RemoveDEBRIS: il satellite che lancia una rete per catturare i detriti spaziali

Ieri sera il Tg5 gli ha dedicato la copertina. Il succo del messaggio era: “bello, ma bisognerebbe prima pulire il pianeta che lo spazio”. Che dire… sconfortante!

I giornalisti? Belli, ma bisognerebbe prima insegnargli il mestiere.

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Magari non il mestiere del giornalista… me ne vengono in mente diversi più adatti.

Pur non essendo un giornalista, mi permetto di aggiungere il mio “ molto bello, ma…”.
fatico a intravedere una applicazione concretamente utile a diminuire ,in maniera significativa, la quantitĂ  di detriti in orbita utilizzando un sistema di questo tipo.
. Se per ogni detrito dovessimo lanciare un satellite “ cacciatore” , ne occorrerebbero una quantità tale da fare letteralmente impallidire la prevista costellazione di space x .
. Il Delta V impresso dalla sola cattura tramite rete sarebbe poco significante e anche l’eventuale utilizzo di una “ drag sail “ funzionerebbe bene solo per i debris in LEO , che però hanno già tempi di vita orbitale abbastanza brevi.
. La cattura con la rete sembra riuscire a diminuire , ma non ad arrestare , la rotazione dell’ oggetto “ non collaborativo” da rimuovere, rendendo in ogni caso difficile, se non impossibile, l’ aggancio tramite cavo od altro, per poter utilizzare i motori del satellite “ cacciatore “ per deorbitare il detrito.

Comunque almeno è un primo passo verso la ricerca di una soluzione al problema , speriamo ne seguano altri a breve, incluse misure anti proliferazione più stringenti.

Anche tu, guardi il TG5 e poi ti aspetti si sentire commenti intelligenti? :face_with_symbols_over_mouth:

Proprio ieri è uscito il numero di settembre di Orbital Debris Quarterly News, ODQN: https://orbitaldebris.jsc.nasa.gov/quarterly-news/pdfs/odqnv22i3.pdf
La situazione peggiora continuamente, anche perchè si continuano a lanciare oggetti (non solo satelliti, ma motori di apogeo, razzi di ullage, anelli di separazione ecc) che non hanno dispositivi di rientro; in più alcuni di questi tendono ad esplodere dopo qualche anno, frammentandosi, perchè evidentemente il venting dei propellenti rimasti a bordo non ha funzionato, e prima o poi una guarnizione si corrode e arriva il botto. D’accordo con Aster, bella dimostrazione, ma non si capisce bene a cosa serva.

p.s.: piantatela con i commenti sui giornalisti, tanto è inutile.

Vi segnalo anche un articolo di Nature sull’argomento:
https://www.nature.com/articles/d41586-018-06170-1
vi troverete anche una interessante discussione sull’effetto delle risonanze orbitali, che mossono essere sfruttate per far decadere i satelliti relativamente in fretta.

Agreed. :slight_smile:

Da quando la ricerca di base e la sperimentazione devono avere applicazioni immediate, instantanee?

Quella sera La7 non si vedeva…[emoji22]

Approccio intelligente per la cattura di potenzialmente qualsiasi debris, bell’approccio.
Il problema di base che resta sempre è il costo di un ipotetico programma di pulitura: ipotizziamo un tug in grado di prendere al lazo e deorbitare una dozzina di oggetti ed esser rifornito di propellente, reti e arpioni: una piccola squadra già oggi avrebbe lavoro per i secoli a venire. Molti tug al lavoro costerebbero più che pulire gli oceani, e la gente non li vedrebbe al lavoro.

Ma senza pulizia e moderazione, rischiamo di sigillarci dietro uno scudo di schegge impazzite :fearful:

Molto , molto interessante! Grazie per il link

Altro risultato per questo progetto: L’arpione funge

Questa notizia mi ricorda un intervista fatta in una puntata di Astronauticast a degli studenti che testarono una spoletta a gravità zero in una droptower. Non ricordo però l’episodio.