Missioni scientifiche o esplorazioe umana dello spazio?

Nel numero odierno di The Space Review, segnalo un buon articolo che approfondisce la vexata questio:
http://www.thespacereview.com/article/652/1

Marco…almeno un riassuntino potevi farlo in italiano!
Vuoi che ci pensi io?
:smiley: :smiley: :smiley: :smiley:
Mentre cerco di far visualizzare le pagine come le ho fatte!!! :twisted:

Marco...almeno un riassuntino potevi farlo in italiano! Vuoi che ci pensi io? :smiley: :smiley: :smiley: :smiley: Mentre cerco di far visualizzare le pagine come le ho fatte!!!! :twisted:

Si Lady hai ragione…
Purtroppo stamane ho avuto davvero zero tempo per una pletora di impegni :roll_eyes:
Comunque, se puoi farlo tu sarà cosa utile e apprezzata :-({|=

Articoli interessante. Si ripropone di nuovo il solito dilemma se è meglio esplorare lo spazio con le sonde automatiche o con la presenza dell’uomo. I fondi assegnati per l’anno prossimo alla ricerca spaziale, sembrano indicare che il congresso americano preferisca la prima opzione…certo costa meno ed è meno pericolosa, non si perdono astronauti se una sonda si schianta su Marte. Ma l’esplorazione umana dello spazion non è uno optional, tutte e due le cose servono e devono poter procedere di pari passo.

Prendiamo ad esempio l’esplorazione di un pianeta: con una sonda è molto facile poter studiare il campo magnetico di Marte, o con un rover andar a spasso per un altopiano, ma si tratta di esplorazioni o osservazioni generali. Se vogliamo studiare in maniera approfondita MArte serviranno degli uomini che addestrati in maniera opportuna sappiano, ad esempio, saper riconoscere un particolare tipo di roccia rispetto ad un altra e quindi ne riconoscano l’importanza di studiarla; oppure sempre grazie alla presenza dell’uomo è possibile eseguire analisi approfondite dei campioni raccolti e soprattutto rispondere a quesiti nuovi che inevitabilmente usciranno fuori. Ma non solo: lo studio sul campo condotto da uomini, permette di eseguire una ricerca più proficua, purificata da dati ridondati o comunque non importanti. Si tenga poi conto che l’analisi dei dati non è immediata quindi occorre qualcuno che sia in grado di formulare teorie, modelli e poi di scoprire finalmente qualcosa.

Pensiamo poi alla presenza indispesabile dell’uomo per effettuare riparazioni, soprattutto complesse di satelliti o altre strutture. Il miglior esempio al riguardo è, ovviamente, l’Hubble…satelliti, telescopi orbitanti, sono costruiti con sistemi ridondanti, ma anche quando questi falliscono, l’uomo si rende a dir poco indespensabile!!! Ricordiamo poi che solo l’uomo ha la flessibilità mentale necessaria per affrontare situazioni di emergenza che escono dagli schemi: una macchina può avere un certo grado di capacità di autoriparsi, si può aggiornare il software ma niente di più, ponendo così un limite allo svolgimento della missione.

comunque anche satelliti e sonde automatiche sono necessarie…soprattutto in vista di un esplorazione plenetaria serviranno come apripista per capire meglio il luogo dell’atterraggio o comunque per capire meglio il posto dove si sta andando. E poi ovviamente senza sonde non saremmo mai andati su Giove, Saturno, Urano, Nettuno e fra un po’ su Plutone!!

Insomma servono entrambe le cose…ognuna serve per uno scopo ben preciso che non possiamo pensare di far compiere all’altra parte!!! Riusciranno a capirlo la comunità scientifica, la pubblica opinione e soprattutto i governi???

Eh, non importa come la tiri o la sistemi, la coperta è sempre troppo corta :frowning:
Penso, come ho già scritto in vari thread, che sia opportuno rivedere un pò tutta la filosofia di fondo dell’astronautica odierna, ricalcando gli “usi e costumi” proprio dei team che organizzano missioni esplorative automatiche.
Mi spiego meglio: dietro ogni sonda c’è un team di ricercatori, spesso internazionale, che realizza un progetto sulla base di una precisa idea, di un obiettivo scientifico ben definito ed utile a portare un mattone nelle conoscenze astronomiche, astrofisiche o planetarie. Definita la “domanda di fondo”, si dà inizio alla costruzione del satellite e a tutta la parte legata alla scelta della piattaforma, degli strumenti scientifici e del lanciatore. Insomma, un approccio “mission driven”.
Con l’esplorazione umana dello spazio invece, a mio parere, le cose sono capovolte: c’è questo inseguire l’ideale dell’impresa spaziale “generica”, senza un preciso bisogno da soddisfare a livello scientifico. Pensate alla ISS e a quali siano oggi i motivi di completarla. Diciamo che si va avanti più per gli accordi con i vari partner più che per realizzare un’apparato necessario a soddisfare la domanda di ricerca di università o aziende.
Con lo shuttle è lo stesso: capisco perfettamente il bisogno di non perdere la preminenza delle tecnologie spaziali da parte degli amici Statiunitensi, e di tutelare centinaia di migliaia di posti di lavoro, per carità, però non posso non pensare, con un certo rammarico, che nonostante l’enorme costo da sostenere per realizzare e lanciare mezzi spaziali abitati, non vi siano reali ritorni scientifici nè, più filosoficamente, miglioramenti tangibili che ricadano sull’umanità.
Nel campo dell’esplorazione umana dello spazio, ad oggi prima si costruisce il mezzo, poi gli si confezionano intorno missioni su misura, che possano giustificare gli enormi investimenti sostenuti.
Insomma, un approccio “spacecraft driven” o, più cinicamente, “lobby driven”.