Il rientro balistico fa parte delle procedure previste per il ritorno a terra di una Soyuz. È quindi sicuro, anche se più “scomodo”. Al massimo gli astronauti a bordo potrebbero chiedere il rimborso del biglietto. Così l’astronauta dell’Agenzia spaziale europea (ESA) Roberto Vittori, che per due volte ha volato con la capsula russa, ottenendo anche la qualifica di comandante per le fasi di attracco e rientro, commenta scherzando in questa intervista esclusiva a dedalonews.it, il terzo atterraggio corto in 11 missioni del più longevo veicolo spaziale pilotato in servizio attivo (la prima Soyuz fu lanciata nel 1967).
Cosa è successo?
Tutto è andato bene e la manovra di deorbiting è stata nominale. Poi è stato perso il contatto fino ad una chiamata fatta tramite telefono satellitare alle forze di salvataggio da un membro dell’equipaggio. La Soyuz ha toccato terra 470 chilometri ad ovest del punto previsto, in Kazakistan. Come tu facevi notare nell’articolo di ieri, è la terza volta che si verifica una atterraggio balistico, non in volo planato come nei rientri normali, ma con un assetto diverso e venendo giù come un proiettile. La differenza di assetto tra un rientro normale e uno balistico comporta proprio circa 500 chilometri di differenza nel punto di atterraggio, perché nel rientro normale la Soyuz vola mentre in quello balistico viene giù senza veleggiare e quindi tocca terra prima.
Il balistico si deve considerare una sorta di rientro anomalo, oppure no?
Il rientro balistico in realtà fa parte dei modi di rientro previsti per la Soyuz e quindi non è da considerare come qualcosa al di fuori dei comportamenti normali della navetta, anche se per l’equipaggio all’interno non è un atterraggio semplice e le operazioni di recupero sono più difficoltose perché bisogna trovarli e spostarsi dal punto di atterraggio previsto a quello dove effettivamente sono.
Quanti G in più deve sopportare l’equipaggio?
In un rientro normale si toccano i 4-5 G, in quello balistico si arriva ad 8-9 G.
Non c’è il rischio che un rientro di questo genere sia troppo ripido e la casula possa surriscaldarsi?
No, perché è un rientro contemplato nelle procedure, anche se diverso da quello in volo planato.
Puoi spiegare meglio a me e ai nostri lettori la differenza tra rientro normale e rientro balistico? Una volta spenti i retrorazzi dopo la manovra di deorbiting, la capsula non viene giù, per definizione, in modo balistico, senza possibilità di manovrare?
La Soyuz è come lo shuttle. Anche se dalla forma non sembra avere alcuna portanza, essendo senza ali ed asimmetrica, grazie al trucco di spostare il centro di gravità la Soyuz si comporta invece come una sorta di lifting body, tanto che l’equipaggio si addestra a far volare la Soyuz, e per questo c’è la qualifica di pilota, come quella che ho preso io. Grazie ad un maniglione e a dei pulsanti, la si può far virare a sinistra o a destra come fa lo shuttle. È una delle particolarità più “simpatiche” di questo veicolo spaziale.
Cosa ha fatto si che un rientro normale si sia trasformato in balistico?
Per effettuare un rientro balistico, ci sono dei razzetti che ruotano la capsula in modo da annullare l’effetto portanza generato dalla posizione privilegiata dovuta al centro di gravità.
La serie TMA è stata dotata di un nuovo sistema di guida. A questo punto non sarà da ricercare nel computer e nel software la causa di questo triplice malfunzionamento?
Io ho fatto il mio primo volo proprio con l’ultima Soyuz della serie analogica, la TM 34. Poi è entrata in servizio la serie TMA, che presenta aggiornamenti del sistema avionico, tra cui il computer di bordo. Ricordo che pensai che la NASA sullo shuttle non ha mai cambiato il computer di bordo. Cambiando, c’è il rischio che qualcosa non funzioni; con le TMA hanno avuto tre casi su 11 di rientro balistico, che è circa il 30 per cento. Qualcosa non va, anche se sottolineo ancora che il rientro balistico è un rientro assolutamente sicuro, solo più “scomodo”. Al massimo gli astronauti potrebbero chiedere indietro i soldi del biglietto.
Cosa possiamo imparare come europei, in un momento in cui si parla di realizzare una nostra capsula derivata da ATV e qualificare come manned l’Ariane 5?
Con le Soyuz, che volano da 40 anni, abbiamo ancora questo tipo di sorprese. Noi che ci accingiamo a costruire una nostra capsula, come ESA e Agenzia spaziale italiana suggeriscono, dobbiamo renderci conto che il rientro è una fase delicatissima del volo spaziale e che va affrontato con una consapevolezza particolare, al di là dell’esperienza conquistata con l’ATV. Eppure, siamo pochissimi in Italia ad occuparcene. Se vogliamo un accesso autonomo allo spazio, dobbiamo invece capire e approfondire molto bene le tematiche del rientro atmosferico.
Fonte: dedalonews.it