Può sembrare strano parlare di questi tempi in cui il futuro dell’accesso umano al LEO (ed oltre) sembra legato all’uso di capusle (governative o private che siano), di un progetto di aerospazioplano sopratutto di uno così faraonico come lo Star Raker concepito alla fine degli anni '70 del secolo scorso.
Eppure proprio a bocce “quasi ferme” potrebbe avere senso ragionare sul passato ed eventualmente sul futuro dell’aerospazioplano come mezzo di accesso all’orbita terrestre. In tal senso lo Star Raker rappresenta il “culmine” (in tutti i sensi) di tale concetto.
Per quelli che lo conoscono ma poco, o per quelli che non lo conoscono affatto (sono sicuro la stragrande maggioranza) allego una breve presentazione su questo interessante, e molto fuori misura, concept di aerospazioplano.
Mi sveglio la mattina e trovo il regalo… E’ Natale?
Un altro progetto che non conoscevo, grazie Peppe!
Un ragionamento su quel che è stato (Shuttle) e sui progetti/studi passati potrebbe far sviluppare lo spazioplano, magari a piccoli passi passando prima per voli suborbitali…SS2…e progredendo usando appunto le esperienze passate
P.S.
I complimenti per i disegni oramai sono superflui
Ed ecco che saltarono di nuovo fuori gli aerospike…
Urge cambiare progetto di propulsione, quella fila di ugelli “tradizionali” in linea mi piace proprio poco
In realtà l’aerospike, almeno al livello di concept, all’epoca era già noto.
In effetti alla Rockwell pensavano di utilizzare motori a ciclo variabile ma di configurazione tradizionale e per valori di Mach tutto sommato non eccessivi (Mach 3) più o meno come avveniva sul Lockheed SR-71 “Blackbird”. Una volta arrivati alla quota “giusta” sarebbero bastati gli SSME prima, ed i due OMS dopo per raggiungere la velocità orbitale.
mi chiedo come sarebbe stata la fase di rientro per quanto riguarda le sollecitazioni termiche: la conformazione della parte inferiore del veicolo mi sembra profondamente diversa da quella dello Shuttle, con spigoli e superfici su piani differenti, nonché le bocche di alimentazione dei motori atmosferici.
Un problema, a mio avviso, sottostimato all’epoca.
Ovvero i tecnici della Rockwell erano evidentemente confidenti sul fatto che sarebbero riusciti a sviluppare delle TPS “attive” (quindi raffreddate, probabilmente proprio da uno dei propellenti criogenici utilizzati come liquido refrigerante) rispetto a quelle “passive” in uso sullo Shuttle.
C’è anche da dire che lo Star Raker, contrariamente allo Shuttle, avrebbe effettuato un rientro pienamente aerodinamico grazie alla sua ala generosa (sia come allugamento che come superficie) ed alla sua fusoliera “bagnata” (come nei moderni velivoli da combattimento), il che gli avrebbe garantito un rientro molto più lungo con flussi termici forse più elevati ma “diluiti” in un lasso temporale maggiore.
E’ vero che esistono concept di veicoli spaziali a propulsione nucleare ancora più grandi dello Star Raker (come l’Orion e simili risalenti agli anni '60) è vero pure che niente di così grosso aveva raggiunto uno stadio di progetto così dettagliato come questo progetto della Rockwell.
Il confronto con lo Shuttle è impressionante
Anche solo il fatto che sia stato fatto uno studio così dettagliato su un veicolo di queste proporzioni fa capire l’incredibile ottimismo di quegli anni in materia di volo spaziale…
E’ vero, furono prodotti diversi documenti - per la verità molto dettagliati (il che lascia sottendere ad ulteriori documenti di riferimento) - la maggior parte dei quali disponibili in pdf che delineano in maniera precisa, struttura, sistemi e prestazioni di questo aerospazioplano.
La solita nota dolens caro Rudy. Come già per lo Shuttle, ancora di più per lo Star Raker, la NASA e la Rockwell applicarono filosofie prettamente “aeronautiche” al volo spaziale. In effetti si può guardare allo Star Raker più come ad un grosso velivolo da trasporto con capacità orbitali che non ad un veicolo spaziale sic et simpliciter.
Tanto per dirne una: il muso incernierato che ribaltandosi di lato lascia accedere la stiva con il carico utile è un concetto prettamente aeronautico che la NASA stessa conosceva bene dato che era ampiamente utilizzato dai Guppy, Pregnant Guppy e Super Guppy in uso negli anni 60’ e 70’ per il trasporto dei componenti di razzi vettore e veicoli spaziali dalle fabbriche fino al KSC.
L’assenza del sistema di salvataggio si giustifica con la pretesa (assurda guardandola con gli occhi di oggi) che un tale veicolo spaziale avrebbe dovuto avere gli stessi standard di sicurezza di un veicolo commerciale o da trasporto, il che all’epoca sembrava perfettamente lecito…
Spazioplano a dir poco impressionante! Un progetto che mi era totalmente sconosciuto! Conoscevo un altro progetto di navetta spaziale di quegli anni, sempre della Rockwell, che pero’ aveva un reattore di tipo ovale e due derive alle estremita’ delle ali a mo’ di winglet. La conoscete?