Per quale seconda missione si stava addestrando Gagarin quando morì nell’incidente aereo?
Paolo Amoroso
Per quale seconda missione si stava addestrando Gagarin quando morì nell’incidente aereo?
Paolo Amoroso
Per quale seconda missione si stava addestrando Gagarin quando morì nell'incidente aereo?Paolo Amoroso
Che io sappia per nessuna.
Gagarin era il backup di Komarov nella sfortunata missione Soyuz 1, ma proprio a causa delle critiche che aveva espresso nei confronti del sistema, in quella sfortunata occasione, era stato “messo da parte” in vista di altre missioni di volo.
Aveva ripreso a volare, con un istruttore, visto che la sua qualifica di pilota da caccia era decaduta e quindi si era dovuto riqualificare.
Ciao Paolo e Archipeppe
non lo so se Gagarin non avrebbe più volato anzi personalmente credo di si. Fu rimosso dal corpo dei cosmonauti in quanto considerato eroe e troppo prezioso per motivi propagandistici per esporlo ai rischi di un nuovo volo. E’ vero che pestò i piedi a più di qualcuno per volare ancora ma dopo la morte di Korolev riuscì a rientrare nei ranghi e fu designato come riserva di Komarov per la Soyuz 1. Il piano di volo della Soyuz 1 era lo stesso che poi fu fatto con la Soyuz 4 e 5. Quindi il giorno dopo il lancio della Soyuz 1 sarebbe dovuta partire la Soyuz 2 con EVA e trasferimento di due cosmonauti. Seguendo la rituale tabella di “second back-up” e “prime back-up” dei sovietici, Gagarin avrebbe dovuto volare con la Soyuz 3 o 4 visto che probabilmente (se le cose fossero andate bene con la Soyuz 1) e forse con la 5 avrebbero realizzato il famoso treno cosmico poi fatto con Soyuz 6, 7 e 8 nell’ottobre 1969.
La tragedia di Komarov e il conseguente stop delle missioni, misero a terra Gagarin come tutti gli altri. Gagarin stesso però continuava ad addestrarsi in vista di una eventuale ripresa di voli. Morì insieme al collaudatore Seroghin il 27 marzo del 1968 a bordo di un Mig entrando in scia di un’altro Mig più potente che gli sfrecciò accanto. Fu lo stesso Leonov grande amico di Gagarin (che mi ha raccontato la storia) che fece il riconoscimento dei resti del cosmonauta morto. La Soyuz 3 la prima manned dopo la 2 priva di equipaggio fu fatta volare con Beregovoy nell’ottobre 1968.
Paolo D’Angelo
Gagarin stesso però continuava ad addestrarsi in vista di una eventuale ripresa di voli. Morì insieme al collaudatore Seroghin il 27 marzo del 1968 a bordo di un Mig
Il 27 marzo del 1968 nasceva il sottoscritto…poi dicono le coincidenze…
Yuri Gagarin ed i suoi colleghi cosmonauti, con l’aiuto dei tecnici di Vasilyij Mishin, ultimarono il 9 marzo 1967 un documento composto da dieci pagine, indirizzato ai responsabili politici, in cui erano elencati tutti i difetti riscontrati nella fase di progettazione e successiva realizzazione della nave spaziale Soyuz.
Lo scopo era quello di chiedere un rinvio sulla data presunta della missione Soyuz 1, di cui a ragione si temeva il fallimento.
Il documento, per il tramite di Kostantin Makarov, uno dei responsabili e veterani del KGB ed in passato stretto collaboratore del noto progettista Korolev, finì sulla scrivania di Venyamin Russayev, agente di scorta ed amico personale di Gagarin.
Russayev era già al corrente della grave situazione di incertezza tecnica della missione, avendone già discusso in precedenza con Komarov, il cosmonauta che della Soyuz 1 sarebbe stato il pilota collaudatore.
L’agente del KGB portò il documento ed una lettera di introduzione a Ivan Fadyekin, capo del “Dipartimento Tre”, che si rifiutò di leggerlo e invitò Russayev a consegnare il tutto a Georgij Tsiniev, dirigente notoriamente molto pericoloso del KGB ed amico personale di Brezhnev.
A quel punto Russayev ed il documento comprovante i difetti della Soyuz redatto dai cosmonauti erano già stati teoricamente cestinati…
Tsiniev, che probabilmente era già al corrente dei contenuti della relazione, non aveva minimamente intenzione di infastidire Brezhnev e tanto meno di rischiare il proprio impiego di burocrate in piena carriera. Allora tentò di corrompere Russayev, offrendogli una promozione in cambio del silenzio. Di fronte ad uno sviscerato rifiuto, si limitò di trattenere il documento congedando Russayev.
Gli effetti dell’iniziativa non tardarono a realizzarsi: Fadyekin fu trasferito in un modestissimo ufficio consolare in Iran, Makarov fu licenziato e privato della pensione, infine Russayev fu trasferito in uno sperduto ufficio lontano da Mosca.
Così una parte dei “congiurati” fu messa istantaneamente fuori gioco e la missione Soyuz potè continuare senza alcuna forma di intoppo.
Il 23 aprile 1967 la Soyuz 1 si trovava pronta per il lancio sulla rampa del cosmodromo di Baikonur.
Sia il cosmonauta collaudatore, Vladimir Komarov, che il suo sostituto, Yuri Gagarin, sapevano benissimo che quello sarebbe stato, con ogni probabilità, un volo senza ritorno.
Tsiniev, che probabilmente era già al corrente dei contenuti della relazione, non aveva minimamente intenzione di infastidire Brezhnev e tanto meno di rischiare il proprio impiego di burocrate in piena carriera.
E` probabile che in quel contesto altri avrebbero fatto lo stesso. Ma, con il senno di poi, sembra comunque incredibile che un probabile insuccesso pubblico dell’URSS, come il fallimento di una missione umana con rischi per il pilota, avrebbe infastidito Brezhnev meno di qualche riunione tecnico-amministrativa per rimandarla.
Come reagì Brezhnev all’incidente di Soyuz 1? Cadde qualche testa? Mi riferisco a ciò che accadde dietro le quinte, non alla reazione pubblica.
Grazie per l’interessante resoconto.
Paolo Amoroso
I Cosmonauti erano propio degli eroi.Non solo sfidavano l’ignoto,ma dovevano combattere anche con una dirigenza ottusa e spesso criminale.basti pensare ai tre della Voskhod 1 spediti a scopo puramente propagandistico nello spazio strizzati in una Vostok senza tute,senza torre di salvataggio in cima alla capsula,senza sedili eiettabili.Basti pensare ai rischi corsi dall’equipaggio di Voskhod 2,missione non trasformatisi in tragedia solo per miracolo (e per l’abilità dell’equipaggio).Basti pensare alla risposta sprezzante ed arrogante data a quei Cosmonauti che richiedevano tute pressurizzate lancio/rientro per le Soyuz prima della tragedia annunciata di Soyuz 11:“Chi ha paura non è degno di volare nello spazio”!
Tsiniev, che probabilmente era già al corrente dei contenuti della relazione, non aveva minimamente intenzione di infastidire Brezhnev e tanto meno di rischiare il proprio impiego di burocrate in piena carriera.E` probabile che in quel contesto altri avrebbero fatto lo stesso. Ma, con il senno di poi, sembra comunque incredibile che un probabile insuccesso pubblico dell’URSS, come il fallimento di una missione umana con rischi per il pilota, avrebbe infastidito Brezhnev meno di qualche riunione tecnico-amministrativa per rimandarla.
Come reagì Brezhnev all’incidente di Soyuz 1? Cadde qualche testa? Mi riferisco a ciò che accadde dietro le quinte, non alla reazione pubblica.
Grazie per l’interessante resoconto.
Paolo Amoroso
Morì insieme al collaudatore Seroghin il 27 marzo del 1968 a bordo di un Mig entrando in scia di un'altro Mig più potente che gli sfrecciò accanto. Fu lo stesso Leonov grande amico di Gagarin (che mi ha raccontato la storia) che fece il riconoscimento dei resti del cosmonauta morto.
Alexeij Leonov, nel momento dell’impatto del Mig-15UTI con a bordo Gagarin e Serugin, il 27 marzo del 1968, si trovava sufficientemente vicino al luogo del disastro.
Egli udì due fortissimi botti, intervallati circa un secondo l’uno dall’altro, che gli parvero essere due bang sonici che solitamente si creano allorché un velivolo oltrepassa la barriera del suono.
Ad emetterli non poteva essere stato lo stesso Mig-15UTI, velivolo subsonico, ma qualche altro velivolo oppure, ipotesi più attendibile, una coppia di velivoli supersonici che superando la barriera del suono nelle immediate vicinanze del Mig-15UTI, avrebbero generato due violente onde d’urto che causarono la totale perdita di controllo del velivolo da parte dei due piloti che, in tandem, occupavano l’abitacolo.
Leonov allegò al suo rapporto finale del 1968 le testimonianze di alcune persone che videro un velivolo effettuare una ripidissima “arrampicata” con pieno postbruciatore inserito.
Ai testimoni vennero mostrati alcuni trittici e varie foto di aerei e tutti identificarono il velivolo visto quel giorno con il Sukhoi Su-11 Fishpot:
Vyacheslav Bykovskij, controllore di volo in servizio alla base aerea di Chkalovskij, testimoniò, davanti alla commissione d’inchiesta, di aver visto altri due segnali di ritorno sullo schermo del suo radar e uno di essi, proveniente da est, continuò ad essere osservato per almeno altri due minuti dall’attimo in cui scomparve quello relativo al velivolo di Gagarin e Serugin.
Dopo il disastro, le registrazioni radar e le testimonianze dei controllori di volo vennero segretati…
Il buon Orlandi ha perfettamente ragione…
Di fronte al “muro di gomma” in cui si imbatté Leonov, improvvisatosi investigatore (ce ne sarebbe tanto da scriverci un romanzo sopra…) come non ricordare eventi più “nostrani”, quali il misterioso abbattimento dell’SM 79 su Tobruk, in cui persero la vita tra gli altri il grande Italo Balbo (ideatore delle trasvolate atlantiche) e Nello Quilici (padre del famoso Folco), nonché il disastro di Ustica.
Nel primo caso ha fatto luce un reportage (scritto proprio da Folco Quilici) intitolato “Tobruk 1940” in cui si evince che l’abbattimento fu un mero errore (demolendo così l’ipotesi complottista), mentre il secondo caso putroppo resterà un mistero ancora a lungo…
Il buon Orlandi ha perfettamente ragione....Di fronte al “muro di gomma” in cui si imbatté Leonov, improvvisatosi investigatore (ce ne sarebbe tanto da scriverci un romanzo sopra…) come non ricordare eventi più “nostrani”, quali il misterioso abbattimento dell’SM 79 su Tobruk, in cui persero la vita tra gli altri il grande Italo Balbo (ideatore delle trasvolate atlantiche) e Nello Quilici (padre del famoso Folco), nonché il disastro di Ustica.
…Esatto, Archipeppe… ciò che accadde in quel volo e soprattutto le indagini che ne seguirono richiamano alla memoria diverse e più recenti vicende aviatorie, anche italiane, col loro carico di segretezza, ipocrisia e corruzione.
Solo verso la fine degli anni '90 due autori, Jamie Doran e Piers Bizony, hanno condotto una valida e minuziosa ricerca giornalistica, portando alla luce verità nascoste e ipotesi su quello che sbrigativamente le autorità sovietiche e anche quasi tutta la stampa mondiale si limitò a definire un .