So che nello spazio una fiamma acquista forma sferica perchè l’aria calda e bruciata non tende a salire, ma resta là tutt’intorno alla fiamma finché non si spegne per via che ha bruciato l’ aria intorno a essa e non viene cambiata mai da altra aria con più ossigeno.
Ma che aspetto assumerebbe un vero e proprio incendio ??
Bisogna chiderlo all’equipaggio del Mir che ne ha spento uno… ma anche sullo Skylab accesero un fiammifero. C’è un filmato in proposito, ma non mi ricordo che la fiamma si sia spenta subito.
Però è anche vero che la “fiamma” è gas caldo che acquisisce energia e dovrebbe allontanarsi dal centro del fuoco, lasciando spazio ad aria fresca che alimenta la fiamma. certamente il "fuoco " assumerà l’aspetto di una sfera, ma in espansione. Poi all’interno di un veicolo spaziale vi è sempre della ventilazione quindi la tenue corrente d’aria dovrebbe comunque impedire la formazione di una fiamma sferica.
Probabilmente qualche moto convettivo deve esistere, causato dalla diversa temperatura e densità dell’aria attorno alla fiamma. Questo anche nel caso di assenza di movimento d’aria.
L’incendio è descritto in Dragonfly (che sta diventando per me un po’ quello che Riding Rockets è per Paolo Amoroso ). Credo che quello sia l’unico caso di incendio serio in una missione spaziale, ed è durato circa un quarto d’ora. Però non credo che gli astronauti riuscissero a vedere le fiamme, perchè il fumo sprigionato in pochissimo tempo rese il modulo completamente buio…
Intendi dire che l’aria si espande e quindi sposta l’aria intorno a sè? Non direi però che sia un moto convettivo, perchè comunque l’aria calda, anche se espansa, rimane lì, e quindi non c’è un vero e proprio ricambio che porta ossigeno nuovo vicino alle fiamme…
Nota a margine: un tempo si pensava di usare le Cabin Depress Assembly per spegnere le fiamme depressurizzando il modulo (in modo da abbassare la pressione parziale di ossigeno e quindi far spegnere il fuoco). Columbus ha delle CDA progettate per questo. Successivi studi tuttavia, hanno dimostrato che questa soluzione sia da scartare, perchè aprire le CDA provocherebbe un rimescolamento dell’aria che porterebbe aria fresca vicino alle fiamme, e quindi farebbe più male che bene… e per questo motivo l’uso delle CDA come anti-incendio è stato bandito dalla ISS
Pensavo ad un moto convettivo in quanto è l’unico modo (apparentemente) di portare nuovo ossigeno verso l’oggetto in fiamme e di allontanarne l’anidride carbonica. Se così non fosse l’incendio si spegnerebbe.
È questo è quello che molto probabilmente succederebbe. Nel caso dell’incendio sulla Mir, il problema era che l’incendio era partito proprio dal sistema di produzione di ossigeno, e quindi aveva un rifornimento continuo di comburente.
Non a caso la prima cosa che la reazione automatica della ISS fa in caso di Fire Alarm è spegnere tutti i ventilatori di tutti i moduli
Mi rimane un dubbio.
In caso di incendio, queste sferule infuocate vengono prodotte normalmente e si diffondono nel modulo?
Oppure si forma un’unica sfera capace di propagarsi ed aumentare le proprie dimensioni?
Secondo me è proprio sbagliato di parlare di “sfera”. Cos’é che causerebbe la sfera? Un conto è un filo di una candela che vienne acceso, un conto è un equipaggiamento che brucia (ad esempio una scheda di un computer). In questo caso, la forma della fiamma dipende fortemente dalla forma dell’equipaggiamento che sta bruciando. Se si tratta di qualcosa di piatto (come può essere la superficie di un rack, in caso di incendio esteso a tutta la cabina), la fiamma sarà qualcosa di piatto aderente alla superficie infiammata.
E questo è il grande problema degli incendi in assenza di gravità: NON SI VEDONO! Se brucia qualcosa dentro un rack, continua a bruciare con fiamme piccole e aderenti alla sua superficie. Proprio per questo motivo è fondamentale tenere la ventilazione, in modo da portare il fumo il più presto possibile a uno smoke detector e far scattare l’allarme
Potrebbe essere un problema di [glow=red,2,300]cosa[/glow] brucia ??
Mi spiego meglio: a seconda del tipo di materiale bruciato, il colore della fiamma potrebbe essere diverso, vero ??
Le schede elettroniche bruciano lentamente provocando soltanto fumo, vedi incidente Mir con Linenger a bordo.
Ma se abbiamo un forte agente ossidante, la fiamma dovrebbe essere più vigorosa e visibile, giusto ??
Sul colore sono d’accordo. Sulla dimensione della fiamma non saprei. Voglio dire, quello che rende le fiamme grandi e alte, nella nostra esperienza di tutti i giorni, è il fatto che l’aria calda va verso l’alto.
In assenza di gravità, cos’è che rende la fiamma più grande?
Potrei sbagliare, ma secondo me i punti di innesco di un incendio potrebbero funzionare come un getto.
Espongo il mio ragionamento: immagino un punto di innesco puntiforme su una superficie, si ha una reazione chimica, i prodotti della reazione chimica che aumentano di volume (anche se non è detto) e acquistano energia cinetica. Non potendo dirigersi “dentro” la superficie si dirigeranno esternamente, un po’ come una sorgente. Se il punto di innesco è puntiforme il fronte d’onda sarà emi-sferico. Se non ci fosse ricircolo di Ossigeno l’incendio si dovrebbe spegnere non appena l’ossigeno finisce. Quello che può accadere, in assenza di ventilazione, è che, come il getto, l’aria che esce dalla sorgente trascini con fenomeni di turbolenza, puramente inerziali, aria “fresca” all’interno della fiamma.
è un puro esercizio mentale che ho fatto, ma mi sembra plausibile.
Per la forma di un Incendio penso abbia ragione Buzz, magari una superficie posta ad una certa distanza dalla superficie che brucia. I punti più alti di questa superficie potrebbero essere i punti dove il materiale brucia di più, quindi la velocità dei prodotti chimici è maggiore
Ringrazio tutti per le esaurienti risposte e per i links suggeriti.
Tutte le capsule sovietiche per fotoricognizione Zenit erano equipaggiate con un sistema di autodistruzione denominato APO-2.
Questo sistema poteva operare in maniera autonoma oppure essere azionato dagli operatori del centro di controllo se, dopo accurate analisi balistiche, la traiettoria della capsula di rientro pregiudicava le operazioni di recupero degli apparati fotografici specie se da effettuarsi in territorio ostile.
Il punto è questo: l’APO-2 era in grado di innescare un incendio a bordo della capsula per distruggere le emulsioni impressionate, ma non riesco a capire COME poteva propagarsi un fronte fiamma in condizioni microgravitative.
Mi spiego meglio: abbiamo visto che in orbita il burn-rate di un processo di ossido-riduzione, seppur nelle non ottimali condizioni stechiometriche, è molto lento… lentissimo, direi.
Non c’era il pericolo che le pellicole arrivassero a terra [glow=red,2,300]ancora integre[/glow] ??
Le Zenit furono sviluppate contemporaneamente alle Vostok, è probabile che, in quegli anni, non si conoscevano adeguatamente le caratteristiche di combustione in ambiente microgravitativo, hai ragione… però, se un sistema di autodistruzione era stato progettato per bruciare le pellicole imbarcate, è facile dedurre che il sistema stesso era in grado di sostenere autonomamente il processo di combustione avviato, non stiamo parlando di innesco accidentale…
Il web non viene in aiuto in questo caso, quando si googla l’acronimo APO-2, scaturisce solo che fu impiegato sulle Zenit per innescare incendi per distruggere le pellicole che, potenzialmente, erano a rischio di recupero.
Forse prevedevano di attivare il sistema di innesco durante il rientro quando la decelerazione ricreava condizioni dove era presente gravità in modo da stabilizzare la combustione.