Stéphane Israël lascia la guida di Arianespace

Sarà ricordato nei libri di storia dell’astronautica come il CEO che:

  • vide la sua azienda crollare dal 60% all’8%, nel mercato dei lanci orbitali dal 2013 a oggi;
  • ha perso il lanciatore Sojuz (certo non per colpa sua);
  • dal 2026 Arianespace perderà il lanciatore Vega, i cui lanci saranno commercializzati direttamente dal costruttore Avio;
  • ma soprattutto il 12 maggio 2015 affermò «the company can beat competitor SpaceX in the open market with a euro/dollar exchange rate at today’s levels and the planned 5-6 percent reduction in Ariane 5 rocket production and launch costs. (…) SpaceX’s planned reuse of its Falcon 9 rocket’s first stage at this point presents no real threat to Arianespace.»

https://www.arianespace.com/news/arianegroup-and-arianespace-announce-the-departure-of-stephane-israel-ceo-of-arianespace-and-the-appointment-of-his-successor-david-cavailloles/

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Diciamo che un manager deve difendere quello che gli viene dato da gestire.
Ad esempio costruire un intera infrastruttura per il lancio di un razzo di cui non si possiede la tecnologia, pagando di più ogni singolo lancio e poi lanciare il 70% in orbite non GEO ma MEO o SSO non mi è sembrata in ottima scelta ma non è certo colpa sua.

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Mi schiero anch’io a difesa del CEO. Dopotutto ha assicurato decine di contratti in lanci futuri con l’Ariane 6, si prospetta comunque una crescita del fatturato, quello che vogliono gli azionisti suoi.
Il confronto con SpaceX non ha senso, visto che in Europa non ci sono tanti fondi pubblici a finanziare di fatto un’unica azienda per garantirgli il monopolio.

Arianespace rimane comunque un’azienda sussidiaria, non libera di gestire il mercato a mani proprie. Arianegroup, Safran, pure ha rigide imposizioni dall’alto. Il CEO ha fatto quel che poteva. Tra l’altro, analogamente a SpaceX, non sappiamo nulla dei bilanci per poter fare una valutazione oggettiva.

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I bilanci di Safran e Airbus che controllano Arianegroup sono pubblici. Loro sviluppano i lanciatori e Arianespace (sussidiaria) commercializza i lanci . Poi ovviamente ci sono labili equilibri tra agenzie nazionali e non come CNES ed ESA e la politica che finanzia. Quindi il paragone con space X non sta in piedi. Bisognerebbe commentare come ESA alloca il bilancio per lo sviluppo dell’industria spaziale. Le aziende da sole possono andare troppo poco lontano perché non possono assumersi il rischio di fallimento. Anche Space X è stata abbondantemente coperta sul quel punto di vista.

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Il CEO è come l’allenatore di una squadra sportiva e mantiene il posto finché soddisfa le aspettative della proprietà, che in questo caso è l’Assemblea dei soci. Solitamente, quando una squadra perde molte partite, l’allenatore è il primo che salta. Ma ci sono casi eccezionali in cui alla proprietà va bene perdere perché non è in grado di sostenere le spese della categoria cui la squadra appartiene (trasferte, stadio, sponsor, ecc.).
Come nel noto caso della Longobarda con l’allenatore Oronzo Caná. :upside_down_face:

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Comunque già da sola questa dichiarazione è sufficiente a farsi un’idea sulle capacità di fare analisi e valutazioni da parte del personaggio…

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Si deve prendere quella dichiarazione come un qualsiasi politico le cui dichiarazioni sono smentite la settimana dopo. Cosa avrebbe dovuto dire? Stava parlando davanti la commissione economica degli affari del senato francese non in un board tecnico in cui decidere la strategia di sviluppo dell’industria spaziale europea che tra le altre cose non è di sua competenza.

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Era ora, anche se ormai e’ tardi.

Le sue affermazioni e i suoi ostacoli anche solo alla sperimentazioni di soluzioni di riutilizzabilita’, non solo all’inizio ma anche successivamente negando l’evidenza hanno fatto danni immensi e irreversibili all’industria spaziale europea.

Sicuramente e’ in buona compagnia, non l’ha deciso da solo, e sicuramente qualcuno difendera’ queste scelte di rifiuto di investire anche spiccioli in ricerca e sviluppo lasciando che i suoi almeno ci pensassero senza sentirsi contro all’azienda. Spiccioli che ci saremmo potuti permettere, perdendo qualche anno in meno, ora siamo lustri indietro anche rispetto ai cinesi, a ULA, a Blue Origin, a RocketLab.

Il fatto che dava per scontato un mercato di fedeli contribuenti europei, drenandone le risorse per impedire il progresso, mi fa arrabbiare ancora di piu’.

Spero di non sentirne mai piu’ parlare.

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Un tecnico che parla davanti una commissione economica di politici dovrebbe a maggior ragione dire le cose tecniche possibilmente azzeccate che possono avere rilevanza economica. E non credo che una commissione di politici voglia sentirsi dire da un tecnico quello che il tecnico pensa potrebbe far piacere alla commissione, se mai questo si vuole prendere a giustificazione di un intervento così macroscopicamente toppato.
L’unica blanda giustificazione potrebbe essere che veramente nessuno dei tecnici del settore, Nasa in primis, aveva nel 2015 pensato si potessero fare le cose incredibili che ha fatto e continua a fare SpaceX.

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Non entro nel merito della questione, ricordate solo che la dichiarazione è del 2015 e all’epoca SpaceX stava sviluppando la tecnologia per il riutilizzo:

  • aprile 2014: primo soft landing sull’acqua
  • luglio 2014: secondo soft landing sull’acqua
  • gennaio 2015: problemi nell’atterraggio sulla chiatta
  • dicembre 2015: primo atterraggio su terra
  • aprile 2016: primo atterraggio su chiatta

Considerate che poi è l’unica azienda che ha massicciamente investito su questa tecnologia, quindi anche negli anni successivi le dichiarazioni di Israel potevano essere giustificate. Solo Blue Origin e i cinesi hanno valutato questo approccio, mentre ULA lo farà con Vulcan solo per la sezione motori.

Mi eclisso

Si ma la differenza la fanno quelli che ci credono e rischiano, non quelli che restano legati a tecnologie di 50 anni fa e contemporaneamente denigrano e scherniscono gli altri che pensano e fanno cose rivoluzionarie.

Se da un lato tante delle critiche a Stéphane Israël che leggo in qui sono senza dubbio giustificate, dall’altro non ci dobbiamo dimenticare che abbiamo il privilegio di giudicare col senno di poi.

Questo infatti secondo me è il punto cruciale.

Vale poi la pena ricordare che anche in ambito USA nessuna delle aziende tradizionali dell’aerospazio (ULA in primis) ha seguito la strada del riutilizzo, a dimostrare che la redditività di questa scelta rimane una questione abbastanza aperta ancora oggi.

Se poi parliamo della strafottenza spocchia e sicumera di certe dichiarazioni, quelle sì, si sarebbe e si dovrebbe dovuto evitarla, anche solo per pura prudenza.

Altro errore secondo me è stato quello di aspettare troppo a lungo per investire in un programma di sviluppo europeo pathfinder per saggiare il mondo del riutilizzo.

Qui sono molto d’accordo, ma va tenuto presente un conflitto di interessi: Arianespace e Safran sono aziende a pesante partecipazione pubblica e luogo di compromesso tra le varie istanze europee, e dalla politica dipende anche la nomina dei vertici aziendali. Se Israël avesse fatto la voce grossa nel modo e nei tempi sbagiati si sarebbe potuto giocare il posto molto in fretta.

Vedremo cosa saprà fare il suo sostituto.

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Nel 2015 quella risposta ci poteva anche stare. Ora siamo nel 2025, arrotondando sono passati dieci anni.

Dieci anni!

Il tempo vola, ed e’ successo di tutto, cose prevedibili come l’ingrigimento delle basette e cose impevedibili.

Il problema e’ quello che e’ successo nel resto del decennio. Che sintetizzerei in “nulla”, nel senso che i programmi per Arianespace non sono cambiati, come se nulla fosse successo nel contesto. Ed e’ di questo che non riesco a capacitarmi, che adesso non ci siano test, ricerca e sperimentazioni leggermente piu’ avanzate. Non averle e’ una follia adesso, non nel 2015.

Poi le risposte e gli atteggiamenti sono stati sprezzanti, ma sai, se la strategia si rivela corretta si puo’ perdonare se sei un po’ antipatico. Se poi dietro le quinte lavori per portare avanti ricerche senza clamore o la scelta di stare alla finestra e’ razionale, per copiare dalle soluzioni altrui, allora e’ pure da apprezzare la strategia.

Pero’ ricordo un’altra dichiarazione che non cerco che io avevo capito come “se riutilizziamo i lanciatori ne vendiamo di meno” e questa si che non mi era piaciuta. Perche’ i contribuenti pagano per avere il progresso e favorire lo sviluppo di know how autonomomo, non per tenere in piedi i carri a vapore mentre gli altri vanno a benzina.

Pero’ l’arroganza sembra sempre piu’ probabile che sia stata associata a cecita’, l’industria dei lanciatori europea era leader per i lanci commerciali un decennio fa, ed e’ piu’ arretrata di molti altri adesso. Pur avendo un contesto non male e secondo me ingegneri anche migliori degli americani, ma se li imbavagli gli ingegneri o li screditi, soprattutto quelli eccentrici e che pensano fuori dagli schemi, perche’ i politici e i decisori non lo sappiano, devi solo sperare che gli altri vadano ancora piu’ lenti.

Questo pur con tutti i dubbi del caso non siamo sicuri neanche adesso che la riutilizzabilita’ al 100% sia la soluzione piu’ vantaggiosa, magari qualche stadio intermedio spendibile e a basso costo, una cartuccia usa e getta, potrebbe ancora essere la strada migliore, almeno per veicoli non troppo grossi o ancora per qualche anno. Le leggi della fisica sembrano permettere molte altre opzioni, e la storia dimostra che a volte quando le leggi della fisica lo permettono qualcuno riesce a farlo.

Quindi magari 10 anni fa no, ma adesso e’ evidente che questa gestione e questa strategia e’ stata fallimentare. Simpatico o antipatico, il capo che se ne porta il peso e’ lui.

E in fondo non siamo ancora spacciati, vediamo cosa succede con i nuovi lanciatori in fase di messa a punto da parte di altri, che si impari dalle esperienze altrui, con meno strenua e cieca conservazione e piu’ opportunita’ agli outsider (persone e soluzioni) e magari questi 10 anni di ritardo potranno essere recuperati, almeno in parte.

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