Missione umana su Marte: si può fare.

E’ un piacere leggere i tuoi interventi Quaoar e fanno tornare la voglia di parlare di Astronautica, con la A maiuscola.
Il problema non sono certo le radiazioni, basta cercare in rete per trovare che 100 milliSievert portano, statisticamente e secondo le scarse conoscenze attuali dovute ai pochi - fortunatamente - casi di popolazioni
realmente colpite da radiazioni, all’insorgere di un caso di tumore su 100 persone. Significa che i 0,750 Sievert ipotizzati da Marco Zambi porterebbero a 75 casi di tumore su 1000 persone. Ora, in condizioni normali,non sono certo pochi. Una azienda in cui ci fosse un tasso di mortalità di questo tipo verrebbe sicuramente chiusa, ma, anche non tenendo conto del fatto che gli astronauti non girerebbero nudi su Marte ma avrebbero comunque delle protezione quindi gli 0,75 Sievert si abbasserebbero, sarebbe un valore del tutto accettabile visto che stiamo parlando di raggiungere Marte. Per lo meno, io non avrei problemi ad accettare un rischio
di questo tipo a fronte di una missione di quella portata. Visto che la stessa Nasa accetta poi che i limiti di assorbimento durante l’intera carriera sono di 1 Sievert per le donne e 1,5 per gli uomini siamo all’interno di
un limite comunque accettabile. Siamo un po’ sotto al limite nelle condizioni peggiori, non siamo uno o due ordini di grandezza sopra i limiti. Quindi le radiazioni, pur essendo uno degli aspetti da considerare e dei cui effetti
nocivi cercare di ridurre l’impatto, non sono assolutamente il problema principale.

Ho visto anch’io come Quaoar, avevo otto anni, l’Apollo 11 sulla Luna e mi sorprende come una sfida lanciata nel 1960 da Kennedy portò in soli 9 anni al raggiungimento dell’obiettivo. Anche il programma Shuttle, pur con tutti i suoi problemi, le sue mancate promesse, i suoi drammi, mettiamoci anche i suoi successi pero’ :slight_smile: , ha richiesto solo una decina di anni per passare dall’idea alla realizzazione.

Abbiamo bisogno, soprattutto in questo periodo di crisi ( secondo me creata ad arte ), di un New Deal di enorme portata, di qualche cosa che porti al limite le nostre capacità. Le ricadute tecnologiche, sociali e culturali, sarebbero enormi.

Grazie ancora a Quaoar alla sua giovanilità :slight_smile: ,e al suo entusiasmo.

Come diceva argutamente Zubrin, basterebbe mandare su Marte un equipaggio di fumatori senza sigarette e le loro probabilità di ammalarsi di cancro si ridurrebbero drasticamente nonostante le radiazioni.

Anche senza schermatura a mini magnetosfera (volendo si potrebbe mettere appunto e rendere operativa in un paio d’anni) riducendo i tempi di transito e con una buona schermatura di superficie, facilmente ottenibile con i materiali trovati in loco si potrebbe limitare molto il danno: con 120 giorni di andata, 120 di ritorno e 500 giorni sulla superficie di Marte, gli astronauti non prenderebbero comunque un quantitativo di radiazioni superiore a quello che si è preso Valeri Polyakov che ha passato complessivamente 678 giorni in LEO ed è ancora vivo; e sicuramente avrebbero un rischio complessivo inferiore a quello d’un militare in Afghanistan.

Comunque un’astronatica a rischio zero è impossibile. E’ chiaro che un viaggio su Marte o una missione lunare non è e non sarà mai un pic-nic. L’astronauta è un pioniere, come lo sono stati i primi aviatori, che rischiavano molto di più degli odierni passeggeri dei voli di linea - se non vuoi rischiare volando, mettiti alla finestra e guarda volare gli uccelli (Orwille Wright).
Gli astronauti sanno che ci sono alcuni rischi e li accettano: Armstrong e Aldrin sapevano benissimo che se il razzo dello stadio di ascesa del LEM non si fosse acceso, oltre ad essere i primi uomini a camminare sulla Luna sarebbero stati anche i primi uomini a morire sulla Luna. Ma gli ingegneri avevano fatto le cose per bene: un razzo alimentato a pressione con propellente ipergolico, semplice, robusto e affidabile, praticamente senza parti in movimento; così il rischio era accettabile.

Sono sicuro che se volessero veramente (magari perché sfidati dai cinesi su quell’obiettivo) in dieci anni riusciremmo anche ad andare su Marte. E’ solo questione di volontà.

Grazie, sono commosso!

Quello della Bristol è un progetto molto interessante.
Personalmente sono convinto che dopo lo Space Shuttle la via maestra era quella del TSTO (Due stadi per l’orbita),con vettore ( o veicolo suborbitale madre) e navetta interamente riutilizzabili,e non quella del SSTO (vettore singolo per l’orbita) perseguita dal poi cancellato programma X-33.
Ancora una volta abbiamo avuto la dimostrazione che i salti tecnologici non pagano.

Anch’io ho i capelli bianchi, non sono appena sbucato da sotto la foglia del cavolo, ne sono appena caduto giù dal becco della cicogna. Ho vissuto gli ultimi tempi di Apollo, ho sognato con la Navetta ed ho la delusione per tutto quello che non è stato fatto. Il perchè lo sappiamo tutti, è roba trita e ritrita. Parliamo di futuro, allora.

Piacerebbero anche a me le colonie oneilliane, ma è presto. Tecnicamente e socialmente. La parte economica non la considero. Quando vuoi i soldi li trovi. Specialmente se hai l’appoggio dei tuoi elettori: questo è il punto. Politici con “vision” ormai non ce ne sono più. Un tempo almeno c’era il comunismo o il liberismo. Luoghi filosofici da raggiungere che muovevano le masse, guidate da uomini che avevano comunque un obiettivo grandioso. Oggi cosa c’è sul mercato? Economia a breve termine. Pragmatismo fine a se stesso. Una Delusion sconfortante.

Potremo avere le grandi colonie orbitanti e quelle marziane solo quando padroneggeremo meglio lo spazio. Per farlo occorrono nuovi materiali e questi si potranno fare solo in regime di microgravità. Occorre sviluppare gli studi in tal senso. Poi, prelevare materiale dallo spazio per lo spazio. Asteroidi e comete che passano vicini alla Terra ce ne sono. Li prendi, li trasformi in basi spaziali ed astronavi. Ecco. Quando avremo l’astronave, avremo tutto. Un veicolo idoneo a portarci in ogni angolo del Sistema Solare.
Non è una questione di propulsione o di energia. E’ il veicolo che manca. Lo avremo solo quando impareremo a farlo diretamente nello spazio, con tecnologie spaziali.
Dobbiamo solo produrre “un condensatore spaziale” che darà lo spunto, poi la macchina si avvierà da se.
lo spazio si autoalimenterà ed allora potremmo veramente assistere ad un esodo di massa di gente che vorrà andare nello spazio a vivere perché lì c’è futuro, mentre sulla Terra non ci sarà più, o troppo poco.
Lo spazio sarà la nostra nuova America. Prima ci saranno delle “factory mobili” che cacceranno gli asteroidi più vicini, li trasformeranno in componenti per assemblare nuove factory, astronavi, strutture… tutto quello che serve. Allora le necessità spaziali aumenteranno e con esse la quantità di persone. Avremo le prime colonie, non oneilliane, ma più “antartiche”, spartane, ma l’aflusso di gente sarà sempre maggiore. Ed intanto nasceranno colonie anche su Marte, Luna e satelliti di Giove o persino Saturno.

Per qualsiasi cosa comunque occorre l’appoggio popolare. E’ necessario che lo spazio non rimanga il luogo di Star Trek, il luogo dei sogni. Dobbiamo sforzarci di farlo diventare un luogo fisico che si raggiunge con un mezzo, così come l’automobile, il treno, l’aereo. Di far capire che lo spazio è l’unica America vera del futuro ed anche del presente. Bisogna far capire che il treno che porta all’America è già partito e che bisogna prendere il prossimo. Altrimenti l’America resterà solo un sogno.
L’America è quel posto dove ognuno può realizzarsi. Qui l’America non c’è più. E’ finita.
C’è gente che affronta le onde del mare perché crede che qui c’è l’America, mentre qui c’è gente che dopo aver appreso cosa fare in America, se ne va all’estero alla ricerca di un America. Che differenza c’è tra l’imbarcarsi su una bagnarola o salire su un aereo? Tanta, ma entrambi cercano l’America. E per questo si è disposti a tutto.

Se vogliamo l’America, dobbiamo farla entrare nella mente della gente. Lo dicevo, altrove, lo dico oggi e lo ripeterò domani. Vi annoierò a morte con il mio romanticismo, ma vorrei che qualcuno mi dimostrasse il contrario. Se lo vogliamo noi, lo vorranno anche i politici, che pur di non perdere il cadreghino si accoderanno. Quindi troveranno i soldi per farlo.

Ma se non spingiamo noi, nessuno lo farà al posto nostro. Nemmeno se alle strette. Il giorno che il nostro mondo arriverà al punto di rottura, si farà una bella guericciola e tutto ri risolve. E’ sempre stato così. Cambiamo ed andiamo nello spazio.

La tua è una visione grandiosa, Ares. Ma se noi non cominciamo oggi con la tecnologia e i materiali che abbiamo, domani i nostri nipoti non vedranno mai il realizzarsi dei nostri sogni.
La microgravità non è strettamente necessaria per realizzare nuovi materiali: è molto più economico realizzarli sulla Terra utilizzando, quando serve, la levitazione diamagnetica.
Il volo spaziale ormai lo padroneggiamo bene: riusciamo a far volare le nostre sonde tra i pianeti e a farle atterrare con grande precisione. Nulla ci vieta di applicare le stesse conoscenze su veicoli con equipaggio.
Possiamo costruire navi adatte a raggiungere Marte (o basi orbitanti se preferisci) con i materiali e la tecnologia attuale.
La base che possiamo fare adesso non sarà certo l’Isola Uno che sognava O’Neil, ma puoi benissimo lanciare tanti moduli della Bigelow Aerospace e assemblarli in orbita per costruire gradualmente una base grande e leggera, dotata persino di zone a gravità artificiale.
Altrettanto si può fare con una nave interplanetaria a razzi LOX-LCH4 capace di portare un equipaggio umano su Marte: costruire nello spazio è difficile e costoso: molto meglio costruire sulla Terra una serie di moduli di 10-50 tonnellate, lanciarli con un Falcon 9 o un Falcon Heavy e assemblarli in orbita con una semplice manovra di docking.
Si possono fondare gradualmente colonie sulla Luna e su Marte, che sfrutteranno le risorse in sito. Perché l’economia terrestre si avvantaggi delle risorse spaziali, la tecnologia dei trasporti non è ancoretti, che ripagherebbero abbondantemente il costo dei lanci e delle missioni.
Come dici giustamente si tratta solo di iniziare. Solo i politici dalla mente gretta pensano che l’economia sia un gioco a somma zero: se lo fosse veramente, a quest’ora vivremmo ancora nelle caverne.

Non sono certo un esperto, ma con due stadi diventa tutto più facile: normale tecnologia e meteriali già in uso nell’industria aeronautica, senza bisogno di serbatoi ultraleggeri come quello in carbonio che fece fallire il proggetto X-33. Non c’è bisogno di rapporti di massa eccessivamente penalizzanti per la spinta; del complicatissimo aerospike del Venture Star, perché i razzi si accendono già ad alta quota (carrier) o nello spazio (orbiter) e quindi possono avere già un ugello ottimizzato per il vuoto.
Il distacco tra l’orbiter e il carrier avviene nello spazio, in assenza di carichi aerodinamici.

Tecnologia semplice, robusta, affidabile, già prodotta in serie, che può essere reperita sul mercato a costi ragionevoli .
Se avessero fatto lo Shuttle in questo modo…

La vita su Marte, per quanto ne sappiamo, non c’è e mancano le prove schiaccianti di una vita pregressa che consentirebbero quantomeno la nascita ufficiale della paleontologia aliena.
La scoperta della vita, o di tracce di vita passata, sarebbe a mio avviso l’unico motore economico, scientifico e politico in grado di giustificare un investimento di 100 miliardi e un considerevole rischio per l’equipaggio scelto.
Poi, per carità, tecnicamente si può fare: in pochi casi però questo è un motivo valido e sufficiente a fare effettivamente qualcosa. Con il costo di una missione umana su Marte si preparano probabilmente 20 o 40 sonde come MSL: diciamo 20, giacché alcune di esse risulterebbero più costose. In ogni caso si potrebbe finalmente avviare un progetto di esplorazione sistematica del nostro sistema solare, ed allora chissà che davvero non salti la fuori la vita. Per essa, ne sono convinto, varrebbe la pena anche andare di persona su Europa.

Ma una missione alla bersagliera su Marte no, non la capisco: cui prodest?
Non parliamo di colonie e miniere, dai, con la tecnologia attuale è fantascienza.
Se si tratta di fare ricerche scientifiche, mi chiedo quale task giustificherebbe il rischio e il costo di mandare un operatore umano a svolgere le mansioni che potrebbe tranquillamente compiere una sonda automatica, sample return compreso. Le sonde sono più lente, si rompono, si usurano, hanno strumenti limitati e autonomia decisionale scarsa. Ma se un rover si capotta o perde una ruota possiamo fare spallucce, mentre perdere un equipaggio è un’altra cosa. Tra la durata del viaggio, la distanza tale da rendere impensabile qualsiasi rifornimento, gli inevitabili rischi del volo spaziale e le radiazioni, mi sembra ci siano molteplici incognite. Le radiazioni NON sono un problema trascurabile, affermare che Polyakov sta bene è come dire che l’influenza non uccide nessuno perché l’anno scorso l’ho presa e sono guarito. Prima di esporre deliberatamente uomini e donne sani a dosi di radiazioni note per essere dannose bisognerebbe interrogarsi molto bene sul rapporto rischio/beneficio dell’intero progetto, perché il piatto dei rischi è pesantuccio e sul piatto dei benefici non vorrei ci fosse solo una bandierina fine a sé stessa.

Seguo questo topic e medito…tutte teorie affascinanti, ma c’è qualcosa che non mi torna, per me è prematuro. Piuttosto, perchè non pensare a un viaggio di andata e ritorno per una sonda/rover/qualcosa che porti dei campioni sulla Terra che possano essere toccati con mano e visti dagli scienziati? Certo anche qui ci sarebbero dei rischi, ad esempio se poi nel materiale ci fossero dei batteri/virus/prioni patogeni…ok forse è fantascienza, ma per quel che ne sappiamo, non si può escludere.
Se ne è già parlato in qualche topic? Non voglio inquinare.

OT: interessanti le considerazioni sogno/età percepita. Ai ragazzi che si dichiarano, tra le righe di questo topic, “anzianotti”, segnalo un articolo di Boncinelli
http://www.corriere.it/salute/neuroscienze/13_dicembre_18/cervello-salute-l-eta-non-si-misura-anni-26facd56-67b9-11e3-963a-2749949921b5.shtml

Quaoar, la partenza è sempre dalla Terra, ma non può sempre avvenire da qui. Per rendere economico lo spazio, ora, devi abbassare di un fattore 100 il costo del lancio. Quindi partire sempre dalla Terra è sempre svantaggioso. quella sottilissima buccia d’aria che ci protegge è una barriera quasi insormontabile, più del pozzo grazitazionale terrestre. Ti obbliga a progettare profili aerodinamici che però non sono validi per tutte lel velocità, ma devono essere ottimizzati per certi range, devi dotarti di scudi termici che a loro volta impongono certe soluzioni tecniche.
Ho capito che già oggi si può fare un volo Terra Marte, le obiezioni tecniche sono unghiate sugli specchi. E’ il motivo che traballa. Marte, sebbene più piccolo della Terra e più grande della Luna, resta bello grosso. anche a mandrci gli uomini, quanto possono esplorare in più di un rover teleguidato da terra? Basterebbe un rover più grosso e dotato di quelli oggi a disposizione, sebbene l’ultimo arrivato non mi pare poi così piccolo. Può restare su Marte per molto più tempo di un uomo e ci sono meno rischi. potrei ancora accetare una missione di compromesso con una missione umana che si ferma in orbita marziana e guida i rover da lì, senza attendere 20’ solo per inviare/ricevere i comandi.

Il punto però che è una missione fine a se stessa. La realizzi con tecnologie collaudate o quasi e non ti da ricadute se non in termini scientifici, che ben vengano, ma limitati. Non sarà una missione a darci la risposta sulla vita su Marte.

Io non dico come certi d’aspettare le tecnologie che verranno. no. io dico di sviluppare adesso quelle tecnologie, non aspettare i comodi dei posteri. Dici di levitazione diamagnetica? Se così fosse saremmo inondati di nuovi materiali, ma non ne vedo. Qui si parla di nuovi materiali in quantità industriale, non da laboratorio.
So che esistono delel difficoltà sulla fusione dei metalli, per esempio, ma vi ricordo il fornetto del MIR che sfornava microcip migliori dei parigrado terrestri. Costo dell’energia? 0, era tutta solare.
Sono questi materiali che sono lì, sopra le nostre teste, che devono essere usati. poi li possiamo anche portare giù, allora potrai realizzare veicoli navetta più leggeri delle vecchie navette, ma più performanti, allora si che vedrai crollare il costo dei voli spaziali. alora potrai realizzare veicoli destinati solo al volo spaziale, altri al volo atmosferico ed ibridi. Nel frattempo collaudi il tutto usando lal Luna o i punti lagrangiani. Collaudato il tutto, non c’è posto del Sistema Solare che non potrai raggiungere.

Come dici tu, occorre lasciare più spazio ai privati.
Occorre anche incentivare i privati. Questo si può fare solo con l’aiuto del Pubblico, esattamente come stà facendo oggi lal NASA con i voli verso lal ISS. La NASA è “il condensatore che da lo spunto”, poi i privati galopperanno con le loro zampine. Da solo, non vanno lontano. Senza il bando per voli verso al ISS, non so quanti privati si sarebbero messi in pista. E comunque la strada non è finita. La NASA deve decidere chi usare tra Dragon, CST-100 e Dream Chaser. Scelto il veicolo gli altri due che fanno? Proseguono nello spazio manned privato o mollano? Ma i privati vanno nello spazio se c’è qualcuno che ci vuole andare. Se nessuno di noi lo vule, loro per cosa le costruiscono le loro capsule? La scienza da sola e qualche ricco turista speriamo che bastino. Per me non è abbastanza.
Già oggi siamo a corto di risorse. Facciamo le guerre per fregarle da sotto il sedere agli altri e non cosa recente. Sono millenni che la Terra ci stà stretta, o meglio, quel poco di terre emerse sfruttabili, perchè c’è tanta superficie inutilizzabile. La su c’è il 99% del 1% del Sistema Solare da sfruttare e lo lasciamo lì a marcire?

Ditemi dove sbaglio.

Sulla Terra noi viviamo e sulla Terra, in un modo o nell’altro dobbiamo tornare, almeno in questo secolo. Noi non viviamo nell’universo di Mobile Suit Gundam, dove ci sono numerosi habitat nelle zone di Lagrange. Nello spazio non trovi materiale e propellente e quindi devi comunque fare arrivare tutto dalla Terra almeno per il momento. In un futuro che non sappiamo neanche se si realizzerà potrai inviare materiali dalla Luna, da Marte e dagli asteroidi, ma sempre devi partire da un corpo celeste. Allora un approccio intelligente è sfruttare proprio quella sottilissima buccia d’aria che ci protegge, che tu vedi come una barriera insormontabile, mentre io come una risorsa: disegnamo navi con una struttura adatta al rientro e utilizziamo le atmosfere per l’aerobraking e/o l’aerocattura, risparmiando così metà del propellente delle missioni: un buono scudo termico in pica-X pesa molto meno del propellente necessario al second burn e a una discesa propulsiva.

Sul fatto che servano lanciatori pesanti economici siamo tutti d’accordo: per andare su Marte o per costruire basi spaziali, devi sempre partire dallla Terra e quindi un buon apparato di lancio è indispensabile. Il futuro Falcon R della SpaceX a stadi riutilizzabili sembra il più vicino a raggiungere questo obiettivo (le altre ditte qualcosa di analogo non l’hanno nemmeno in programma) e probabilmente sarà operativo nel giro di qualche anno.

Questo è un discorso generale sull’utilità dei viaggi umani nello spazio: seguendo il tuo ragionamento, si poteva benissimo non fare l’ISS e lasciare fare tutto a satelliti automatizzati, con molta meno spasa e perdite di vite umane (ben due equipaggi di Shuttle) .

Vorresti lasciarli 500 giorni nello spazio a girare attorno a Marte esposti a una dose di raggi cosmici ben superiore a quella che si prenderebbero su Marte? Oltre ai maggiori rischi per la salute, sarebbe anche enormemente più costosa, perché nell’orbita non puoi sintetizzare il propellente per il viaggio di ritorno e te lo devi portare tutto da casa.

Già sperimentare un sistema di gravità artificiale e una schermatura a mini magnetosfera il volo spaziale farebbe un passo da gigante.

Come fai a saperlo?. Se non la facciamo non lo sapremo mai: una sonda può fare in un anno il lavoro che un bravo geologo e un bravo biologo possono fare in una giornata.

Già lo fanno. Il concetto è che tu puoi simulare la microgravità a terra col diamagnetismo e utilizzarla per produrre materiali avanzati, con molta meno spesa: ovviamente non devono essere materiali ferromagnetici, ma per i materiali a base di silicio e carbonio va benissimo. Ci sono già ottimi materiali molto leggeri e resistenti per le navi spaziali: dai moduli gonfiabili della Bigelow Aerospace, al nuovo materiale a base di polietilene a lunga catena. La nave che sogni la puoi fare benissimo qui e ora.

A parità di sicurezza, sarebbe obbligata a scegliere il sistema che costa di meno: in questo caso la scelta dovrebbe cadere sulla Dragon: ha un sistema di sicurezza con i razzi di fuga, migliore della classica torre, col vantaggio di funzionare anche da retrorazzi di atterraggio. Un altro buon business per i privati potrebbere essere il turismo: turismo spaziale per i ricconi e “turismo lunare” per paesi emergenti con velleità di grandezza: un domani, per uno stato potrebbe essere più conveniente comprare un “pacchetto lunare” tutto compreso dalla SpaceX e farsi la sua bella missione lunare, piuttosto che sviluppare un sistema proprio. Questo potrebbe per esempio servire a reperire le risorse per andare su Marte.

Elon Musk era già ricchissimo grazie a Pay Pal e ha fondato la SpaceX per passione, anche se poi essendo un imprenditore molto in gamba sta riuscendo a farla rendere benissimo. Non ha mai nascosto le sue aspirazioni ad andare su Marte.

Quando partiamo?

Sono d’accordo con te che una missione alla bersagliera per piantare la bandiera non servirebbe a nulla. Quello di cui parliamo è una missione umana con 500 giorni sulla superficie di Marte, dove una squadra di geologi e biologi, esplorerebbero i vari siti con un rover, cercando fossili e forme di vita microbiche. Farebbero il lavoro neanche un milione di sonde automatizzate con mini kit potrebbero fare.
Le radiazioni sono un problema facilmente risolvibile con la tecnologia attuale: in superficie le radiazioni sono comparabili con quelle in LEO ed è facile proteggersi con materiali trovati in loco: nel Bacino di Hellas a -8000 metri, il quantitativo di radiazioni è di circa 0.1 Sv/anno contro gli 0.2 Sv/anno dell’ISS (la dose massima stabilita dall’NCRP per i piloti civili è di 0.5 Sv/anno).

http://journalofcosmology.com/Mars130.html

http://engineering.tamu.edu/media/699860/revolutionary_radiation_concepts.pdf

Nello spazio si possono schermare con apparati a mini magnetosfera e si può anche ridurre la durata del viaggio a circa 4 mesi.

Sarà sempre prematuro se non ci provi mai.

Ci hanno già pensato: si chiama Sample Return Mission. Sarebbe interessante dal punto di vista tecnico perché la nave di ritorno sisntetizzerebbe il propellente in situ, direttamente dalla CO2 dell’atmosfera, e potrebbe essere un banco di prova per una missione umana. IIl problema verte su come far sopravvivere al viaggio eventuali forme di vita, ammesso che si abbia la fortuna di beccarle proprio in quel piccolo campione di terreno.

Meteoriti provenienti da Marte sulle Terra ne sono arrivati tantissimi: se dovevano contaminare a quest’ora avranno già contaminato. Per il resto ci sono molti meno pericoli di ammalarsi in un viaggio su Marte che in un viaggio ai tropici: un microbo alieno con un genoma e una biochimica alternativa (magari che utilizza amminoacidi destrogiri e zuccheri levogiri) non saprebbe che farsene del nostro corpo.

OT: interessanti le considerazioni sogno/età percepita. Ai ragazzi che si dichiarano, tra le righe di questo topic, “anzianotti”, segnalo un articolo di Boncinelli
http://www.corriere.it/salute/neuroscienze/13_dicembre_18/cervello-salute-l-eta-non-si-misura-anni-26facd56-67b9-11e3-963a-2749949921b5.shtml
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niente affatto! il problema verte su come evitare che possibili forme di vita marziane presenti eventualmente nel campione vengano a contatto con la biosfera terrestre. se ci sono eventuali forme di vita, che siano vive o morte e’ assolutamente irrilevante.

Ho trovato un’interessantissima mappa delle radizaioni di superficie su Marte: http://journalofcosmology.com/Mars130.html

Nel Bacino di Hellas la dose è di 10 REM/anno, così una missione “fast transit”(120 andata + 600 in superficie + 120 ritorno) avrebbe 20 + 16.6 + 20 = 56.6 REM/840 giorni = 24.2 REM/all’anno (senza contare la schermatura): ben al disotto del limite di 50 REM/ all’anno per i piloti civili e appena superiore ai 20 REM/anno degli astronauti sull’ISS.

E’ molto difficile rilevare una forma di vita morta e decomposta, soprattutto quando non ha un DNA come il nostro e usa una biochimnica completamente diversa. Viceversa, quando è viva la osservi molto più facilmente al microscopio.
Per la contaminazione basta siggillarla bene: il generatore a rdioisotopi del LEM dell’Apollo 13 è da qualche parte nell’oceano Pacifico e ancora non ha tirato fuori un milligrammo di plutonio.

Quaoar dici: Nello spazio non trovi materiale e propellente e quindi devi comunque fare arrivare tutto dalla Terra almeno per il momento. Eppure sei tu i primo a sostenere che il carburante che ti serve per tornare da Marte lo trovi su Marte. Io lo trovo sugli asteroidi, le comete e la Luna. Non mi sembrano corpi pieni di niente, altrimenti cadendo sulla Terra non estinguerebbero l’umanità.
Dici: disegnamo navi con una struttura adatta al rientro e utilizziamo le atmosfere per l’aerobraking e/o l’aerocattura, risparmiando così metà del propellente. Certo, volando al minimo della velocità possibile, ma nel mio caso voli a velocità ben maggiori. Lo sfruttamento dello spazio parte dal presupposto che ci si possa muovere molto più velocemente di oggi. Si può fare. Di propulsioni ne hai quante ne vuoi, ma per partire devi dotarti comunque di propellente in più in base alla velocità in più che vuoi raggiungere, al quantitativo che occorre per le emergenze, ecc, ecc. Uscire da un pozzo gravitazionale o entrare a velocità controllata comportano sempre consumo di propellente. Certo che se devi entrare nell’atmosfera di un astro, la sfrutti, ma non puoi entrarci alla velocità che ti piace.
Dici: Il futuro Falcon R della SpaceX a stadi riutilizzabili sembra il più vicino. Sembra, appunto. Quanto costerà rendere riutilizzabile l’intero lanciatore? Ci sono poi problemi logistici, perché se lanci dagli Usa, l’ultimo stadio si potrebbe trovare sull’Oceano Indiano… Mquanto ti costerà alla fine un missile a perdere contro uno riutilizzabile con alti costi logistici? Io spero che Space-X ci riesca, beninteso, ma allora perché non riproporre il vecchio Sangher? Indubbiamente anche nel futuro più roseo occorrerà un sistema di decollo. Missile a stadi riutilizzabili? Sangher? Un veicolo a corpo unico? Tutto fattibile, ma non è detto sia possibile con le attuali tecnologie. Per avere nuove tecnologie occorre investire. Space-X lo fa, a suo modo. Musk sembra ancora dotato di quel romanticismo che serve alle imprese moderne, gestite solo, non me ne vogliano, da ragionieri. Sicuramente il Falcon riutilizzabile sarà tecnicamente diverso da quello previsto oggi. Purchè gli si trovi un mercato e non si riveli un fiasco.
Dici: Quando partiamo? Ti rispondo: vuoi il seggiolino di destra o di sinistra? Per me è lo stesso, ma senza passeggeri e payload?

Bello Marte subito, ma io ho una vision. Se il tuo Marte potrebbe spingere l’umanità verso la mia vision, ben venga. Se no, io sono con te lo stesso, deluso, ma contento di vedere un uomo sgambettare su Marte.

Non necessariamente decomposta. Anche i meccanismi di decomposizione comunque direbbero molto. Sul DNA, potrebbe non essere come il nostro, ma anche sì…non lo sappiamo!

Ma dici bene, nessuna sonda può svolgere il lavoro dell’uomo e per trovare o meno la vita ci vorrebbe un team di scienziati al lavoro, su tutto il pianeta. Quanto tempo per esplorarlo tutto? Che strumentazioni spedire? (vabbè questo è il meno).

Ora mi informo sulla Sample Return Mission, me l’ero completamente persa.
Leggo, e medito.

Scusami, ma forse qui ci siamo capiti male: per spazio intendo lo spazio orbitale, mentre le risorse le trovi sui corpi celesti: se vuoi costruire un habitat in LEO, almeno per il momento il materiale lo devi far arrivare tutto dalla Terra, perché sulla luna non ci sono miniere e fabbriche.

Se parliamo di razzi chimici, gli unici al momento disponibili, il massimo che possiamo fare è viaggiare su orbite di trasferimento economiche a bassa energia: il delta-V che possiamo ottenere è dato dal prodotto della velocità di scarico dei razzi per il logaritmo naturale del rapporto di massa. Questa purtroppo è l’equazione del razzo e proprio per non avere rapporti di massa proibitivi si cerca di utilizzare l’aerobraking e la produzione di propellente in situ. Lo stesso discorso vale anche per i razzi termonucleari, che potremmo costruire se non ci fossero ostacoli politici: hanno una velocità di scarico circa doppia di un buon razzo LOX-LH2, che puoi sruttare per aumentare il carico pagante, ma i tempi di una missione Terra-Marte sono più o meno gli stessi. Si potrebbero costruire razzi a frammentazione nucleare o ad acqua salata nucleare ( http://en.wikipedia.org/wiki/Nuclear_salt-water_rocket ) ma la politica non lo permetterebbe mai e comunque ci vorrebbero molti anni di ricerca e sviluppo, mentre io su Marte voglio andarci entro dieci anni.
La fusione nucleare ancora non ce l’abbiamo. L’idrogeno metallico neanche.
Un’alternativa promettente potrebbe essere l’associazione dei razzi chimici alla minimagnetosfera, usata però in modo propulsivo come vela magnetica anziché come scudo, come una sorta di “motorsailer”: basterebbero i pannelli solari di bordo, ma comunque andrebbe studiato e messo a punto ( http://www.lpi.usra.edu/publications/reports/CB-1106/wash01.pdf ).

Il problema dell’entrata atmosferica da orbite a bassa energia è stato studiato e calcolato: navi fino a 40 tonnellate e 10 metri di diametro dello scudo termico, possono eseguire rientri diretti e rallentamento in retropropulsione supersonica: i razzi del Dragon Rider, inclinati a 30° rispetto all’asse della nave, moltiplicano l’attrito dello scudo e ostacolano lo scorrimento dell’aria formando una specie di paracadute aerodinamico.

http://adl.stanford.edu/papers/JSR_Bakhtian.pdf

Oltre le 40 tonnellate devono eseguire prima una manovra di inserimento orbitale per aerocattura e poi un’entrata in aerobraking dall’orbita.

http://www.ssdl.gatech.edu/papers/conferencePapers/AIAA-2009-6684.pdf

Ovviamente, se hai una nave a fusione che viaggia su orbite ad alta energia certo non potrai fare entrate in aerobraking, ma avrai anche delta-V molto alti che di consentiranno di fare inserimenti propulsivi. Ma io sto parlando di quello che possiamo fare adesso con ciò che abbiamo.

L’ultimo stadio si inserisce in LEO, quindi puoi farlo girare fino a quando non è nella posizione giusta per farlo tornare al punto di partenza. Il problema semmai è far tornare a casa il primo stadio: per questo devi spendere un certo surplus di propellente, ché c’è quasi sempre perché è difficile che il carico pagante abbia esattamente la stessa massa del limite di carico massimo.

Anche se le tue basi dovrebbero spingerci verso Marte andrebbero bene per me: non che un futuro di habitat tra la Luna e le zone di Lagrange come in Mobile Suit Gundam mi dispiaccia (gas nervini a parte), solo che credo realisticamente che un così grandioso programma faustiano si areni molto prima per mancanza di fondi.

un sistema per ridurre l’accesso il LEO esisterebbe già: la sinergia fra spacex e dream chaser

Poi, miei due cents, marte non è l’arrivo, ma la bsae per una esplorazione che ha reale senso, scientifico e commerciale, la fascia degli asteroidi e i satelliti gioviani.
Sebbene gli asteroidi non siano quella zona tipo guerre syellare da marte è più pratico raggiungerli per estrarreminerali, da marte di è più facile andare sulle lune di giove tipo la dimenticata Io o la tanto agognata Europa.
se vi fosse una reale vision di permanenza nello spazio e su basi extra leo puianificare a lungo termine una colonizzazioen di marte e della sua LEO avrebbe un senso più efficiente, sempre IMHO