Con gran ritardo, posto qui(poi vedrà l’admin se spostarlo eventualmente nel vecchio tread chiuso relativo) la risposta che il gentile Giornalista Fabrizio Bovi ha dato alla mia Email in cui gli chiedevo delucidazioni riguardo la sua breve, e decisamente poco chiara, intervista iniziale della puntata di VOYAGER già trattata in passato.
Mi risparmio di postare la mia Email, in cui per l’appunto ho chiesto chiarimenti sottolineandogli di non averli avuti dall’intervista stessa(per montaggio non riuscito,per limiti di tempo o per stesso “taglio” della trasmissione).
Sent: Saturday, November 10, 2007 5:52 PM
…
lei ha perfettamente ragione. Gli autori di Voyager hanno modificato
la scaletta del programma, stravolgendone alcune parti. Io stesso,
riguardandomi, non ho riconosciuto ciò che avevo detto nel corso
dell’intervista, articolata in due parti. La storia era questa.
A Mosca, nel novembre del 1991, ebbi l’opportunità di accedere al
Moskovski Aviatsionni Istitut (MAI), ove conobbi alcuni tra i più
importanti scienziati e progettisti aerospaziali sovietici. Con uno
di loro, il professor Kasimir Zhidovijetski, strinsi un’amicizia
profonda che durò fino alla sua prematura scomparsa, nel 2002.
Vistando ill dipartimento di Missilistica, approfittando di un attimo
in cui la sorveglianza si era momentaneamente allentata (il
soffocante clima di controllo era ancora quello dell’URSS), chiesi al
prof. Zhidovijetski quanti cosmonauti avessero perso nella corsa alla
spazio; cosmonauti sui quali il regime aveva calato una pietra
tombale, rimuovendone per sempre il nome persino dai registri dello
stato civile.
Ebbi l’impressione che il professore si aspettasse la mia domanda. A
mezza voce mi disse: “Ufficialmente abbiamo perso solo Komarov, ma
furono molti di più. Neppure noi, ancora oggi, conosciamo il numero
esatto. Forse otto o dieci. Ma i vostri “Turinski” sapevano la verità
fin dal primo momento”.
Sul momento non colsi il significato di quelle parole, bisbigliate in
fretta, metà in inglese e metà in russo. Cosa significava quel
termine “i vostri Turinski”? L’illuminazione mi venne qualche giorno
dopo, quando associai la parola “Turinski” ai fratelli Judica
Cordiglia di Torino, le cui imprese, pubblicate da giornali e
rotocalchi tra la fine degli degli anni '50 e i primi '60, avevo
seguito con passione da ragazzo. Li contattati e mi dissero che la
mia testimonianza confermava il contenuto di un’intercettazione radio
(intorno al '63) tra una base d’ascolto e il centro spaziale di
Mosca nella quale si faceva riferimento (con un certo fastidio)
proprio a loro due, ai “Turinski” .
In questo scampolo di storia l’elemento di maggior rilievo a mio
avviso non fu tanto l’ammissione delle perdite dei cosmonauti, bensì
il fatto che, a distanza di trent’anni, uno scienzato appartenente a
una generazione successiva a quella della corsa allo spazio
conoscesse così bene i due italiani rompiscatole.
Che i sovietici abbiano perso numerosi cosmonauti è risaputo, grazie
anche (soprattutto) alle testimoninanze documentali di Achille e
Govanni Battista Judica e alla loro capacità divulgativa. Rivangando
quell’epoca, tuttavia, fa riflettere come quelle drammatiche pagine
di storia dell’Umanità siano sparite dalla memoria collettiva. Un po’
come se qualcuno avesse premuto il comando “cancel”.
Spero di esserle stato utile.
La saluto cordialmente
fabrizio bovi
Come potete leggere la testimonianza del gentilissimo Sig.Bovi, pur interessante, non aggiunge fondamentalmente nulla di nuovo alle “notizie” che già circolano, e non credo che lo stesso Sig. Bovi abbia avuto tempo e voglia di provare ad approfondirla ulteriormente.
Non è quindi ben chiaro se i suddetti cosmonauti, sul cui numero non c’è sicurezza, siano effettivemente morti nello spazio o in addestramento…
Anche se comunque ad onor del vero il riferimento ai “Turinski” è inequivocabile.
Quindi, a mio modo di vedere, nonostante la testimonianza interessante per adesso siamo ancora “punto e a capo”, senza del materiale che possa effettivamente far luce e sopratutto rispondere agli inevitabili “dubbi” già abbondantemente espressi.