Ciao Jmac … non capisco dove tu voglia arrivare …
Chi l’ha detto che nelle comunicazioni dell’Apollo con la Terra nessun astronauta ha mai parlato del cielo stellato visibile dallo spazio o dalla superficie lunare? Le comunicazioni radio ne sono piene, basta leggere l’Apollo Flight Journal per rendersene conto. Tanto per iniziare le correzioni di rotta da e per la Luna, ma anche quelle effettuate in orbita lunare o terrestre, richiedevano continuamente agli equipaggi di rintracciarle per allineare le piattaforme di guida delle navicelle (leggi: Apollo attraverso il sestante e il telescopio di bordo, e il LEM attraverso l’AOT). Molto spesso gli equipaggi ricercavano le stelle anche a occhio nudo, descrivendo le costellazioni visibili dai finestrini e l’aspetto della Via Lattea. Famosa, è anche la descrizione del cielo stellato visibile dal Modulo di Comando di Apollo 15, quando Al Worden in un’intervista rilasciata dopo il suo ritorno dalla missione, descrisse la gioia che provava quando nella navicella, durante il poco tempo libero disponibile, sorvolava il cono d’ombra lunare, al riparo dal riverbero terrestre e solare. Sue le seguenti parole:
I passaggi sul lato esterno dell’orbita lunare offrirono ai piloti dei Moduli di Comando la possibilità di un incontro straordinario non solo con la Luna, ma con l’intero universo, nei minuti in cui il modulo attraversava la notte lunare. All’esterno il cielo era cosparso di fiamme celestiali: questa vista mi ha fatto cambiare del tutto la concezione del cosmo. “Spengo le luci all’interno della cabina, e osservo dal finestrino il resto dell’Universo: mi rendo conto allora che là fuori c’è molto di più di quello che io abbia mai immaginato, perché le stelle che si vedono, sono ben più numerose”. (Citazione presente nel capitolo: “Lontani dalla Terra” del libro “Luna” di Michael Light.)
Altra descrizione del cielo visibile fuori dai finestrini dell’Apollo e immancabilmente visionabile dagli equipaggi, ne puoi trovi a bizzeffe anche nel libro “Lost Moon” di Jim Lovell, dove molto spesso gli astronauti si trovavano a dover scrutare l’esterno del modulo alla ricerca delle stelle, sia prima che dopo l’incidente.
Per quanto concerne quelle visibili dalla superficie lunare, gli astronauti hanno ripetuto più volte durante le interviste rilasciate dopo la missione, che per osservarle dovevano faticare non poco. Non solo perché quelle visibili sul loro piano di veduta (i 360° prossimi all’orizzonte) erano per lo più occultate dal riverbero del Sole o dalla Luna stessa, ma anche quelle presenti allo zenit, in parte visibili, richiedevano all’astronauta, indossante l’ingombrante tuta a pressione, uno sforzo notevole per piegare il busto e guardare in su. L’angolo di visione alta, infatti, era fortemente limitato sia dal lungo zaino che portavano sulle spalle (PLSS), che dal doppio casco indossato durante le passeggiate lunari. L’angolo di veduta che offriva quest’ultimo, infatti, era limitato fortemente dal fatto che gli occhi dell’astronauta, non sporgevano esattamente sul foro di uscita dei caschi ma erano posizionati di molto all’interno. La visiera dorata, poi, si comportava con un efficace “mono-occhiale da Sole” limitando fortemente la quantità di luce che raggiungeva gli occhi dell’astronauta. A quest’ultimi non era permesso alzarla, almeno non lo era per gran parte delle fasi d’esplorazione della superficie. Famosi, infatti, sono i continui rimproveri di Houston all’astronauta Jack Schmitt di Apollo 17, che per vedere meglio le rocce che si prestava a catalogare, la sollevava di continuo. I rischi per gli occhi in quegli istanti, infatti, erano molto elevati, non solo per l’esposizione ai raggi ultravioletti del Sole (che erano comunque filtrati in gran parte dai vetri del casco), ma soprattutto per l’esposizione al flusso secondario di particelle subatomiche che li circondavano, provocato dai raggi cosmici che impattavano incessantemente la superficie lunare e si disperdevano tutt’attorno.
L’idea di come le stelle e la Via Lattea si potessero vedere bene dalla superficie lunare però, naturalmente mettendosi rigorosamente all’ombra del LEM, ce la fornisce John Joung di Apollo 16, quando una volta giunto sulla superficie lunare, dispiegò dall’ALSEP il famoso e unico telescopio catadiottrico con macchina fotografica UV portata sulla Luna. Questa attrezzatura permise di scattare foto della Terra, delle stelle e della Via Lattea visibili dal nostro satellite naturale.
Come vedi, basta fare una ricerca (anche non troppo accurata) nel materiale disponibile sull’Apollo, per sfatare subito ogni dubbio o incertezza.