Eccomi con il riassunto del Q&A di RL, sono segnati i minuti con i relativi link al passaggio.
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8:00: Peter Beck, CEO di RocketLab, annuncia alcuni progressi dall’annuncio dell’anno scorso di rendere Electron riutilizzabile. Riguardo alla fase più critica e difficile, ovvero il rientro atmosferico del primo stadio, sono stati implementati gli reaction control thruster, un nuovo pacchetto di avionica inserito in un nuovo computer in gnc, assieme a stazioni di tracciamento e aerei in sorvolo. Questi accorgimenti hanno permesso di far rientrare, con esito positivo, due primi stadi.
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8:53: la seconda parte difficile nel recupero è la cattura con l’elicottero, che sebbene sia stata già effettuata in passato, rimane sempre un’operazione delicata. Ricorda quindi il test effettuato ad inizio anno.
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9:32: la fase più importante, ovvero equipaggiare lo stadio con un paracadute e riportarlo in fabbrica, in qualsiasi condizione si fosse proesentato. Viene inoltre ricordato che dal diciasettesimo volo, il primo stadio avrà tutte le strumentazioni necessarie per il recupero.
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10:00: Beck ricorda che i paracadute saranno necessari in quanto rallenteranno lo stadio da un considerevole Mach a pochi metri al secondo, prima dello splashdown. Questi erano test per validare il sistema dei paracadute, totalmente disegnati e progettati in casa. I test dell’altro giorno hanno visto il sistema di frenata testato nel caso a maggior carico, sfruttando un primo stadio completamente carico.
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14:00: il tanto famoso volo 17 comunque non prevederà la cattura da parte di un elicottero, ma lo splashdown nell’oceano per poi riportarlo nell’hangar. Solo dopo un’ispezione si potrà capire a che punto sono arrivati.
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14:40: relativamente al miglioramento di Electron si cita un miglioramento delle batterie. Nel link all’articolo ci sono maggiori informazioni (anche perchè Beck non ne ha date più).
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15:00: che si sia lasciato sfuggire una prossima missione su Venere? Della Luna si sapeva, ma non ho ricordi di una missione RL per Venere.
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15:51: parlando di LC-2 (il complesso di lancio utilizzato dall’azienda a Wallops, Viriginia) Beck ne loda la versatilità: oltre che un complesso di lancio, possiede una struttura per l’integrazione capace di tenere due Electron (potenzialmente 4) per volta e varie clean rooms. Gli altri vantaggi sono la vicinanza dell’integration facility con il complesso di lancio, che evitano una costosa serie di licenze e macchinari per spostare il razzo.
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17:29: l’anticipazione di prima su Venere trova una risposta: Beck lo ama. Un po’ come Musk-Marte. Il CEO di Rocket Lab non disdegna Marte, dicendo che ha ricevuto un sacco di attenzioni, anche perchè è sicuro che un uomo vi metterà piede. L’amore per il secondo pianeta del sistema solare nasce dal fatto che è il più simile alla Terra da un punto di vista climatico, in quanto Venere è una Terra in un effetto serra irreversibile e se non ci si sposterà dagli attuali stili di vita, lo sarà presto anche la Terra. Inoltre è uno dei tre candidati ad aver ospitato o ospitare ancora, assieme a Marte e Encelado(?), ma non scende nel dettaglio su chi altro potrebbe essere. Relativamente all’interesse per la vita, Beck si chiede se può essere confermata l’ipotesi di vita a circa 50 chilometri di altitudine, dove la pressione è circa quella terrestre (anche se permangono forti componenti di zolfo e anidride carbonica).
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18:53: e qui l’annuncio bomba: perchè se ci sono i mezzi e le possibilità di mandare una sonda su Venere, non si fa? Beh, se non ci pensano le agenzie nazionali, Beck vuole mandarne una privata per il 2023! La missione avrebbe anche un significato importante dal punto di vista comunicativo.
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20:10: ulteriori dettagli sui miglioramenti ad Electron. Uno dei fattori governanti del razzo sono le turbopompe e l’approvigionamento elettrico ad esse. RocketLab ha scommesso sul miglioramento delle batterie, che è avvenuto. Come già detto, apre a nuovi scenari, quali il recupero e potenzialmente anche a Venere. Il sistema di recupero ovviamente avrà un impatto sulla massa del razzo, ma i miglioramenti permetteranno di non impattare troppo sulle prestazioni, mantenendo comunque quello che per l’azienda è un costo corretto in relazione a tutto il servizio offerto.
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21:11: una domanda che in molti avranno fatto e che magari qualcuno qui si è posto sul forum è perchè Rocket Lab non costruisca razzi più grandi. Il motivo è molto semplice e puntuale: non c’è mercato; inoltre, un razzo più grande costringe l’azienda ad operare in rideshare, e quindi non potrebbe più fornire un servizio dedicato e personalizzato ai piccoli satelliti come nessuno riesce a fare (forse solo SpaceX, anche se la prossima missione è NET dicembre 2020.). Ricordiamo che l’azienda è nata con l’intento di fornire un servizio customizzato ai piccoli satelliti, a prezzi accessibili, che fino a quel momento erano costretti a viaggiare come carichi secondari e quindi con molti vincoli. Vengono anche citate le aziende che lavorano in un mercato rideshare, come SpaceX, Vega e PSLV, dicendo che se Rocket Lab portasse un nuovo vettore, non gioverebbe a nessuno (clienti e aziende).
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22:12: si passa ad una domanda più personale, legata a cosa abbia spinto Peter a fondare l’azienda. Si dice essere sempre stato interessato allo spazio e quando vide un satellite nella notte, suo padre gli disse che era stato portato dagli umani. Si chiese quindi se tutte le stelle fossero portate su dagli umani, ma la risposta del padre, ovvero che per ogni stella ci fossero dei pianeti con qualcuno che guardava, lo mandò fuori di testa. E ritorna alla missione su Venere, c +he potrebbe rispondere alla domanda se siamo gli unici esseri viventi sulla Terra oppure c’è effettivamente qualcuno che ci sta guardando.
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23:38: la co-host chiede se ha ripensamenti circa il nome dell’azienda, dato che ora non produce più solo razzi ma anche sistemi spaziali, come il photon. La risposta di Beck è che la prima cosa che si legge entrando in una fabbrica di RL è che “si va nello spazio per migliorare la vita sulla Terra”, che è veramente quello che pensa Peter. Per innovare quello che si fa nello spazio, un altro degli obiettivi dell’azienda, è necessario ridurre la barriera che impedisce l’accesso allo spazio stesso. È del parere inoltre che è fondamentale eliminare tutto ciò che non aggiunge valore a quello che si sta facendo.
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25:12: una domanda sul complesso di lancio LC-1b, quello vicino a LC-1a, a Mahia Peninsula. Tutti i lavori civili sono stati eseguiti e fra poco arriverà anche l’elevatore per razzi, rendendo il pad operativo per la fine dell’anno. Ciò permetterà di avere un sito di backup in caso di guasti o problemi, ma raddoppierà anche la cadenza di lancio.
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25:57: tornando al recupero di Electron, una domanda si concentra sul ritorno economico e su come incide sulla massa totale. Prima di entrare nel merito, Beck fa notare come l’atterraggio propulsivo sia inefficace su piccoli lanciatori (conviene costruire razzi più grandi), lasciando che sia l’atmosfera a fare la maggior parte del lavoro. I paracadute incideranno di 15 kg sulla capacità di carico (attualmente 300 kg, quindi il 5%). Relativamente al ritorno economico, un obiettivo di RL è aumentare la cadenza di lancio, per cui se i razzi torneranno in condizioni ottime, ci sarà un margine di guadagno, ma anche se non dovesse avere un ritorno importante, solleverebbe tante incombenze all’azienda, quali la produzione, lo stoccaggio e il controllo di nuovi vettori.
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27:02: alla domanda a quante volte un Electron può volare, non è ancora possibile rispondere: sarà necessario riportarne uno in fabbrica, analizzarlo e capirne le condizioni. L’azienda sarebbe contenta anche di un solo riutilizzo, sperando che ve ne possano essere altri.
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27:30: dal momento che i nomi delle missioni sono molto eccentriche, ci si è chiesti se RL avesse acquistato una barca per il recupero del primo stadio dandole anch’essa un nome particolare. Non ci aveva ancora pensato, ma la scelta del nome sarà molto importante in quanto rinominare una barca porta sfortuna. Il CEO è diventato molto paranoico dopo il volo 13, Pics or it didn’t happen, fallito per una connessione elettrica non assicurata bene, tanto che la co-host lo chiama volo 12.999 ed il numero 13 è stato bannato.
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28:28: per chi fosse interessato ad unirsi a RL, non è necessario aver lavorato in ambito spaziale (personale è arrivato dalla Formula1, dall’automotive o ovviamente dal settore spaziale), ma avere tanta passione e fare qualcosa di importante nella vita.
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29:45: per il 2021, con 3 pad operativi, si possono lanciare più di 130 missioni, ma in dipendenza dai mercati e dal ritmo produttivo. Il pensiero di Beck è un po’, a mio parere, in controtendenza a quello che si pensa, ovvero che il mercato sia in continua espansione, o forse ho capito male io. L’obiettivo è lanciare 20 Electron, 8 in più rispetto a quelli previsti per quest’anno, rallentati, poco, da COVID-19 e l’anomalia del tredicesimo lancio. Si punta inoltre a raddoppiare la massa portata in orbita, i guadagni e tutto ciò che è possibile raddoppiare.
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30:59: relativamente alla cadenza di lancio, Rocket Lab vuole diventare prima al mondo: nel 2019 si sono classificati quarti. In relazione però a questo aspetto, si devono considerare i sempre presenti detriti spaziali. La soluzione del kick stage è state pensata per poter lasciare il secondo stadio in un’orbita di parcheggio altamente ellittica, che nel giro di 4 settimane lo fa rientrare, e allo stesso tempo effettuare il deorbit burn del kick stage. Un altro problema sono gli Starlink, specialmente nella configurazione a trenino subito dopo il lancio, che ha spezzettato le finestre di lancio delle ultime missioni a dozzine di 3 secondi l’una.
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32:42: nelle speranze di Beck c’è l’uso di un Photon come lander lunare (o venusiano): la particolarità è che la sonda sarebbe la stessa. Sul nostro satellite si potrebbero portare 37 kg, ma il Photon non avrebbe il \Delta\! v necessario ad atterrare. L’alternativa è quindi utilizzare il Photon come relay e scaricare un mini payload di 37 kg sulla superficie.
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34:22 viene fatta una domanda sullo stato di sviluppo di CAPSTONE, una missione NASA per rilasciare una sonda in orbita lunare. Il design della missione è piuttosto complicato. Verrano eliminate le inezioni dirette, ma si passerà prima da un’orbita bassa e attraverso accensioni durante vari giorni per ridurre l’energia necessaria per raggiungere la Luna. Dopo la separazione della sonda dal Photon, tecnicamente il lavoro sarebbe concluso, ma il team di Rocket Lab è intenzionato a fare un flyby della Luna e scattare delle foto.
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36:12: è stata annunciata una nuova user guide, che all’interno permette di avere diverse tipologie di fairing spendibili per sonde più grandi.
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36:27: dell’idea di finanziare altre missioni private diverse dal Photon venusiano Beck è sicuramente entusiasta, anche perchè molte imprese e missioni scientifiche sono state portate avanti da singoli e non dai Governi, che devono superare molti step politici e non.
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37:51: alla live ha scritto anche Scott Manley, che ha chiesto se sarà possibile avere i loghi di RocketLab e i motori Rutherford su KSP. L’ho messa per i più appassionati Ah, e la risposta è stata sì.
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38:12: domanda più tecnica da parte di Tim Dodd, che ha chiesto (se non ho capito male) se la necessità di così tante manovre per la missione CAPSTONE sia dovuta alla limitata potenza del motore, della capacità delle batterie o la difficolatà a ricaricare dei pannelli solari. Il motore Curie, che alimenta gli upper stage, è disponibile in 3 verisioni: monopropellente, bipropellente e a propellenti ipergolici, che saranno sulla prossima generazione di upper stage. Sono come i Rutherford, ovvero electrically pumped, ma la cosa più utile in un sistema di propulsione a batterie è che è possibile raccogliere energia quasi sempre e quindi produrre elettricità, di fatto riducendo il quantitativo di azoto necessario da stoccare. In merito ai burn multipli, la ragione non è da ricercare nella poca potenza dei motori o nella difficoltà a ricaricare le batterie, ma piuttosto ad avere la certezza di raggiungere la Luna: verrà quindi effettuato un burn, scaricata la telemetria, controllato che tutto sia nominale e poi si procederà al secondo.
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40:32: Rocket Lab non tenterà il recupero dei fairing. Le cause sono da ricercare nel poco ritorno economico che si avrebbe. I fairing di un Electron pesano in totale 30 kg, ed essendo composte in un unico blocco di materiale composito, prestampato e poi messo in autoclave, il costo si aggira intorno ai 20.000 dollari circa. Su un prezzo di lancio di 5 milioni di dollari, l’incidenza è dello 0.4%.
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41:43: in merito al cambiamento di mercato rispetto al 2014, quando il primo Rutherford è stato acceso, Beck sostiene nuovamente come il mercato sia in costante aumento e che l’azienda sia stata in grado di identificare una nicchia di mercato, entrarvisi e dare nuove opportunità ai clienti. In futuro, l’unica soluzione per tenere attivo il mercato è fornire più lanci a costi più bassi.
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42:33: dal momento che nessuno l’aveva ancora chiesto, Beck si fa un’autodomanda riguardo alla forma del paracadute, ad anello piuttosto che ramire. La risposta è che per i tentativi iniziali di recupero non ci sarà il recupero con elicottero, quinidi non serviranno sistemi di guida.
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43:23: sarà possibile vedere il Photon a bordo di un veicolo non RocketLab, solo se ci sarà un grande logo della compagnia sul razzo. Se qualche cliente dovesse richiederlo, l’azienda lo metterà a disposizione, soprattutto la versione lunare che possiede un enorme quantitativo di \Delta\! v e che è stata progettata fin dall’inizio come sonda interplanetaria.
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44:26: per i video completi di un rientro di Electron bisognerà aspettare qualche lancio oltre il diciasettesimo. Il problema sarà inserire i dati che vengono dalle stazioni di terra, dalle barche e dagli aeroplani appositi in volo nella livestream, ma le camere ci saranno a bordo. Ci sarà però la telemetria in tempo reale, che occupa meno banda di video in HD. I video vecchi relativi ai rientri è dato dal profilo di missione, che permetteva un passaggio più ravvicinato alle stazioni di terra.
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45:27: dal momento che c’è molta interazione tra gli scarichi dei 9 motori alla base del primo stadio, c’è già uno thermal protection system spesso circa 2.5 centimetri, e siccome dai dati ricevuti dai primi test le temperature sono molto elevate, sarà necessario un upgrade dello scudo termico. L’attuale scudo si disintegra con il rientro e quindi deve essere cambiato e si sta puntando al recupero anche di esso.
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47:51: il nome della missione preferita è This one’s for Pickering, per motivi legati all’infanzia di Beck e l’importanza del personaggio (neozelandese e fondatore del JPL).
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49:06: i 3 complessi di lancio basteranno per il futuro, non ci sarà bisogno di spostarsi altrove. Le uniche orbite non raggiungibili sono quelle da 0 a 37 gradi, ma per ora non ci sono stati clienti che hanno richiesto quella particolare orbita. Beck comunque non disdegnerebbe un altro launch pad, dato che il team che ha costruito LC2 e LC1-b è stato super veloce.
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50:17: Rocket Lab non ha mai pensato anche di effettuare aviolanci, sia per lo scarso aumento delle performance (3%), sia perchè nei primi 15 secondi si riescono a raggiungere e superare le velocità di un aereo. Inoltre, il guadagno in performance va a scapito della complessità, che aumenta notevolmente e si avrebbero persone estremamente vicine al razzo, quando da terra l’addetto più vicino è a 3 chilometri. Il fatto di raggiungere tutte le inclinazioni possibili comunque non elimina la presenza di un range libero e di tutte le misure di sicurezza necessarie.
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52:58: ormai anche le mucche si sono abituate a quello che succede in Nuova Zelanda, alzano lo sguardo e poi tornano a brucare (ruminare?) l’erba.
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53:24: per ora ci sono attivi alcuni programmi di collaborazione con alcune scuole superiori. Le internship sono limitate ai tertiary, studenti più vecchi perchè Beck vuole in azienda tirocinanti che lavorino realmente, non che siano costretti, cito testualmente, a pulire i pavimenti. Non sono nemmeno utili i CV in cui si pubblicano lavori e studi, ma il CEO è interessato a cosa si fa fuori da scuola e fuori dal lavoro.
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57:14: ora sappiamo che Beck non dorme ed è in apprensione prima di ogni lancio, tanto da prendere due giorni di sonno preventivo per compensare l’insonnia prelancio.
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57:36: non ci sono state troppe esplosioni in casa Rocket Lab: 3 ai motori e qualcuna alle celle di combustibile, situate all’inizio dell’esperienza con l’uso delle turbopompe elettriche. La filosofia alla base dei test è una via di mezzo tra l’approccio esclusivamente al simulatore e uno esclusivamente di test su test. I prototipi a grandezza ridotta possono fallire, anzi, è in quella fase che devono essere trovati gli errori, ma non in quella in cui si passa al pezzo vero e proprio, perchè un fallimento è costoso in termini economici e rallenta tutto il processo. Lo stesso processo è valso per Electron, che è stato portato sul mercato come già finito e non in continua evoluzione: è servito infatti solo un volo di test prima di passare ad operare.
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1:00:58: il competitor che spaventa di più Beck è qualsiasi azienda che riesca a portare qualcosa in orbita. Sottolinea però che c’è molta differenza tra il raggiungere l’orbita e il provare a farlo. La concorrenza comunque piace, perchè tiene tutti sull’attenti e pronti a migliorare sempre.
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1:02:09: non ci sono piani attualmente per sviluppare nuovi motori, in quanto i Rutherford si sono dimostrati completi, affidabili e sicuri.