Paracadute delle capsule americane

Il sito https://chutes.nl/ offre una interessante panoramica dei vari tipi di paracadute in uso, sia per i sistemi manned che per quelli unmmaned. In particolare riporta un’accattivante grafica che mette sullo stesso piano (ed alla stessa scala) tutti i paracadute impiegati dalle varie capsule della NASA, vecchie e nuove:

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Sorprendente constatare come due capsule apparentemente simili, con scopi di missione analoghi, abbiano paracadute principale e pilota diversi per dimensione. Mi sto riferendo ovviamente a Dragon 2 e CST-100 Starliner. Di Orion era prevedibile, un effetto vela maggiore considerando gli ingombri, massa e la velocità della capsula al rientro. Il salto con la più piccola Apollo è notevole!

Presumo che Starliner “buttando” il modulo di servizio diventi molto più leggera di Dragon che viene “riciclata” per intero. E questo spiega perché Orion, che ha una filosofia uguale a Starliner, abbia un paracadute simile a Dragon

Esatto Orion ha una filosofia uguale a quella di Starliner: entrambe hanno un modulo di servizio “a perdere” mentre recuperano (ed eventualmente riutilizzano) il modulo di rientro, solo che quello di Orion pesa di più (10.400 kg mentre tutta Starliner pesa circa 13.000 kg).

Solo Dragon ha il “trunk” ovvero un elemento strutturale a perdere il quale ospita anche pannelli solari e radiatori (nonché il payload non pressurizzato), mentre il modulo di rientro contiene i motori e la maggior parte dei sottosistemi.

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anche 8 metri di paracadute per l’astronauta Gemini non è un valore da poco; sarò profondamente ignorante, per questo chiedo, ma il paracadute era collegato al seggiolino oppure al solo astronauta?

No, il sedile non disponeva di alcun paracadute.

La sequenza di launch abort con il sedile eiettabile della Gemini era una faccenda abbastanza complessa.

Il sedile eiettabile (che si poteva utilizzare anche durante la fase di ammaraggio, in caso di problemi al paracadute delle Gemini) veniva azionato da una batteria di razzi, dopodiché l’astronauta si sganciava automaticamente e si dispiegava uno speciale pallone stabilizzatore (chiamato “ballute” ovvero balloon+parachute) che aiutava il corretto dispiegamento del paracadute dell’astronauta nonché del rilascio del pacco di sopravvivenza, incluso un battellino gonfiabile.

Il tutto può essere riassunto nella seguente sequenenza (immagine di fonte NASA):

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