L’opera di Paolo da un lato mi fa pensare tutto il bene possibile di gente volenterosa che per un compenso molto ridotto per lo sforzo profuso (libri del genere non vendo di sicuro centinaia di migliaia di copie e richiedono anni di ricerche certosine per essere scritti come dimostra l’immensa bibliografia che Paolo allega alle sue opere) dall’altro mi fa venire una rabbia pazzesca nei confronti delle varie agenzie spaziali che profumatamente pagate dal contribuente americano, europeo, russo-sovietico (in particolar modo questo) si guardano bene dal raccogliere e divulgare gratuitamente presso il grande pubblico informazioni tecnico scientifiche sul loro operato (ovviamente con mezzi divulgativi non con rapporti che per essere ben compresi richiedono la laurea in ingegneria aerospaziale o fisica o planetologia).
Voi cosa ne pensate?
Non necessariamente. Pubblicare in inglese apre le porte a un mercato vastissimo.
So di un libro scientifico italiano che, tradotto in varie lingue, ha venduto quasi 100.000 copie in pochi anni (non chiedere, ho un vincolo di riservatezza; no, non ho ancora ricevuto minacce dal KGB). Auguro a Paolo Ulivi di venderne almeno il doppio.
Per il momento mi accontenterei anche di materiale che per essere compreso richiede lauree in discipline scientifiche. Ne abbiamo discusso per esempio nel thread:
Finanziamento missioni scientifiche ESA: anche fondi pubblici?. Vedi anche il mio commento sulle immagini di SMART-1 sul blog spacEurope.
Paolo Amoroso
Beh penso che per la parte USA non ci si può assolutamente lamentare, per la parte europea si può fare qualche cosa di più e per la parte russa forse basterebbe tradurre il più possibile almeno in inglese le informazioni che tanti siti ufficiali hanno a disposizione ma solo in lingua russa…
Per la questione della divulgazione tecnico scientifica, penso che il discorso sia molto complicato sotto vari aspetti, molte volte le università o i centri che finanziano le missioni (ovvero ne permettono la realizzazione) pongono dei limiti sulla distribuzione alla comunità scientifica dei dati raccolti, in modo da avere per un certo periodo l’esclusiva dei dati e la possibilità di far rientrare gli investimenti con pubblicazioni e studi esclusivi, aumentando il “prestigio” che si tramuterebbe in ulteriori finanziamenti… la logica dal mio punto di vista è anche comprensibile, non ci si può lamentare che chi mette i soldi debba immediatamente rendere pubblico tutto quello che si ricava con il rischio di farsi soffiare tutti i risultati, se ci mette la grana è anche brutto farsi bagnare il naso da chi non ha contribuito…
Sotto quest’ottica molte delle missioni europee funzionano in questo modo, e questo è il motivo per cui i dati per accordo vengono divulgati all’intera comunità scientifica dopo un tempo x in cui erano a disposizione esclusiva degli enti finanziatori.
Per gli USA presumo che la questione dei finanziamenti-impegni degli enti con l’agenzia sia diverso, il che rende inutile questa pratica…IMHO
Alcuni interessanti spunti di riflessione: Giving Away the Data di Jim Bell.
Potrebbero almeno avere la delicatezza di dirlo chiaramente. Sui siti di SMART-1, per esempio, dove si trovano informazioni in tal senso su limitazioni nella divulgazione pubblica dei dati? So che prima o poi le immagini verranno rilasciate ma, durante la missione, sui siti ufficiali non ho trovato indicazioni facilmente accessibili.
Paolo Amoroso
In realtà in lingua russa esistono molti libri interessanti,scritti spesso anche dai cosmonauti,purtroppo questi libri nn hanno quasi mai traduzioni occidentali.Poi bisogna tenere in conto che anni di regime comunista nn hanno prodotto una gran capacità divulgativa o di condivisione delle informazioni.
Non vorrei dire una stupidata ma ero venuto a conoscenza del meccanismo proprio in un articolo sul sito dell’ESA riguardo alla Smart-1 mi sembra prima che partisse… se riesco a ritrovarlo lo metto…
La politica NASA per le missioni scientifiche e’ di mettere a disposizione i dati “bruti” un anno dopo il ricevimento, dopo che i responsabili degli esperimenti hanno avuto il tempo di analizzarli e di pubblicare le loro prime conclusioni.
La politica dell’ESA e’ molto simile. Mi chiedo se sia leggermente diversa per SMART-1 non essendo una missione scientifica ma tecnologica
Non è quello che cercavo ma il sunto è lo stesso:
"Will SMART-1 data be available to the scientific community worldwide or will there be restrictions on the data distribution? If so, why?
SMART-1 data will be available to the whole scientific community. The teams building SMART-1 instruments have the right to work with the data exclusively for six months. After that, the data become public domain. This is standard for space science missions. "
Il meccanismo presumo sia applicato anche per altre missioni, e forse oserei dire che 6 mesi sono un tempo accettabile per dare la possibilità del team che ha sganciato i soldi di poter sfruttare quello che si è impegnato e per il resto della comunità scientifica un tempo non troppo lungo… a mio avviso un pratica legittima e comprensibile.
6 mesi sono un tempo accettabile. Ma nel caso delle missioni scientifiche ESA, chi sgancia i soldi non sono i contribuenti?
Paolo Amoroso
Se esistesse un unico ente per la ricerca spaziale, potrei volere - come cittadino - la divulgazione immediata dei dati delle ricerche a tutti gli enti di ricerca e le università. Tuttavia sappiamo bene che le agenzie spaziali e gli enti di ricerca che “affidano” ad esse degli esperimenti sono molteplici, sorrette da investimenti di stato. Trovo quindi normale che chi finanzi una missione di ricerca scientifica, possa lavorare sui dati a disposizione per un periodo di tempo necessario… ad esempio uno, due anni. Ciò non significa calare la nebbia sulle varie missioni (pronto Bignami, licenziamo i webmaster del sito ASI ???) ma gestire al meglio i dati più importanti… Putroppo occorre disilludersi: la ricerca - per essere fruttuosa - deve anche essere competizione tra enti, tra cervelli, tra geni e passione creativa, sull’idea più pazza e la missione più originale (vedi giapponesi)… Da ultimo, non credo sia disdicevole custodire per un po’ le proprie intuizioni… altrimenti non esisterebbero molte teorie che oggi studiamo nelle università e applichiamo nelle industrie…
Non credo che i dati scientifici dovrebbero essere immediatamente diffusi (stiamo parlando di dati scientifici “bruti”, non di immagini in tempo reale in formati compressi tipo jpg che non hanno nessuna utilita’ scientifica). Chi si e’ preso il rischio di proporre uno strumento, di progettarlo e di farlo finanziare deve anche essere ricompensato con l’esclusiva (temporanea) sui dati.
A proposito del finanziamento delle missioni scientifiche, leggevo di recente qual’e’ la principale differenza tra NASA ed ESA:
- la NASA finanzia direttamente gli strumenti scientifici e l’analisi dei dati
- l’ESA invece finanzia solo la missione. chi propone uno strumento scientifico deve quindi anche provvedere a trovare uno sponsor (universita’, istituti, altre agenzie spaziali) che lo finanzi.
Interessante. Sarebbe opportuno che queste strategie di progettazione e gestione delle missioni scientifiche venissero divulgate più chiaramente ed efficacemente.
Paolo Amoroso
Ecco il tassello che mi mancava, con questo è tutto più chiaro, e da questo punto di vista a mio parere, niente da recriminare a nessuno.