Sono davvero praticabili i viaggi interstellari?

Oggi mi sono imbattuto in questo articolo

http://www.idis.cittadellascienza.it/sitovecchio/?p=18989#more-18989

che qui riporto in copia:

[size=10pt][i]Sono davvero praticabili i viaggi interstellari? A parte le enormi distanze da coprire, ci potrebbe essere un ulteriore problema: le “pallottole vaganti” di idrogeno.[/i] Non nascondiamocelo: un bel viaggetto nello spazio farebbe indubbiamente gola a chiunque. Tuttavia, senza considerare i problemi legati allo spazio-tempo (sui quali abbiamo tra l’altro poche certezze), secondo William Edelstein della Johns Hopkins University School of Medicine di Baltimora, la nostra vacanza più che esotica potrebbe ritrovarsi ad essere funestata da incidenti anche fatali, come la collisione con atomi di idrogeno. Lo spazio infatti non è vuoto. E’ anzi pieno di atomi vaganti, che talvolta si riuniscono in forme più complesse come nubi interstellari, galassie, stelle e pianeti, mentre altre volte rimangono soltanto atomi solitari in viaggio verso il nulla e che probabilmente non collideranno con un altro atomo per chissà quante migliaia di anni. Ma una cosa è la probabilità di una collisione tra due atomi di idrogeno in un centimetro cubo, un’ altra questione è invece lo scontro matematicamente certo di un’astronave con gli atomi che popolano lo spazio. Ipotizzando un’astronave che viaggia a una velocità pari a 99,999998 % di quella della luce (che sarebbe ‘necessaria’ per spostarci da un mondo all’altro in tempi ‘ragionevoli’. Attualmente, comunque, il nostro razzo più veloce, il VASIMR, è potenzialmente in grado di raggiungere una velocità poco superiore ad 1/3000 di quella della luce, ma non è ancora stato collaudato nello spazio e spinto a piena potenza), un atomo di idrogeno che impattasse contro la navicella avrebbe un’energia pari a 7 teraelettronvolt. Praticamente come trovarsi di fronte al flusso di protoni emesso dal Large Hadron Collider, il più potente acceleratore di particelle esistente al mondo, a piena potenza. Di certo niente di rassicurante. Secondo i calcoli di Edelstein, uno strato di 10 centimetri di alluminio potrebbe assorbire poco meno dell’ 1% dell’energia di uno di questi atomi di idrogeno. Ma, volendo scendere nel campo delle ipotesi, se anche la schermatura proteggesse dal 99% degli atomi di idrogeno in rotta di collisione con l’astronave, l’1% rimanente equivale a 20.000 atomi di idrogeno in un solo metro cubo che colpiscono l’astronave a una velocità prossima a quella della luce, attraversandone non solo la struttura e la strumentazione, danneggiandole irreparabilmente, ma anche l’equipaggio, che subirebbe inevitabili radiazioni. Contenendo infatti un protone, l’atomo di idrogeno è in grado di causare mutazioni al patrimonio genetico. La dose fatale di radiazione per un essere umano è di 6 sieverts. Secondo i calcoli di Edelstein, in un secondo l’equipaggio dell’ipotetica astronave subirebbe una dose pari a 10.000 sieverts. Lo scenario si fa poi ancora più preoccupante se ci spostiamo in zone dello spazio in cui non sono presenti solo due atomi di idrogeno. Le nubi interstellari infatti sono visibili dai nostri telescopi perché hanno una quantità estremamente più elevata di atomi concentrati in un centimetro cubo rispetto al “vuoto” spaziale. Già attraversare un solo millimetro di polvere interstellare ad una velocità prossima a quella della luce potrebbe disintegrare completamente l’astronave. [/size]

Non mi pare il principale dei problemi irresolubili; prima ce ne sono altri, come peraltro lascia intendere il titolo.
Sappiamo che viaggiare al 99,999998% della velocità della luce richiede una quantità di energia quasi infinita, e quindi non producibile; che una nave che viaggia a quella velocità avanza nel futuro senza possibilità di ritorno al passato, e che quindi sarebbe inutile costruirla; che una nave che riesce a viaggiare a tale velocità é probabilmente tanto avanzata da poter risolvere anche il problema dell’impatto con gli atomi di idrogeno; che prima di arrivare ad affrontare questo problema bisogna risolverne tanti altri, ad esempio le radiazioni cosmiche. E allora? Quando le variabili e le ipotesi sono troppe, l’articolo non é troppo astratto?

Mi sembra che l’articolo discuta un problema che potrebbe pregiudicare una tecnologia che prima di essere verosimile deve superare molti altri problemi ben più gravi. Comunque non è un discorso inutile, anzi credo che tutto sommato sia uno spunto interessante e affascinante su cui riflettere.
Il viaggio interstellare in sè? Prima degli atomi vagabondi dovremmo preoccuparci di coprire enormi distanze in tempi compatibili con la vita umana, il che significa raggiungere velocità al momento impensabili o scoprire qualche scorciatoia nello spazio, altra cosa al momento poco probabile per quanto ne sappiamo.
Siamo decisamente nel campo della fantascienza…

A mio avviso l’articolo è messo un pò su 2 piedi, poiché questo prof.re Edelstein oltre che stimare le accuratissime probabilità di collisione e percentuali di quantità fatali, avrebbe dovuto considerare quegli atoni che rimbalzano contro il forte campo elettromagnetico creato dall’aastronave e dalla sua elevatissima velocità, e li le cose cambiano e cmq analizzando i termini in concezioni relativistiche è alquanto improbabile un viaggio interstellare diretto e cmq ricordiamoci che la teoria della relatività del grande Einstein è stata messa fortemente in dubbio e dunque, citando Sy Liebergot EECOM NASA posto di fronte ad un nuovo problema:" Ok ragazzi ricominciamo tutto da capo ribattendo i calcoli" :grin:

Vorrei puntualizzare che fino a prova contraria la relatività funziona bene, almeno quella che usiamo tutti i giorni. Se ci riferiamo ai neutrini, è un altro discorso.

Il professore di cui sopra dimentica che il rischio impatto era già stato preso in considerazione e per evitarlo si pensava di realizzare un’astronave ad imbuto con un forte campo magnetico a prua destinato a catturare questi atomi e convogliarli in un serbatoio, assieme alle polveri cosmiche, che a quelle velocità sviluppano energie tali da trapassare l’astronave come se fosse fatta di burro.

Le problematiche riguardanti il volo a velocità luminali sono già state affrontate abbondantemente. Al momento non c’è nulla di nuovo sotto al sole.

Si’, grazie.

…stiamo parlando di 2-3 anni alla velocità della luce, non di 2-3 minuti. Anche senza calcoli è una astronave che dovrebbe reggere ad una certa usura…fatte salve altre millemila problematiche.
IMHO se mai sarà possibile fare viaggi interstellari servirà un modo che esuli dai metodi canonici basati sulla “forza bruta” e che al momento sfugge.

Chissà, potrebbero essere spostamenti legati in qualche modo alla teoria del multiuniverso e magari qualche indicazione potrebbe arrivare dai neutrini…ammesso che vadano davvero a velocità superiori a c.

:stuck_out_tongue_winking_eye:?

Avevo udito di una possibilità con la Magetoidrodinamica http://it.wikipedia.org/wiki/Magnetoidrodinamica

Leggi in particolare su Wiki:

La magnetoidrodinamica si applica con una certa facilità in astrofisica, dato che il 99% della materia barionica nell'Universo è costituita da plasma, fra cui le stelle, il mezzo interplanetario (cioè, la regione di spazio fra un pianeta e l'altro), lo spazio interstellare, le nebulose, ed i jet relativistici.

Il motore Vasimr é un’applicazione magnetoidrodinamica.

Già, perché su questo forum manca questo motore? E dire che nel 2014 partirà il suo collaudo sulla ISS

PS: perché mi avete spostato nella sezione futurama? Siete terribili…

Sei sicuro che in questo forum non si sia mai parlato del VASIMIR?..

A ricerca veloce:

Qui?
Qui?

Ma… si chiama VASIMR, non VASIMIR :nerd: :stuck_out_tongue_winking_eye: difatti digitando saltava fuori poco

E se invece il tempo diventasse relativo per le nostre menti?

Prendendo spunto dal romanzo di Clarke 2001 Odissea nello spazio e dalle puntate di Ghost in The shell, dico che l’unico modo per poter affrontare i viaggi interstellari è attendere che i nostri corpi, e sopratutto le nostre menti, vengano riversate in corpi cibernetici (non necessariamente antropomorfi) liberi dalla morte.

a quel punto sarebbe anche superfluo tutto quello che oggi possiamo considerare necessario per un viaggio. Non di meno la necessità del “dover” tornare indietro.

alla stato attuale credo che l’unico vero modo per affrontare un viaggio interstellare in tempi “umani” sia legato ai tunnel spaziali previsti dalla teoria della relatività…

…ora il punto sta nel capire se possiamo crearli, dirigerli e attraversarli :skull:

Leggevo tempo fa su Wikipedia che ci potrebbero essere dei tunnel nello spazio i cui estremi sarebbero un buco nero e, dall’altra parte, un buco bianco. Questi ultimi sono oggetti altamente speculativi dai quali potrebbe fuoriuscire la massa caduta all’interno di un buco nero. I due estremi potrebbero trovarsi in due galassie anche molto lontane tra loro e il tunnel tra buchi sarebbe una valida scorciatoia. Ma anche qui siamo nel campo della fantascienza.

Phoenix, anch’io avevo letto quell’articolo sui buchi bianchi, e mi ha affascinato…
Il problema a questo punto sarebbe sopravvivere all’ingresso nel buco nero, ammesso che si possa neutralizzare il collasso gravitazionale…
E ricordiamoci che una particella entrando in un buco nero mantiene solo il momento angolare, nessun’altra informazione… Nemmeno di che particella si trattava! :star_struck:

In sostanza, affronteremmo il viaggio e lo porteremmo a termine, salvo spuntar fuori dal buco bianco sotto forma di un plasma di quark e gluoni accellerato a velocità relativistiche, e incontreremmo qualche difficoltà a comunicare a casa l’avvenuta riuscita dell’esperimento.
Con tutte le conseguenze del caso sulla parte “fragile” del carico. :face_with_head_bandage:

E’ la domanda che mi ponevo sempre qualche anno fa: che fine fa tutta la materia che entra in un buco nero? Si disintegra? O, da ciò che hai scritto, si scioglie? Tempo fa vidi un documentario sui buchi neri che faceva vedere una sonda portata a 30000 anni luce da noi, al centro della nostra galassia, per sganciare e indirizzare una sonda più piccola all’interno di un buco nero.

@Paolo_a: se il buco nero è sufficientemente grande il gradiente gravitazionale all’orizzonte degli eventi è piccolo, e lo attraversi senza accorgertene - salvo inviare un raggio di luce e vedere come curva. Le forze mareali ti strizzano dopo. Se potessi annullare la forza di gravità - e quindi la tua inerzia - allora non cadresti nel buco nero.
@phoenix: no, sta lì. Quello è il paradosso, viene compressa nel “centro” della singolarità che, per l’appunto, è una singolarità matematica, un punto in cui la densità è infinita. Non solo incredibilmente alta, proprio infinita. Ma la materia è lì, tu vedi il campo gravitazionale e sai che c’è. E’ però infinitamente compressa, fino a dimensione zero. Ma per dimensioni molto piccole diventano rilevanti gli effetti quantistici, che causerebbero indeterminazione e altri fenomeni; dato che per capire un buco nero occorre mettere assieme gravitazione (relatività generale) ed effetti quantistici, e dato che al momento non lo sappiamo fare, il comportamento della materia dentro una singolarità resta un mistero.

Consiglio un libro oramai vecchio ma molto utile (e poco costoso): http://www.ibs.it/code/9788833902876/eddington-arthur-s-/spazio-tempo-gravitazione.html (immagino sappiate chi era Arthur Eddington)

Nel progetto Valkyrie, che e’ uno dei meno irrealistici (comunque un eufemismo) il problema delle radiazioni viene risolto dalla particolare geometria della nave. In pratica e’ fatto come un treno, con piu’ moduli collegati da lunghi tether, quindi con una sezione frontale molto molto limitata. Questo minimizza la massa della schermatura richiesta. In pratica la locomotiva sarebbe ovviamente il motore, poi uno scudo per le radiazioni, poi il serbatoio del propellente e solo in coda la zona abitata, schermata da tutto quello che precede.

http://en.wikipedia.org/wiki/Project_Valkyrie

E’ comunque un progetto altamente irrealistico e basato su tecnologie che non esistono ancora… come tutti i viaggi interstellari che ipotizzano di spostare masse significative con equipaggio in tempi relativamente brevi (pochi anni).

Anche 0.1c sarebbe sufficiente per ipotizzare una missione interstellare robotizzata.

Dopotutto se avesse viaggiato a questa velocita’ il Voyager potrebbe gia’ essere a 3.4 anni luce dalla Terra, non lontano da Alpha Centauri (trascurando effetti relativistici che comunque a 0.1c non sono eccessivi).

Una missione robotizzata che dura qualche decennio non solo e’ concepiblile, ma ne sono gia’ state fatte.

E i robot hanno bisogno di meno schermatura, possono essere sagomati per minimizzare ulteriormente la sezione frontale e possono essere ridondati per resistere a parecchi impatti di microparticelle ad alta energia.

Peccato che anche per arrivare a 0.1c ci vuole una massa di propellente nucleare un ordine di grandezza superiore a quella del payload… anche se esistesse un motore per utilizzarla.

Le cose potrebbero cambiare con microsonde che sfruttano qualche forma di “beamed propulsion”, che significherebbe non doversi portare a bordo ne’ propellente ne’ fonti di energia… e sfuggire cosi’ alle forche caudine dell’equazione dei razzi.

Mi stupisce pero’ sempre che la gente sogni sempre i viaggi interstellari mentre creare habitat per milioni di persone nello spazio nelle vicinanze e’ qualcosa di tecnologicamente infinitamente piu’ facile… eppure a confronto dei viaggi interstellari c’e’ pochissima letteratura, filmografia e vagheggiamenti sugli habitat artificiali.

Tornando alla domanda iniziale, cioè lo scontro con atomi di idrogeno a velocità molto elevate, vorrei solo far presente che già oggi la stessa Stazione Spaziale ha innummerevoli collisioni con nuclei di idrogeno (protoni) che viaggiano a velocità prossime a quelle della luce, ma in questo caso sono i protoni a muoversi e non l’astronave. Sono i protoni dei raggi cosmici, che in realtà sono composti anche da nuclei pesanti. Non abbiamo quindi bisogno di avere navi a velocità prossime a quella della luce per avere di questi problemi perchè già un viaggio verso Marte a velocità moderate sarebbe soggetto a ingenti flussi di raggi cosmici. Insomma i nuclei di idrogeno aggiuntivi del mezzo interstellare sono ben poca cosa rispetto al flusso dei raggi cosmici.

SI, anche se (secondo le mie modeste conoscenze che non mi dovrebbero consentire di poter aprir bocca, ma ce provo) il ragionamento di Edelstein é similare al funzionamento dell’LHC; in sostanza se andiamo incontro ad una particella quale un nucleo di idrogeno ma anche di elio, che viaggia a velocità inferiori a quelle della luce per solo 1/100.000 (dato relativo ai raggi cosmici ad alta energia), con una nave altrettanto accelerata, la collisione avviene a una somma non lineare tra alte energie. Non a caso nell’LHC si accelerano 2 fasci in controrotazione prima di farli collidere. Di sicuro per portare un’intera nave al 99,999998 % occorre una potenza formidabile applicata per un tempo così lungo che attualmente e probabilmente anche in futuro il problema non si porrà mai, senza contare le infinite e pesanti accelerazioni alle quali sarebbero costretti gli astronauti umani. E senza considerare che nello spazio anche interstellare sono probabilmente presenti polveri e micrometeoriti e, come dici tu, nuclei più pesanti.

Quoto e straquoto. :clap: :clap: :clap:

…mi associo alla…“straquotatura” :ok_hand: