Quel robot ha le mani come quelle di un uomo

Una pelle speciale le rende sensibili. Conoscendo la forma
dell’oggetto da toccare, il computer guiderà l’umanoide
di ELENA DUSI

ROMA - I robot saranno capaci di dare carezze. Alla stretta della loro mano meccanica si sostituirà un tocco gentile, grazie a una “pelle” inventata da due ingegneri dell’università del Nebraska. “Attraverso una pellicola dalle proprietà elettriche particolari, possiamo costruire robot con una sensibilità simile a quella delle mani umane” spiegano Vivek Maheshwari e Ravi Saraf sul numero odierno di Science. E non a dare carezze serviranno i robot dal tocco gentile, bensì ad aiutare i chirurghi in sala operatoria, sviluppando quel campo nuovo della medicina che prende il nome di “chirurgia robotizzata”.

L’utilizzo di bracci meccanici per gli interventi più semplici avviene già da qualche anno. Ha il vantaggio di eliminare il tremolìo della mano del chirurgo e quindi ridurre le dimensioni delle incisioni e accelerare la guarigione. Ma il limite di questi apparecchi, guidati a distanza dal chirurgo-uomo attraverso una console, sta proprio nella ridotta sensibilità al tatto e nella visibilità poco nitida dell’area da operare.

Oggi i robot riescono sia pur parzialmente a interpretare un discorso, sorridere, camminare, giocare a calcio o attraversare un deserto. Ma le loro mani spesso sono l’equivalente di una pinza di ferro. “Allo stato dell’arte - lamenta in un editoriale su Science Richard Crowder dell’università di Southampton - i robot non eguagliano nemmeno le capacità di un bambino di sei anni. Non riuscirebbero neppure ad allacciarsi le scarpe o a costruire un castello di carte”.

La “pelle” realizzata da Maheshwari e Saraf ha proprietà elettriche tali da illuminarsi quando su di essa si esercita una pressione. Tanto maggiore è la forza esercitata, tanto più intensa è la luminescenza. Una sottile telecamera applicata sul retro della pellicola raccoglie e misura l’intensità della luce, traducendola in una mappa nitida dell’oggetto.

Conoscendo la forma e la struttura della superficie da afferrare, il computer incorporato nel robot è in grado di guidare i movimenti della mano. Evitando sia di far scivolare l’oggetto sia di danneggiarlo con una presa troppo stretta.

Oltre alle applicazioni mediche, il robot fine e sensibile potrà essere usato nelle missioni spaziali. Non è un caso che uno degli umanoidi più avanzati sia uscito dai laboratori della Nasa. “Robonaut” è stato progettato in collaborazione con il Dipartimento della difesa statunitense per effettuare missioni rischiose a spasso nel cosmo. Ha 150 sensori su ogni mano e tutti i dati vengono inviati a un computer che funge da sistema nervoso centrale. Ora “Robonaut” potrà diventare abile non solo nell’allacciare scarpe, ma anche nel riparare l’esterno della navicella, usando un cacciavite mentre è sospeso nel vuoto dello spazio.

da La Repubblica on-line