Siccome (giustamente) siamo un po’ distratti dal presente (e dal futuro) ci siamo persi un importante anniversario: i 30 anni dal primo e unico volo orbitale della navetta sovietica Buran.
Per l’occasione Rogozin ha twittato un video con immagini di archivio e audio originale relative ad allestimento, integrazione, rollout e lancio. Non c’è un incomprensibile commento in russo a distrarre e (dal mio punto di vista) si rivedono molto volentieri.
Un altro grande vettore, di grande potenziale come il Saturn V, stroncato sul nascere. Mi sembra giusto rendergli onore. Quantomeno il Saturn ebbe la gloria delle missioni Apollo. Il Buran Energia ebbe una fine molto più ingiusta per il potenziale e la tecnologia che offriva.
Vale la pena dire che pur essendo nato come copia carbone dello Shuttle, il Buran era sostanzialmente diverso e sotto molti punti di vista migliore. Più che una copia dello shuttle si può intendere come una sua interazione.
Sottoscrivo tutto quello detto finora. Una grande occasione persa per la cosmonautica sovietica prima e russa poi. Un veicolo con un potenziale, per certi versi, superiore a quello dello Space Shuttle. Basti pensare solo alla possibilità del volo automatico.
a pagina 133 si legge che come lo Shuttle Obiter aveva giroscopi, star tracker e computer di bordo.
Tuttavia, a differenza della navetta americana, poteva contare su di un radioaltimetro che poteva fungere da backup dello star tracker. In caso di failure anche del radioaltimetro un sistema ad ifrarossi poteva rintracciare l’orizzonte e tenere il veicolo nell’assetto necessario per ritrovare il segnale del radioaltimetro.
Inoltre il vettore Energiya disponeva di un proprio sistema di giroscopi, più preciso di quello del Buran. Durante la fase di ascesa i dati dai sistemi dei due veicoli venivano confrontati e, se necessario, venivano apportate le dovute correzioni.
Grazie per la tavola @archipeppe ! Si, il libro di Bart Hendrickx, Bert Vis è la ’ bibbia’ del Buran! Una lettura veramente interessante e piena di dati.
Mi permetto di archiviare qui l’intera galleria di foto (purtroppo a risoluzione non elevatissima) pubblicata da Roscosmos (https://www.roscosmos.ru/25726/)
Sì, alla white room arrivavano due tubi, quello di sopra ospitava il “carrello” che trasportava il personale in condizioni normali. Il tubo di sotto è lo scivolo di emergenza.
Nel libro sopra citato, alle pp. 192-194 si legge:
Running from the access arm were two pipes leading to two separate underground rooms. To board the orbiter, the crew or launch pad personnel rode on special trolleys inside the top pipe. The trolleys could accommodate about a dozen people. The lower pipe was a giant escape chute to be used by the crew or personnel in the event of an emergency, with a special mattress in the underground room softening their landing. Once there, they would have hermetically sealed themselves in an adjacent blast room where they should have been safe from explosions, leaks, and the like. A special test stand imitating the chute was built in 1986 at the Scientific Research Institute of Chemical and Building Machines (NIIKhSM) in Zagorsk, north of Moscow. The chute at the pad was tested numerous times by engineers. It was reportedly also a favorite playground for off-duty soldiers in the evening hours, as evidenced by the numerous boot imprints on the mattresses.
Si tratta dei condotti attraverso i quali, grazie ad uno speciale carrello, l’equipaggio ed il personale di servizio poteva andare e venire al braccio di accesso all’orbitar. Sarebbe naturalmente servito anche come fuga dalla rampa di lancio. Si narra che fosse diventato un divertimento per i soldati di guardia alla rampa dopo l’abbandono della stessa…
Posto un paio di foto esplicative dalla ‘bibbia’ ‘Energia-Buran: the Soviet Space Shuttle’ di Bart Endrickx e Bert Vis.