’attività l’astronauta non sia a più di “n” minuti dall’airlock.
Ovvio che il problema più temuto è la lacerazione della tuta o la sua perforazione da parte di un MMOD (micro meteorite o detrito orbitale). In questo caso si attiva un serbatoio di ossigeno ad alta pressione che “spinge” nella tuta compensando la perdita fino ad un massimo (mi pare) di 30 minuti.

Spacewalker potrà sicuramente correggere le eventuali cavolate che potrei avere scritto…

In linea di massima, se si verifica un danno minimo ad un componente della tuta, vedi per esempio uno piccolo strappo ad un guanto come è accaduto qualche tempo fa durante una EVA sulla ISS, se ne valuta l’entità e si verifica il coefficiente di perdita dell’apparato stesso; se i coefficienti di perdita risultano fuori specifica l’EVA viene abortita per evitare rischi inutili al’astronauta. L’ossigeno d’emergenza permette circa 30 minuti di autonomia, sufficienti a garantire un rientro sicuro nell’Airlock nel caso di incidenti che causino perdite di pressurizzazione come quello citato. Nel caso menzionato riferito a quanto accaduto a Robert ‘Beamer’ Curbeam, addirittura ci si accorse del problema termita l’EVA.
Ben altra cosa è il verificarsi di un taglio o un foro che causi una veloce decompressione, detta anche"esplosiva", tale che neanche il sistema d’emergenza possa compensare. In questo caso il rischio di morte è veramente molto alto … anche se le possibilità di sopravvivenza danno qualche speranza al malcapitato.
Se interessa ho alcuni link che parlano in modo approfondito di questo argomento.

Quanto ci vuole per pressurizzare l’airlock?

Paolo Amoroso

Se ricordo bene ci vogliono 15 minuti.

Però appena arrivati se anche le riserve di 30min sono esauriti ci si può subito collegare all’impianto della ISS tramite i cordoni ombelicali, giusto?