Addio a John Young, l’astronauta dei record

Un altro gigante che se ne va… Godspeed John!

A mio modesto parere, il più grande dopo Neil.

Triste notizia sebbene fosse molto malato da tempo.

E così non rimane più nessuno della missione Gemini 3 ma soprattutto se ne va il primo membro di Apollo 16 che era l’unica fra le missioni lunari ad avere ancora in vita tutti tre gli astronauti. Ora tutte le 6 missioni di esplorazione lunare hanno perso almeno un membro. Inoltre a partire da oggi (o meglio da ieri visto che il decesso di Young è datato 5 gennaio) sono più i moonwalker morti (7) che quelli ancora vivi (5).

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Il ricordo della NASA. Indubbiamente una figura leggendaria.

Il comunicato ufficiale della NASA.

https://www.nasa.gov/press-release/nasa-remembers-agency-s-most-experienced-astronaut

tristissima notizia, un gigante dell’astronautica.
sono stato fortunato a incontrare Charlie Duke l’anno scorso, e parlò di Young con termini entusiastici.
che uomini…

Un documentario della BBC risalente ai primi anni '80.

Notizia tristissima.
Sopratutto in questo caso si può parlare di mito e di perdita irrimediabile.
I “lunauti” ancora viventi sono solo cinque,meno della metà: Aldrin,Bean,Scott,Duke e Schmitt.
Tra qualche anno sul nostro pianeta non esisterà più nessun uomo ad aver camminato sulla luna.

“Young died on Friday (Jan. 5) following complications from pneumonia. He was 87”.

Conseguenze di una polmonite…
Gli ultimi dodici mesi sono stati devastanti, se ne sono andati Gene Cernan, Paul Weitz,Dick Gordon,Bruce McCandless,ora John Young…

A cui vanno aggiunti Edgar Mitchell e John Glenn nei dodici mesi ancora precedenti.

Purtroppo gli anni passano e dobbiamo rassegnarci a perdere qualche eroe ogni anno o quasi. Quest’anno Borman e Lovell spegneranno 90 candeline, McDivitt 89 e potrei continuare…

Young. … Detto tutto.

Le condoglianze di Roscosmos.

Quel che mi è sempre dispiaciuto è che su una figura così importante vi sia stata,fuori dal circuito degli appassionati, tutto sommato poca attenzione.
Per esempio il limite più grande della bella miniserie “Dalla terra alla luna” è relegarlo a ruolo di comparsa (con un attore poco somigliante per di più).
Pochissimi i libri usciti su Young (che io sappia solo la sua biografia “Forever Young”,peraltro realizzata quando l’Astronauta stava già poco bene,e quel che è peggio da uno scrittore mediocre).
In tutti gli altri libri sull’argomento,John Young è sempre una nota a margine,l’attenzione è su altri personaggi più coloriti come Conrad,Schirra,Aldrin,Scott,ecc.
Oriana Fallaci nei suoi lavori praticamente lo ignora.
Su Young ci sono anche pochissimi documentari (a parte quello segnalato più sopra e che risale a molti anni fa).
Eppure era un uomo che attraversò tutto il programma spaziale fino alle soglie del 2000,che volò sei volte su quattro veicoli diversi,che compì due volte il viaggio dalla terra alla luna e camminò sulla sua superficie in una delle missioni più belle ed interessanti,che pilotò il primo volo di uno Shuttle e la prima missione dello Spacelab (e se non fosse stato per la tragedia del Columbia avrrebbe portato in orbita il telescopio Hubble).
Era “freddo”, ma pure Armstrong lo era,e rispetto a Neil a detta di tutti John possedeva uno spiccato senso dell’umorismo molto “british” e sottile.
Fu anche protagonista di una storia personale piuttosto forte per i tempi, il divorzio dalla moglie per sposare una segretaria del centro di Houston che gli rimase poi accanto tutta la vita.
Non era particolarmente comunicativo…ma ben pochi astronauti erano Pete Conrad o Wally Schirra, non è che Cernan o Scott fossero più espansivi e comunicativi di Young.
Eppure fino ad oggi John Young malgrado la sua eccezionale,immensa carriera è stato il grande dimenticato…o meglio lo si da per scontato.
Pagine e pagine su tutti gli altri e poi…oh si,c’era anche Young sullo sfondo.

In questo momento il canale TV NASA Tv Media mostra a rotazioine vari video che ripercorrono la vita professionale di John Young.

Carmelo, come sai di Young parla abbastanza estesamente Mike Mullane in Riding Rockets ma non sempre in modo lusinghiero.

E quella è una delle poche eccezioni.
Malevola e acida,ma una delle poche eccezioni.

Se ti riferisci all’incontro con Charlie Duke all’hotel Sheraton a Malpensa, ero presente anche io e confermo comunque che Duke aveva un enorme stima per Young. Addio Young e buon viaggio in questa tua ultima missione senza ritorno.

“Dato per scontato” è forse l’accezione più corretta, come cerco di esprimere nell’articolo. Più che freddo, John Young era una persona sistematica nel suo approccio pubblico. Generalmente essenziale, privo di fronzoli in quello che raccontava e riportava, da quello che ho letto dai racconti di chi l’ha incontrato, metteva decisamente poco a suo agio gli intervistatori, ma non perché fosse schivo o altezzoso: capitava che chi lo intervistasse dicesse di aver avuto un’esperienza surreale per il poco che si riusciva ad ottenere da lui. Ma era un poco sostanzialmente emotivo, perché Young era un tecnico preparatissimo e non trascurava nulla. E’ che dai suoi racconti, pare venisse fuori estremamente poco pathos rispetto a quello che gli uditori si aspettavano a fronte di quanto fatto da lui.

In questi termini e se la media di quel che ho letto corrisponde ad una summa dei suoi rapporti col pubblico, sappiamo bene che ci sono astronauti che risultano degli story teller nati e altri no. Alcuni, anche loro malgrado (ed è il caso di Neil Armstrong, ma con l’attenuante/aggravante della storia che l’ha letteralmente travolto per essere diventato ad un certo punto l’astronauta icona per eccellenza), alcuni di loro diventano beniamini delle folle e altri semplicemente vengono messi in secondo piano, a prescindere da quanto hanno fatto. Alcuni diventano addirittura istrioni, ma questo è un caso a parte.

Di fatto quel che spiace (ma anche non spiace) a proposito della parabola di John Young, è che dalla sua vita e dalla sua carriera e da come le ha vissute, è ricavabile tutto, ma come dici è stato poco valorizzato per il grande pubblico, anche perché poco si è valorizzato e poco ha aperto il canale che la gente vuole si apra quando si parla di imprese, di spazio, di rapporto con il rischio, di paura e di coraggio. Come dico nell’articolo, il fatto che l’uomo della strada ricordi il nome di un astronauta, a parte il vissuto personale e la buona memoria, dipende appunto da quanto l’astronauta abbia aperto questo “canale”. Banalmente, anche se Gene Cernan, come dici, fosse poco aduso a questa comunicazione, è però riuscito a guadagnare più spazio: aiutato dalla connotazione dell’ultimo uomo sulla Luna, è stato guidato ad un documentario, molto bello, che a John Young per esempio è mancato.

Ma come dicevo, spiace e non spiace, perché la personalità di John Young emerge schietta e invariante da tutto ciò e ancora più emblematica di quell’eroismo di tutti i giorni che l’ha reso l’uomo “d’acciaio” dell’esplorazione spaziale, che va quando viene chiamato ma non sgomita oltremodo, che fa lo sporco lavoro politico ma che sa anche ripulirsi le mani dicendo quello che va detto come nel caso della tragedia del Challenger.

Scusatemi se mi sono dilungato, ma sebbene non l’abbia mai incontrato, penso di aver capito quel che ho scritto sopra a riguardo della sua storia e del perché John Young sia rimasto un po’ “il grande dimenticato”.