Quanto segue e’ un sunto di (quel che ho capito di ) un articolo di SciAm relativo alla propulsione cosiddetta “elettrica”.
In pratica si parla del suo passato, presente e futuro. Spero che possa essere utile.
Una premessa: la propulsione al plasma ottiene la spinta propulsiva accelerando ad altissime velocita’ un “plasma”, ovvero un gas composto da atomi o molecole con una carica elettrica (= ionizzato). La ionizzazione si ottiene fornendo energia al gas, ad esempio irrorandolo con microonde o sottoponendolo a forti campi elettrici. L’energia immessa permette agli elettroni di sfuggire ai nuclei atomici/molecolari, lasciandoli con una carica positiva in eccesso, mentre gli elettroni stessi sono liberi di muoversi nel mezzo ionizzato, che diventa un eccellente conduttore (per conferma, chiedere all’equipaggio di Apollo 12).
A questo punto, e’ relativamente facile manipolare le particelle cariche con opportuni campi elettrici o elettromagnetici per costringerle a muoversi in una certa direzione a forte velocita’, e derivarne quindi una spinta propulsiva in senso opposto. I campi richiesti vengono generati usando elettrodi, magneti, per induzione con antenne esterne, o ancora facendo passare correnti elettriche direttamente nel plasma.
L’energia necessaria viene da pannelli solari o (nel caso di missioni deep space) da dispositivi termoelettrici alimentati dal calore di sostanze radioattive in decadimento. In futuro, potrebbero essere usati veri reattori a fissione o (chissa’…) a fusione.
Le spinte ottenute sono dell’ordine di frazioni di Newton, ma, essendo costanti, permettono col tempo di raggiungere notevolissime velocita’, a fronte del “consumo” di poche decine di kg di massa di reazione.
Il passato: ION DRIVE
Ideato addirittura da Goddard (tra i primi), e’ costituito, in essenza, da un cilindro grosso come un secchio, nel quale viene immesso (in una camera di ionizzazione) del gas di xeno, prelevato dai serbatoi. Nella camera, un campo elettromagnetico strappa gli elettroni allo xeno, creando il plasma. Gli ioni positivi del plasma sono estratti ed accelerati per mezzo di un campo elettrico applicato tra due griglie che fungono da elettrodi: ogni ione positivo e’ soggetto alla forza attrattiva della piastra piu’ a poppa del veicolo, quella caricata negativamente, e viene quindi espulso all’indietro. In questo modo, pero’, gli ioni positivi espulsi lasciano il veicolo con una carica elettrica netta negativa, che va eliminata per evitare che essa ri-attiri gli ioni + del getto, di fatto annullando la spinta.
Per evitare cio’, una fonte esterna di elettroni ( un catodo negativo o un cannone elettronico come quello delle tv a tubi catodici) spara elettroni nel flusso positivo in uscita, per renderlo elettricamente neutro.
Questo e’ il sistema sperimentato con Deep Space 1 ed usato dalla sonda Dawn.
Il limite e’ rappresentato dall’accumularsi, inevitabile, di cariche positive nei pressi della griglia, cosa questa che a lungo andare tende a bloccare la spinta.
Lo stato dell’arte: HALL THRUSTER
Studiato a lungo dai sovietici in base ad un effetto fisico scoperto nel 1879 da Edwin Hall, dottorando alla Johns Hopkins. Hall scopri’ che quando i campi elettrico e magnetico sono messi perpendicolarmente dentro un conduttore, una corrente elettrica (“corrente di Hall”) scorre in una direzione perpendicolare ad entrambi i campi.
Nell’Hall Thruster il plasma viene creato tramite scariche elettriche prodotte tra un anodo positivo interno all’apparecchio ed un catodo negativo esterno ad esso (immaginate un secchio isolante con una bottiglia - l’anodo - al suo interno) . La scarica attraversa un gas neutro all’interno del dispositivo, e lo ionizza. Il plasma ottenuto e’ accelerato fuori dal cilindro sfruttando la forza di Lorentz, che risulta dall’interazione fra un campo magnetico radiale e una corrente elettrica (nel nostro caso, la citata corrente di Hall) che scorra in una “orbita” circolare intorno all’anodo centrale. La corrente di Hall e’ generata dal moto degli elettroni nei campi magnetico ed elettrico.
Questo tipo di propulsore non e’ soggetto all’accumulo di carica, perche’ tutto il plasma (in entrambe le sue componenti + e -) viene accelerato all’indietro. Inoltre, come intuibile, la massa espulsa e’ di molto superiore a quella accelerata dal motore a ioni, e quindi la spinta ottenibile assai piu’ intensa a parita’ di “carburante” impiegato.
Piu’ di 200 satelliti hanno usato questo tipo di spinta per le manovre orbitali, cosi’ come la sonda ESA SMART-1, che e’ arrivata, in economia, sino alla luna.
Il futuro: MPDT
L’idea e’ quella di incrementare ancora la quantita’ di plasma accelerato dall’Hall Thruster. Ma all’aumento della densita’ del gas ionizzato, gli elettroni collidono con maggior frequenza con atomi neutri e ioni, il che impedisce loro di condurre efficacemente la corrente di Hall necessaria all’accelerazione.
La soluzione e’ l’MPDT (magnetoplasmadynamic thruster). Esso consiste in un catodo centrale alloggiato all’interno di un anodo cilindrico. Un gas, di solito di litio, viene pompato nello spazio tra anodo e catodo (“dentro” il cilindro). Qui esso viene ionizzato da una corrente che scorre radialmente dal catodo all’anodo. Detta corrente induce un campo magnetico azimutale (che circonda il catodo centrale) che interagisce con la stessa corrente che lo ha prodotto, producendo la forza di Lorentz che accelera il plasma.
L’efficienza di questo sistema e’ notevole: un MPDT delle dimensioni di un secchio puo’ gestire 1 megawatt di corrente elettrica da destinare alla spinta, e produrre velocita’ di uscita del plasma sino a 60 km/sec.
Un altro vantaggio e’ la possibilita’ di regolare la spinta facilmente intervenendo sul livello di corrente elettrica o sulla quantita’ di propellente immessa.
Sin qui lo sviluppo dell’MPDT era stato frenato da fenomeni di erosione degli elettrodi, ma l’impiego di vapori di litio e bario come propellenti, nonche’ un design innovativo del catodo stesso, hanno permesso di ridurre in modo sostanziale l’erosione, ed oggi e’ in progetto un motore, alimentato da energia nucleare, che permetterebbe missioni umane verso la luna e Marte, o missioni automatiche verso altri pianeti; una di esse ipotizza addirittura di prelevare dei campioni di atmosfera da Titano e riportarli a terra!
Insomma, per chi non ha molta fretta, il plasma e’ la soluzione vincente per l’esplorazione spaziale.