Raccolgo l’invito del nostro buon Admin e vorrei spendere due parole sul discorso dell’atterraggio.
Inizialmente uno dei requisiti dell’ESAS era l’atterraggio (una premiere per gli Stati Uniti) sul territorio americano, per la precisione nel deserto del Nevada.
La decisione era senz’altro sensata sia da un punto di vista economico (minor costo delle squadre di recupero: pochi elicotteri vs un’intera flotta composta da almeno 1 portaerei più relative navi di appoggio - cacciamine, cacciatorpediniere ed almeno un paio di sottomarini d’attacco a propulsione nucleare), e da un punto di vista tecnico (considerando la recuperabilità della capsula che non è compatibile con un contatto con il corrosivo ambiente marino).
A tal scopo la capsula Orion era, ed è tuttora, equipaggiata con una serie di airbag (così come la capsula Mercury in passato).
Inizialmente si era anche considerato di rallentare la capsula a mezzo di razzi frenanti (così come i russi fanno - da sempre - con le Voskhod, Soyuz e TKS, nonché i cinesi con le Shenzhou).
A quanto pare, ultimamente, la NASA ha riveduto (almeno in parte) questa, a mio avviso saggia, decisione.
I motivi sono, a mio avviso duplici:
- Una motivazione di aerotermodinamica, dovuta al fatto che la traiettoria che consente un rientro sul territorio americano (rispetto alla vastità dell’Oceano Pacifico) è molto più “stretta” del dovuto, ossia si dispone di un corridoio di rientro dalla Luna eccessivamente esiguo.
- Il peso aggiuntivo dovuto ai retrorazzi è incompatibile con l’attuale decisione della NASA di ridurre, al massimo possibile, il peso dell’Orion.
Il problema va ricercato, evidentemente, non tanto nella capsula in sé quanto nel suo lanciatore.
Il fatto è che l’Ares 1, ancora sulla carta, sta dimostrando un rateo di crescita (nel senso di capacità di lancio del payload) basso, questo si traduce nella necessità di far pesare il meno possibile il suo carico, in questo caso rappresentato proprio (ed unicamente) dall’Orion.
Premesso che non possiamo “buttare” l’Ares 1 (invero ancora non nato) è chiaro che l’Orion ne paga le conseguenze in termini di design (vedere la rimozione delle pannellature protettive e lo spostamento dei pannelli solari nel modulo di servizio) e prestazioni (rinuncia all’atterraggio).
Cosa si può fare?? In una situazione del genere ben poco, ossia siamo di fronte a due sistemi (Ares 1 ed Orion) progettati senz’altro in parallelo ed interconnessi tra loro. Da un lato il team di Ares preme affiché la capsula pesi il meno possibile e dall’altro il team di Orion sta, senz’altro, lottando per cercare di svilire al minimo possibile le prestazioni del proprio mezzo.
In origine, aldilà della configurazione “simil-Apollo” (da me sempre contestata), l’Orion sembrava offrire degli spunti innovativi rispetto ai precedenti progetti di capsule della NASA, proviamo a riassumerli:
- un equipaggio di 4/6 astronauti
- riutilizzabilità del modulo di comando
- avionica avanzata (ereditata dal Boeing 787)
- capacità di autodocking (come Soyuz, Progress e ATV)
- capacità di permanenza prolungata in orbita lunare
- capacità di autonomia di volo rispetto all’equipaggio (ossia possibilità di effettuare missioni completamente automatiche)
- atterraggio vs ammaraggio
- numero di g contenuti sia al rientro che all’atterraggio
Quanti di questi requisiti saranno ancora soddisfatti?
Difficile dirlo.
Se “vince” il team dell’Ares 1 allora l’Orion nascerà sicuramente con delle prestazioni “decurtate” rispetto a quanto richiesto dall’ESAS. Viceversa se “vince” il team dell’Orion, allora si dovrà riprogettare l’Ares 1 per venire incontro alla esigenze progettuali, oppure (caso improbabile) mettere mano ad un vettore commerciale opportunamente modificato (che ancora non c’è).
Quindi il peso è senz’altro l’elemento “chiave” del progetto Orion, e questo è un fatto oggettivo ed incontrovertibile.