Dopo 6 anni di indagini dall’incidente è stato reso pubblico l’ultimo grande rapporto stilato a seguito della tragedia, parzialmente redatto grazie al video recuperato con il filmato dell’equipaggio realizzato durante il rientro, sicuramente il più toccante e completo dei rapporti in quanto non focalizza l’attenzione sulle cause dell’incidente ma sui motivi che hanno portato alla morte dell’equipaggio.
Le rivelazioni sono tante e importanti, molte delle quali riguardano appunto l’equipaggio e la sorte che seguì.
La causa della morte è stata l’improvvisa depressurizzazione della cabina o i forti impatti subiti in quegli attimi, e non è stato possibile determinare quale dei due abbia portato prima alla morte.
La morte non è sopraggiunta per tutti contemporaneamente in quanto almeno tre dell’equipaggio non indossavano in quel momento i guanti che permettevano la pressurizzazione, un membro non era seduto, un’altro non indossava il casco e molti non avevano sigillato lo stesso.
Sono state individuate in tutto 5 cause da prevenire e che hanno portato potenzialmente alla morte dell’equipaggio: la depressurizzazione della cabina, urti dei corpi dell’equipaggio contro oggetti o parti della cabina, espulsione di essi dai sedili e dalla cabina, esposizione all’ambiente esterno a 100.000ft e impatto con il terreno.
Dal momento del primo allarme a bordo sono passati almeno 40 sec prima che la morte sopraggiungesse, dopo 4 secondi la navetta era fuori controllo, a 26 secondi Rick Husband e il pilota William McCool erano sicuramente in grado di rispondere e azionare i sistemi di bordo, subito dopo iniziò la depressurizzazione della cabina e a 41sec questa terminò con la perdita di coscienza di gran parte dell’equipaggio per mancanza d’ossigeno.
La conclusione è che se tutte le procedure fossero state rispettate l’equipaggio avrebbe vissuto per più tempo ma non avrebbe avuto in egual modo scampo alla morte.
Sono state infine redatte 30 correzioni consigliate per le future missioni spaziali e sistemi di protezione dell’equipaggio implemetabili anche nelle missioni di Orion per la maggior parte riguardanti le tute, i paracaduti e le cinture di ritenzione.
Vista la delicatezza del rapporto, che potrebbe riportare i famigliari sulle cronache della stampa, è stato chiesto dalle famiglie di pubblicarlo ora, durante questo periodo dell’anno, in quanto i bambini che frequentano ancora le scuole non corrono il rischio di subire pressioni esterne in periodi di frequentazione di luoghi pubblici.
L’intero rapporto con la timeline degli eventi nel cockpit, l’analisi dei detriti e i risultati sui corpi degli astronauti può essere scaricato nella versione completa qui:
Ero rimasto particolarmente colpito dalla lettura del rapporto della Rogers Commision riguardo all’incidente del Challenger. In particolare dalla possibilità che parte dell’equipaggio fosse sopravvissuto alla disintegrazione dell’Orbiter, argomento toccato anche e soprattutto da rapporti governativi successivi.
Anche Mike Mullane, nel suo Riding Rockets, pone particolare accento su questo aspetto, in un toccante capitolo del libro. Non per entrare nel macabro o nel morboso, ma per la volontà di capire fino in fondo se e quali possibilità di salvezza avessero avuto i suoi compagni di lavoro, e fino a quando avessero tentato di metterle in atto.
Ora, a prima vista, questo rapporto sembra entrare ancor di più nel dettaglio degli ultimi minuti del Columbia e del suo equipaggio.
Sarà terribile ma interessantissimo da leggere.
Qui non si tratta di esser macabri o morbosi ma semplicemente curiosi. Di fronte alla verità e alla sua ricerca non deve esserci emozione che tenga.
Oltrettutto è importante sapere cosa sia dettagliatamente successo agli astronauti in quei momenti, non solo per identificarcisi meglio, ma anche per capire le dinamiche comportamentali.
Poi mi soprende che, durante il rientro, ogni membro dell’equipaggio fosse messo come piu gli pareva: chi col casco, chi senza, chi in piedi, chi seduto senza cinture, chi con le cinture, chi coi guanti e chi no…inaudito e inammissibile! Forse, e dico forse, se tutti fossero stati dotati di tute pressurizzate, caschi belli chiusi e guanti indossati magari potevano forse fare qlc in piu (ma poi cosa? ormai il Columbia stava cmq disintegrandosi…)
Chissà, magari se durante un’ EVA si fossero accorti delle mattonelle staccate…
What if…
Con tutto il rispetto del caso, devo dire che il dossier è davvero dettagliato ed interessante (non l’ho letto tutto, mi sono solo soffermato qua e là).
Sono certo che le risorse spese per investigare così minuziosamente sull’incidente, possano davvero ridurre ulteriormente le probabilità di imprevisti (più e meno gravi) dei voli futuri.
Tute pressurizzate non correttamente indossate per il rientro.
Per carità,non sarebbe servito,non in questa occasione,
però questo del non voler indossare o indossare in modo incompleto le tute è un brutto vizio.
E’ un documento davvero interessante, parte da dove si è fermato il CAIB e traccia gli ultimi secondi dopo il LOS del Columbia.
E’ vero che sia una brutta abitudine quella che c’era di non indossare completamente le tute e i caschi comune agli equipaggi di quel periodo e non solo a quello di STS-107, ma mi viene da dire che in questo caso è andata meglio così … insomma non posso pensare a cosa vuol dire rendersi conto che non hai scampo e aspettare che sia finita …
Devo dire che mi ha lasciato completamente sorpreso il leggere che, durante la fase di rientro dall’orbita , non tutti gli astronauti indosassero integralmente le varie componenti delle tute; Questo perchè , essendo comunque dei professionisti e allo stesso tempo impegnati in una fase delicata, avrebbero dovuto essere più prudenti. Sinceramente non mi aspettavo un comportamento simile da degli astronauti.
Allo stesso tempo devo dire che trovo "comune " la cosa. Quando ci si ritiene esperti o comunque molto preparati, si tende a sottovalutare certe cose e avere l’idea che qualche imprevisto non possa capitare.
Tutto questo però, mi riporta ai tempi in cui ero un paracadutista durante il servizio di leva.
Dopo i primi lanci, avendo comunque acquisito una certa esperienza, era abitudine comune non rispettare più tutte le procedure, forse per incoscenza o forse per troppa fiducia in sè stessie; si tendeva a soprassedere a determinate fasi e procedure perchè si ritenevano solo perdite di tempo.
Ci si trovava così ad effettuare i lanci dagli aerei con l’equipaggiamento non “redy” per il lancio e si avevano poi (non sempre) alcune conseguenze impreviste.
Era così che , durante un lancio, si vedevano perdere fucili, parti di equipaggiamenti o anche macchine fotografiche. Questi oggetti, cadendo da un minimo di 950 m , si trasformavano in veri proiettili!
Io sono stato uno fra quelli che, in due lanci, ho perso un orologio e mi è “sfuggita” una macchina fotografica.
L’equipaggio ha seguito le procedure, non hanno fatto nulla che fosse vietato o fuori dalle regole, il problema era nelle procedure troppo concitate di quelle fasi del volo che non permettono a tutti e contemporaneamente di indossare completamente le tute (e dal video recuperato o da quelli di altre missioni è lampante), anche per la necessità di alcuni di dover gestire i sistemi e il cockpit, cosa che in certe fasi con i guanti sarebbe impossibile, questa è stata anche una delle raccomandazioni.
Leggendo cmq appare chiaro che niente avrebbe salvato l’equipaggio
Se fossero sopravvissuti alla depressurizzazione(avvenuta in un arco di tempo talmente rapido da non permettere nemmeno di abbassare la visiera)sarebbero andati incontro a sollecitazioni potenzialmente letali dovute all’anomala rotazione della cabina e,dopo la rottura di essa,penso sarebbe stata improbabile la sopravvivenza da una caduta nel vuoto a velocità ipersonica,anche indossando tute che assicurassero un adeguata(ne esistono?)protezione termica.
Se qualcosa avrebbe potuto salvare gli astronauti,allora andava fatta prima del rientro,a quel punto con la rottura dell’orbiter,nulla li avrebbe più salvati.
Domanda stupida:se erano a conoscenza dei danni subiti,non potevano attraccare alla ISS od aspettare la messa in orbita di un altro shuttle?
Immagino che la tua sia un’ipotesi, perchè l’equipaggio non era a conoscenza del danno, o per lo meno della sua gravità.
La ISS era fuori portata dal piano orbitale di STS-107 (senza contare che Columbia non aveva il docking system installato).
Sulla possibilità di una missione di soccorso ci sono varie teorie: da chi sostiene che le riserve dello Shuttle in orbita non sarebbero mai bastate a tenere in vita l’equipaggio fino al’arrivo del secondo, a chi ritiene che un tentativo poteva e doveva essere fatto.
Se non lo conosci ancora ti consiglio un buon sito di FAQ sull’incidente del Columbia:
No, perchè l’inclinazione orbitale era diversa e non avrebbero avuto abbastanza carburante per un rendez-vous. L’attracco non sarebbe stato possibile perchè il Columbia non era equipaggiato col dispositivo di docking per la ISS. Attendere un’altro shuttle sarebbe stato altrettanto impossibile, a causa dei tempi di approntamento del secondo veicolo incompatibili con le scorte di bordo del Columbia.
Beh, in realtà l’Accident Investigation Board era giunto alla conclusione che una riparazione di emergenza sarebbe stata possibile, anche se non avrebbe dato molte garanzie si successo:
Questo incidente dimostra alcuni gravi problemi progettuali dello shuttle:
Non si possono effettuare alcune procedure di rientro con indosso la tuta pressurizzata e i guanti (inaudito!)
C’è sempre una cronica carenza di carburante per cui lo shuttle non puo fare praticamente nessun movimento che non sia stato gia preprogrammato dal piano di volo a terra tempo prima: ogni piccolo imprevisto diventa una rogna gigantesca
Di serie non è dotato di docking system, magari standardizzato per Mir (che, va bè, ora non esiste piu…) ISS e quant’altro di manned possa trovarsi in orbita (tante volte la capsula cinese Shenzou avesse un problema e, gran culo, si trovasse in orbita anche lo shuttle…)
Il Challenger, inoltre, insegna che non esiste un sistema serio di salvataggio dell equipaggio. Una volta si parlava di sedili eiettabili ma farne sette e distribuiti su due ponti…si potrabbe riprogettare il nuovo shuttle con la sezione di prua sgangiabile come le Apollo rescue tower e magari capaci anche di rientrare nell’atmosfera come una capsula (paracadute, ammarraggio, ecc…). certo gli shuttle rimasti non sono modificabili in tal senso ma pare che le procedure di salvataggio dell equipaggio nn siano mai state prese sul serio.
Che possa, questo incidente del Columbia, avere lo stesso effetto di quello dell Apollo 1: non di fermare il programma quindi, ma di migliorarlo, riprogettarlo se possibile, al fine di eliminare tutte le possibile fonti di guai o problemi. Nello spazio anche una minima cavolta (come una vite in orbita) puo diventare un problema grave. Pare che alla NASA ogni tanto se ne scordino e si siedano sui loro (meritatissimi, per carità) allori.
E rendiamoci tutti ancora conto di una cosa importante: siamo ancora nell’era pionieristica dell’astronautica, che lo si voglia o meno.
questa in effetti sembra un po’ grossa. considerato anche che lo shuttle non e’ la scatola di sardine che erano le capsule.
questo e’ abbastanza normale: visto quel che costa portare in giro il carburante e’ normale che in qualunque missione ci siano scorte minime.
Se esistesse un ente in grado di imporre un SOLO docking system per tutti i “mezzi” spaziali, ti darei ragione, ma se per mille motivi ogni oggetto che va nello spazio e’ pensato come isolato, mi sembra impossibile dotare lo shuttle di una pletora di adattatori e prolunghe per potersi collegare alla qualsiasi. Il carico utile andrebbe a zero!
di questo si parla spesso: certo i sedili eiettabili, se li hai, fastidio non ti danno. Pero’, come giustamente hai osservato, introdurli in origine nello Shuttle era difficile (a posteriori con un refitting direi impossibile). Inoltre si dimostra che possono servire in un numero limitatissimo di casi e di tempi (diciamo dal clearing della rampa sino a 2/3 minuti dal decollo: oltre la velocita’ e’ insostenibile per qualunque sistema di eiezione, se non sbaglio).
Insomma: qualunque mezzo e’ passibile di migliorie alla sicurezza: chi lo progetta deve semplicemente “tirare una riga” e dire: questi accorgimenti sono sensati, questi altri sono troppo onerosi (in termini progettuali, non di soldoni!) a fronte di eventualita’ troppo remote o di efficacia non garantita.
Per esempio: perche’ non mettiamo i sedili eiettabili sugli aerei di linea? Sarebbe sicuramente piu’ semplice che non sullo shuttle, e gli aerei di linea han fatto (e faranno, tacta testicula… ) sempre molte piu’ vittime che non lo shuttle!
(ovviamente e’ una provocazione per sostenere la mia tesi! )
Si ma è l’ipotesi più “fantasiosa” formulata dal CAIB.
Senza RMS, con gli Spacewalkers attaccati a una scaletta tolta dalla cabina, a sua volta attaccata al portellone della stiva, a lavorare su una superficie convessa e senza appigli come quella del bordo d’attacco.
Però, d’altra parte, viene in mente quello che si sono inventati mandando Parazynski a “cucire” lo strappo al pannello dell’ISS durante STS-120… chissà…