Manca il plutonio: missioni spaziali a rischio

Il sito spaceflightnow.com ci offre una interessante analisi sui problemi di approvvigionamento di plutonio che le agenzie spaziali stanno affrontando.
Il plutonio rappresenta il modo piu’ efficiente di generare corrente a bordo di quelle sonde che si trovino ad esplorare lo spazio esterno, troppo distanti dal sole per usufruire di pannelli solari.
Il calore prodotto dal decadimento raioattivo permette di ottenere corrente elettrica tramite un Generatore Termoelettrico a Radioisotopi (RTG)
La NASA spera in una legge ad hoc del congresso, o nel rinnovo di un accordo con la Russia, mentre l’ESA sta considerando elementi fissili alternativi.

Per l’ente americano, le scorte a disposizione di Plutonio 238 sono insufficienti ad alimentare la sonda orbitante che dovrebbe visitare il satellite gioviano Europa nell’ambito di una missione congiunta da 4,5 miliardi di dollari con l’ESA.
Normalmente la NASA acquisiva il plutonio dal Ministero dell’Energia, che pero’ al momento non dispone dei fondi necessari per riprendere la produzione interrotta negli anni ottanta; da qui la necessita’ di una legge che finanzi il processo. La Casa Bianca ha rinnovato in tal senso la richiesta di 15 milioni di dollari per l’anno fiscale 2011, ma il congresso aveva gia’ bocciato una richiesta analoga nel 2009, ed al momento non vi e’ certezza sull’esito finale dello stanziamento.
Se anche la produzione dovesse riprendere, occorrerebbero circa cinque o sei anni per raggiungere la piena capacita’ produttiva, con un costo globale compreso tra i 75 ed i 90 milioni di dollari.

L’alternativa sarebbe il rinnovo di un contratto di acquisto con la Russia. Tuttavia, anche il governo russo ha cessato la produzione di Pu238, e vorrebbe conseguentemente alzare il prezzo delle scorte rimanenti.

La NASA sta anche cercando di aumentare la scarsa efficienza dei generatori RTG esistenti, che si attesta sull’otto per cento (per ogni 100 watt di calore emesso dal plutonio, si ottengono 8 watt di energia elettrica). La risposta sarebbe il generatore basato sul ciclo Stirling, che pero’ prevede l’impiego di parti mobili (2 pistoni oscillanti a 100 Hz per tutta la durata della missione, magari 15 anni). Questo rappresenta un notevole fattore di incertezza costruttiva, se paragonato agli RTG tradizionali, che non hanno parti mobili, ed hanno una durata che e’ limitata solo da quella del carburante fissile impiegato.
Per ora il prototipo di RTG-Stirling (denominato ASRG, Advanced Stirling Radioisotope Generator) ha accumulato 4 anni di funzionamento ininterrotto, ma la NASA non si sente ancora pronta per impiegarlo in una missione ambiziosa come quella gioviana. Piuttosto si pensa ad un debutto piu’ semplice nell’ambito di una delle prossime missioni Discovery attualmente al vaglio.

Frattanto, da questo lato dell’Atlantico, David Southwood, direttore ESA per la scienza e l’esplorazione robotica, ha affermato che e’ imperativo per l’Europa dotarsi di una capacita’ produttiva di RTG, in modo da offrire un sistema credibile ed alternativo a quello americano.
L’ESA starebbe considerando l’impiego di americio 241, che ha un tempo di dimezzamento superiore rispetto al plutonio 238. Questo significa che il decadimento dura piu’ a lungo, ma l’isotopo produce meno calore e quindi meno elettricita’. Secondo alcuni scienziati, inoltre, l’americio rappresenta un pericolo maggiore per l’uomo rispetto al plutonio. Questo perche’ il plutonio emette particelle alfa (ovvero nuclei di elio 4), che possono essere fermate da un semplice foglio di carta; per contro l’americio emette neutroni, molto piu’ difficili da gestire. Per questo motivo la NASA ed il ministero dell’energia USA avevano in passato scelto il plutonio come elemento fissile piu’ sicuro per alimentare i generatori di sonde spaziali.

Southwood controbatte che l’ESA sta gia’ affrontando i problemi di sicurezza con la Francia in modo da utilizzare il poligono di Kourou, e che almeno due nazioni europee (Gran Bretagna e la citata Francia) sono in grado di produrre gli elementi fissili richiesti. Sebbene i fondi siano gia’ disponibili, l’approvazione definitiva del programma nucleare dovra’ attendere i consigli ESA del 2011 o del 2014, con lo scopo di avere un sistema operativo entro il 2020.

In ogni caso, la parte europea della missione congiunta verso Giove, ovvero la sonda che dovrebbe orbitare attorno a Ganimede non e’ ancora stata approvata, trovandosi in competizione con l’Osservatorio Internazionale a raggi X ed il sensore di onde gravitazionali LISA. La scelta verra’ effettuata l’anno prossimo; peraltro, la sonda europea sarebbe alimentata con energia solare, e dunque il suo destino ultimo appare slegato dai piani europei di sviluppo di generatori fissili.

fonte: spaceflightnow

Scusate ma per dilazionare un po’ i tempi, e poter affrontare con minor affanno il problema, non potrebbe la sonda americana della missione congiunta NASA-ESA per il sistema gioviano essere alimentata a pannelli solari come la controparte europea? In fondo non sarebbe una novità per la NASA, da quelle parti, visto che la missione congiunta avverrà, sicuramente, dopo quella della sonda JUNO, alimentata ad energia solare!

certo che i tempi dell’ESA sono sempre molto celeri

Immagino di no, ma nell’articolo il punto non viene sollevato.
Forse la sonda USA necessita di piu’ energia rispetto a quella europea (pardon!). Notavo anche che il costo totale della missione e’ di 4,5 miliardi di $, e la parte relativa alla sonda USA e’ di 3,8 miliardi (contro gli 800 della sorellina europea): credo che questo indichi che le due sonde appartengono a due “categorie” del tutto diverse.

Ah, ah! Sono certo che nell’85 il plutonio si compra nella drogheria sotto casa, ma nel '55 la faccenda è molto più complicata. Marty, mi dispiace, ma sei condannato a rimanere qui!
Emmett Brown

Visto che siamo più avanti del '85, magari possono usare la spazzatura! :stuck_out_tongue_winking_eye:

Sicuramente parlo a sproposito, ma in seguito all’ultimo START, non dovevano venire smantellati vari ICBM, con relative testate? Se non mi sbaglio le testate sono costituite prevalentemente da uranio, ma non sarebbe utilizzabile anche quello in un RTG?

La costante solare è inversamente proporzionale al quadrato della distanza dal sole. Significa che su Giove, la cui distanza dal sole è di circa 5 UA, la costante solare è 1/25 di quella sulla Terra… Per questo motivo, i pannelli solari vengono raramente considerati per missioni al di là di marte.

Il PU238 non è il solito plutonio che si usa per le testate atomiche, ma un isotopo particolare che ha un tempo di decadimento enormemente inferiore e una radioattività molto maggiore. È proprio per questa caratteristica particolare che lo si usa per RHU e RTG.

Ma scusate…c’è qualcosa che non mi torna…

Alla NASA non sapevano che le scorte nazionali sono ormai al limite? Lo scoprono solo ora che gli serve :astonished: :skull:

Alla NASA lo sanno da molto tempo (qui c’è una notizia del 2006). Ma la produzione di Plutonio è un problema politico, non tecnologico.

Paolo Amoroso

Con questa differenza di costo è molto probabile che la sonda NASA imbarchi molti più sensori di quella esa e quindi consumi molto di più e questo spegherebbe perché non potrebbe avere la stessa alimentazione di quella della “sorellina” dell’esa.

Un’altra ipotesi (che pero’ avrebbe bisogno di una conferma da parte di qualcuno “che sa”) e’ che, per motivi di esposizione, attorno a Ganimede si prenda piu’ luce che non attorno a Europa. Possibile?
Oppure ancora, la scelta ESA del solare e’ obbligata, perche’ noi gli RTG non li abbiamo ed al momento gli yankees non possono darceli, per i motivi esposti.
Mah!

Potrebbe anche essere. Europa essendo in un’orbita più interna sicuramente sta più tempo nell’ombra di Giove, anche se così a occhio non saprei dire quant’è la differenza…

Sembra che la produzione di Plutonio riprenderà a breve

http://www.link2universe.net/2013-03-21/gli-usa-riprenderanno-la-produzione-di-plutonio-per-lesplorazione-spaziale/

Ottimo.

Notizia sul portale: https://www.astronautinews.it/2013/03/24/dopo-25-anni-riprende-la-produzione-usa-di-plutonio-per-uso-spaziale/