SpaceX Starship e il suo potenziale di rivoluzionare l'accesso allo spazio

Una lunga, ed a mio avviso, interessante analisi delle potenzialità del sistema Starship condotta da Casey Handmere nel suo blog:

L’articolo mette in evidenza, unico tra tanti, quanto ancora non sia stato davvero compreso delle potenzialità intrinseche di Starship, la cosa (che ho trovato illuminante) è che, qualora abbia successo, il sistema Starship consentirebbe di scardinare la regola base dell’astronautica dove la triviale legge del “ogni singolo grammo risparmiato” ha condotto sempre ad avere payload costosi e risicati.

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L’articolo e’ pieno di contenuti ma commentarli tutti qui farebbe esplodere il 3d.

Osservo solo che abbassare il costo di lancio non basta. Gia’ ora sarebbe possibile lanciare decine di telescopi spaziali e di moduli di stazioni spaziali a costi tutto sommato bassi. Eppure non succede. Il prossimo problema dell’astronautica e’ il costo del carico (consumabili a parte), non quello dei lanci.

E anche se i costi di trasporto si azzerassero non si puo’ neanche lasciare tutto all’inziativa privata, commerciale, amatoriale o comunque spontanea e non centralizzata, almeno non per quanto attiene l’orbita terrestre, dato che siamo appena agli albori dello sfruttamento dello spazio e gia’ abbiamo problemi di inquinamento (luminoso) e di traffico, esacerbato dato che i veicoli e i rottami dopo eventuali impatti si muovono con velocita’ relative nell’ordine di svariati km al secondo. Un po’ la cosa va regolata.

Insomma, l’articolo e’ ricco di contenuti ma annuncia il verificarsi di alcune condizioni necessarie ma non sufficienti.

L’insieme delle condizioni necessarie e sufficienti e’ un altro paio di maniche.

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Uno dei punti è proprio abbassare il costo del carico utile, se puoi farlo più pesante e con meno restrizioni allora costerà meno. Anche jwst poteva evitarsi alcuni ripiegamenti se avesse avuto un fairing più grande

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Infatti, payload più pesanti implicano meno stress dal punto di vista dei requisiti, il che implica un minor costo di sviluppo che, di norma, rende i carichi utili scientifici estremamente costosi.

La spiego diversamente, il risparmio di peso induce alla miniaturizzazione la quale fa esplodere i costi.

Guardate, questa cosa ha anche un fondamento storico: agli albori dell’astronautica i russi si potevano permettere payload più grossi e paradossalmente più economici perché avevano a disposizione vettori più potenti di quelli americani.

Senza contare il fatto che requisiti più “rilassati” possono aprire la porta all’impiego di componenti “off the shelves” molto (ma molto) più economici di quelli nativi "spaziali ".

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Se non ricordo male questo era dovuto al fatto che fossero più indietro degli USA sul lato della miniaturizzazione delle testate e i loro sistemi di guida avessero un CEP più elevato, cosa che necessitava quindi di lanciatori decisamente più grossi e prestanti (cioè testate più grosse e pesanti per poter garantire la distruzione del bersaglio).

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Aggiungo anche la mia humble opinion:

Per quanto riguarda il traffico vicino alla Terra: con un costo al kg considerevolmente più basso molti satelliti (non tutti) potranno essere immessi in orbite più alte, sgombre e spaziose. Non avendo stringenti vincoli di peso si potrà equipaggiarli di pannelli solari più grandi, radio più potenti, shermature più spesse, tecnologia più pesante e ridondante.

Anche le tecnologie per la rimozione dei detriti in orbità avranno la possibilità di esprimersi in modi nuovi… c’è davvero tutto da ripensare, una specie di esplosione cambriana di tecnologie spaziali!

Si può aggiungere anche che come ulteriore punto di vista (correggetemi se sbaglio, anche il mio CEP è elevato!) l’aviazione russa non aveva speranze di competere con quella americana per cui i russi scelsero di consegnare i loro ordigni con i missili, la cui tecnologia era per i russi più avanzata. Comunque la si voglia vedere i russi alla fine avevano migliori possibilità di lanciare e infatti iniziarono loro la così detta era spaziale col lancio dello Sputnik 1.

A dire il vero volevano e potevano lanciare qualcosa di più pesante, l’Object D di 1000-1400 kg, contro gli 83.6 di Sputnik 1, ma poi per la fretta (e forse anche per la possibilità che gli americani si allarmassero troppo) decisero di lanciare una semplice radiopalla (chi guardava Big! sa a cosa mi riferisco!).

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No, no no, in orbite piu’ alte i satelliti inattivi e i detriti durano per secoli, oltre ad essere visibili e illuminati per piu’ ore. Almeno in orbite basse in pochi anni i rottami deorbitano naturalmente.

Lo sapevo che mandavo OT il 3d, mi scuso. Che succede se i costi di lancio si azzerano e’ un tema interessante anche se non nuovo.

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Se i costi di lancio si abbattono, si abbattono anche i costi di ripulitura dai detriti e scompare il concetto di satellite inattivo (noi oggi buttiamo una Ferrari quando finisce la benzina lasciandola in mezzo alla strada)
Ma questo non cambia il problema: I telescopi a terra diventeranno presto una reliquia del passato.
È uno dei tanti adattamenti necessari di cui parla l’articolo…

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vero e per quanto riguarda i componenti da scaffale il progresso enorme degli ultimi 10 anni farà sì che l’esperimento di ingenuity apra la strada ad un uso credo massiccio di componenti non radiation hardened.
Con un hardware che occupa alcuni cmq hai a disposizione potenza di calcolo enorme, memoria, i/o e alimentazione. Siamo al punto in cui puoi permetterti di avere 3-4 sistemi totalmente ridondanti ad un costo irrisorio. Al di là delle missioni di durata +decennale in cui probabilmente la statistica darà ancora ragione a elementi progettati ad hoc credo che la maggioranza dell’hardware sarà sempre più composto da elementi standard

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Ma siamo in Bar Spazio o in un thread serio? Mi vengono dei dubbi.

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Perché?
Per te la riduzione dei costi dell’accesso allo Spazio è argomento da bar??

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No, ma mi sembrava tanto OT rispetto al thread principale, e infatti Marco ha spostato il thread.

Certo ed ha fatto bene, ma non certo nella sezione Bar Spazio…:wink:

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Non so da cosa ricavi queste convizioni, che personalmente trovo abbastanza lontane dalla realtà.

Premessa: non includo gli Starlink, il cui costo unitario, per quanto non dichiarato è molto più basso della media, e so che sto sicuramente ignorando vari livelli di complessità, ma tutto questo detto, sarebbe sempre bene provare a ragionare dati alla mano.

Se consideriamo che il costo medio di un satellite per telecomunicazioni varia tra i 100 e i 400 milioni di dollari (non tutti i giorni si lancia qualcosa del valore di un JWST) , allora la componente lancio nel contesto di una missione rappresenta tra il 20 e il 50% del costo totale. Non bazzecole.

Inoltre, a parte il lato economico, ci sono anche considerazioni rispetto al volume relativamente ridotto delle ogive oggi esistenti e il carico utile massimo trasportabile per lancio. Questi sono fattori tecnicamente limitanti a prescindere dal costo del lancio. Per tornare al JWST, pensate che diavolo di origami hanno dovuto inventarsi per far satare il telescopio in una delle ogive comunque più grandi del mercato.

Insomma, lungi da me beatificare Starship/BFR, per il quale un mercato sostenibile rimane tutto da vedere, ma di fatto, ha le potenzialità a mio parere eccezionali per sollevare carichi importanti per peso e dimensioni a una frazione (1/10?) del costo di oggi.
E se la scommessa di Musk avesse successo (è un grosso SE, non solo tecnico), la strada dei lanciatori Super Heavy non è certo una esclusiva di SpaceX…

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Il costo della realizzazione di un telescopio spaziale è solo una parte che non comprende i costi della gestione dello strumento. A differenza di un satellite per telecomunicazioni come Starlink, un osservatorio orbitante richiede una vasta e complessa combinazione di personale specializzato (ingegneri e scienziati), infrastrutture di acquisizione e distribuzione dei dati, sistemi di raccolta e gestione delle richieste di osservazione dalla comunità scientifica, ecc.

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Se Starship diventerà realtà ( io incrocio le dita,ma è ancora un “se”),non c’è dubbio che sarà una autentica rivoluzione.
Una rivoluzione che però riguarderà sopratutto l’accesso alla luna o la possibilità di realizzare stazioni spaziali.
Di certo se il sogno di Musk si realizzerà ci sarà un prima ed un dopo nell’esplorazione dello spazio.

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Ma non e’ lo stesso con i grandi osservatori terrestri?

In parte sì. Ma cosa c’entrano i telescopi terrestri con l’affermazione “Gia’ ora sarebbe possibile lanciare decine di telescopi spaziali […]” (enfasi mia) e il resto del post sui ritmi dei lanci spaziali a cui mi riferivo?

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Ho lasciato troppo sottointeso e forse ho interpretato male le tue obiezioni.

A mio avviso, se non vengono lanciati innumerevoli telescopi spaziali non dipende dal costo che c’e’ oltre alla mera costruzione del telescopio stesso, che sono gli stessi di qualunque osservatorio terrestre (gestione), ma dal fatto che (visto con JWST) dimensioni del fairing e peso trasportabile dal lanciatore obbligano ad adottare soluzioni tecnologiche troppo estreme e di conseguenza costose.

Un costo del lancio ridotto, grazie alla completa riutilizzabilita’ del lanciatore, piu’ peso massimo lanciabile e dimensioni del fairing maggiori, permetterebbero soluzioni tecnologiche meno estreme e quindi, probabilmente, costi inferiori dei telescopi spaziali, che potrebbero diventare alla portata di Istituzioni meno ricche di quelle che attualmente possono permetterseli.

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Ma mi sono accorto solo io che il valore aggiunto dell’articolo in origine di questo 3d è che proprio questo è cosa grave e negativa?

Perdere la necessità di confezionare payload dalle prestazioni estreme significa dismettere l’industria che li fa (una parte importante almeno), l’addestramento dei sui tecnici e la ricaduta innovativa della ricerca collegata; così come chiuso il programma Apollo si è persa la capacità di fare Saturn V.

Certo le vecchie industrie dello spazio potrebbero cercarsi nuovi obbiettivi che sfidino e mantengano le loro capacità ma proprio questo pare a l’articolista non venire messo in essere.

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