L'ultima chance per i termici spaziali: gli heat pipes

Molti di voi avranno già sentito il termine “heat pipe” in qualche studio di missione, in qualche rassegna di caratteristiche del sistema di controllo termico di un veicolo spaziale. Ma forse è il caso di proporre sul forum quello che viene definito spesso, dagli ingegneri del sottosistema termico, un vero e proprio jolly.

Gli heat pipes sono letteralmente dei tubi di calore, ossia dei tubi completamente chiusi, riempiti di uno speciale fluido capace di trasportare energia termica da un’estremità, dove c’è eccesso di calore (ad esempio vicino all’elettronica) ad un’altra estremità (ad esempio vicino ad un radiatore che dissipa energia irradiando verso lo spazio profondo).

Il funzionamento è semplice e geniale: il tubo di vapore è tenuto, al suo interno, ad una pressione pressochè costante: il fluido (fluido criogenico, acqua, freon…), che riceve potenza termica nella zona calda, evapora e percorre il tubo sotto forma di vapore verso la zona a temperatura minore e, raggiunta questa, condensa, avendo trasportato calore in questa estremità. Attraverso poi una struttura porosa che riveste internamente il tubo, il fluido condensato ritorna, per capillarità, nella zona di evaporazione. La struttura porosa è necessaria, nelle applicazioni spaziali, poichè la condensa non può tornare nella zona di evaporazione per gravità, come farebbe sulla terra.

E’ chiaro come questa scelta possa essere un jolly per un tecnico: il suo elevato range termico, da 4 a 2300 K (ossia da -269 a circa 2000°C) lo rende adatto in pressochè ogni situazione operativa, mentre il suo effetto è quello di trasportare calore diversi ordini di grandezza maggiore rispetto ad un semplice collegamento metallico per conduzione.

Da ultimo: perchè gli heat pipes sono l’ultima chance nel progetto di un sottosistema termico? Perchè solitamente, quando si compone un bilancio termico nelle situazioni di caso caldo (hot case=sole, elettronica a regime) e caso freddo (cold case=eclisse, stand by) può essere necessario trasportare con maggiore efficienza potenza termica, oppure potrebbe rendersi necessario, durante la fase B, nuova capacità di dissipazione del calore: è proprio in questi casi che gli heat pipes, con sezioni anche dell’ordine inferiore a pochi millimetri, costituiscono la soluzione al problema per il funzionamento di molti satelliti. Ciò non toglie che le potenze da dissipare siano talmente grandi da prevedere da subito l’utilizzo di tubi di calore e radiatori, dall’inizio del progetto del sistema.

Funzionamento ed esempi.


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sono davvero dei jolly. Durante il corso di Analisi Termica il professore ci ha fatto provare la loro efficacia: abbiamo preso un the alle macchinette e vi abbiamo inserito per metà lunghezza un heat pipe e un tubo di rame (che è un ottimo conduttore). Vi dico solo che la farte esterna dell’heat pipe era intoccabile da quanto era calda…fantastico

Attualmente sono in fase di studio presso il MARS e dovrebbero culminare in un’unità imbarcata su di un satellite ESA.

Il processore del payload di StratoSpera ne avrebbe bisogno, collegati ad un buon radiatore…
I primi test di ieri in funzionamento fanless hanno dato qualche grattacapo.

Oh my God…

I radiatori dei satelliti, a che temperature di esercizio lavorano?