La maggior parte dei numerosi sistemi della stazione produce calore in eccesso, che deve essere trasferito dalla ISS al vuoto dello spazio, in modo da avere un controllo termico e mantenere i componenti a temperature accettabili.
Per ottenere l’eliminazione del calore in eccesso è necessario un sistema di controllo termico attivo:
L’Active Thermal Control System (ATCS)
L’ATCS è costituito fondamentalmente da tre sistemi.
Quello interno, chiamato Internal Active Thermal Control System (IATCS)
Quello esterno, chiamato External Active Thermal Control System (EATCS),
Quello per il controllo termico delle sezioni del truss dedicate alla produzione di energia grazie ai pannelli solari, chiamato PhotoVoltaic Thermal Control System (PVTCS)
Ultima cosa prima di iniziare, i moduli che si avvalgono di questi sistemi sono solo quelli lato USOS (lato della ISS gestito da NASA). I moduli del lato ROS (quello gestito da Roscomos) hanno un sistema “completo” che è integrato direttamente nei due moduli principali Zarya e Zvezda.
Internal Active Thermal Control System: IATCS
l’IATCS è un sistema a circuito chiuso che fornisce un flusso costante di refrigerante per mantenere ad una temperatura adeguata le apparecchiature, i rack per esperimenti e l’avionica di bordo.
Ci sono due loop indipendenti, un loop a bassa temperatura (LTL) e uno
a temperatura moderata (MTL).
fonte immagine NASA
Quello rappresentato nella immagine sopra, è il circuito interno al modulo Node-2. Essendo appunto un sistema che opera direttamente all’interno di un modulo abitato, il liquido refrigerante usato è semplicemente acqua. Viene ovviamente usata per scongiurare eventuali problemi all’equipaggio in caso di perdita, ma comunque deve essere tenuta sotto controllo. Essendo acqua in un circuito chiuso, ci stà che si sviluppino batteri all’interno (che possono anche degradare le performances del sistema)
Lo scopo di due loop separati ed indipendenti permette oltre alla ridondanza del sistema, anche la separazione di due linee che operano a temperature differenti, capaci di soddisfare le diverse esigenze dei vari sistemi da raffreddare.
Il loop LTL è progettato per funzionare a 4°C e apparecchiature di sistemi di servizio che richiedono basse temperature di esercizio. Questo loop contiene 63 litri di fluido.
Il loop MTL funziona nominalmente a 17°C e fornisce la maggior parte del raffreddamento per apparecchiature di sistema ed esperimenti. l’MTL contiene infatti circa 200 litri di fluido.
A questo punto, il calore deve essere comunque disperso una volta accumulato. Come?
“Scaricandolo” dal sistema interno (ITACS) a quello esterno (EATCS) grazie agli Interface Heat Exchangers (IFHX), apparecchiature che permettono lo scambio di calore tra il circuito di raffreddamento interno (ad acqua) e quello esterno (ad ammoniaca).
In totale ci sono dieci IFHX montati sui tre moduli che vedete nell’immagine.
- 2 su Tranquillity (Node-3)
- 2 su Destiny (US LAB)
- 6 su Harmony (Node-2)
Harmony ne ha di più perchè deve sopportare anche la dispersione di calore dei moduli Columbus e JEM (con molti rack per esperimenti, ma nessuna interfaccia IFHX).
Destiny e Tranquillity fondamentalmente pensano a se stessi.
I moduli a loro attraccati (Unity/Node-1 - Cupola - Leonardo - Bishop - BEAM) sono piccoli e non contengono apparecchiature particolarmente avide di refrigerante, e vengono tenuti a temperatura (principalmente) grazie al sistema di condizionamento ad aria.
Gli IFHX sono essenzialmente “semplici”.
Da una parte scorre l’acqua del sistema interno (IATCS) e dall’altra l’ammoniaca freddissima ( 2,8°C) del sistema esterno (EATCS). I fluidi ovviamente non si mescolano mai, ma grazie ad una serie di strati interni alternati in cui acqua ed ammoniaca scorrono, si scambiano il calore per conduzione.
Sono forniti di riscaldatori elettrici per scongiurare la possibilità che l’acqua possa congelarsi al loro interno in caso di blocchi o malfunzionamenti. In ogni caso comunque, le varie sezioni del circuito possono essere isolate e bypassate.
Questo è l’ultimo punto che il calore “vede” nel IATCS. Da qui in poi si entra nel fantastico mondo al gusto di ammoniaca dell’EATCS
External Active Thermal Control System: EATCS
L’amoniaca parte e ritorna ai muduli pressurizzati della ISS lato USOS fino ai LOOP del truss, grazie a dei percorsi paralleli.
Il primo va dal Node-2 Harmony a S0 ed è situato lungo la linea di connessione Module to Truss Ammonia Trays ( o anche Umbilical Ammonia Trays).
Queste due “canaline” ospitano al di sotto anche dei cavi, ma il grosso della loro protezione è destinata ai tubi di ammoniaca che devono essere schermati da eventuali impatti con MMOD (Micrometeoriti o detriti spaziali) e che devono rimanere intatti fino al sistema piuttosto tortuoso e complesso dell’EATCS.
Il secondo ha un tragitto piuttosto breve e va dal modulo US LAB Destiny a S0. Passa proprio dietro il modulo Z1 ed in questa posizione, non necessita protezioni particolari.
Il terzo invece porta i flussi di ammoniaca dal Node-3 Tranquillity al modulo US LAB Destiny (per poi credo spuntare ne percorsi visti nella immagine sopra, ma non ne ho certezza. Le connessioni interne mi sono precluse. Cercerò degli schemi interni da allegare)
Si trova esposto a pieno nadir, e per questo sono state messe a protezione delle coperture (rimosse nell’immagine).
Il sistema che sfrutta ammoniaca è un gran bel sistema, ma ha alla base un grosso problema. Perdite dovute all’usura dei componenti e forature possono essere un grattacapo davvero grosso.
Per questo sono stati fatti due bei circuiti esterni di raffreddamento: LOOP A (lato starboard) e LOOP B (lato Portside)
Vediamo come è fatto un LOOP analizzando le componenti principali di cui è costituito:
Partendo dal Pump Module (PM)
La circolazione, la pressurizzazione del circuito e il controllo della temperatura dell’ammoniaca sono forniti da questo ORU (Orbital Replacement Unit). Garantisce il mantenimento del flusso di ammoniaca all’interno del sistema e gestisce il controllo della temperatura grazie ad una valvola di controllo del flusso, che miscela l’ammoniaca fredda proveniente dai radiatori, a quella più calda (bypassata alla bisogna, prima di arrivare a questi ultimi).
La pompa al suo interno ha un rateo nominale di 14.000 giri al minuto.
Il PM è fornito anche di un accumulatore, per garantire il mantenimento della pressione dell’ammoniaca a livelli di esercizio (ovvero tenendola ad una pressione tale da rimanere in forma liquida, pittosto che gassosa), almeno in forma ausiliaria in una prima fase di eventuale anomalia.
Ammonia Tank Assembly (ATA)
Questo modulo è il serbatoio di ammoniaca che viene usata all’interno del loop. In fase iniziale di costruzione della ISS hanno fornito tutto il fluido necessario alla messa in esercizio dell’EATCS. Contengono comunque ancora al loro interno un certo quantitativo di ammoniaca, che serve per sopperire eventuali perdite del sistema (sia quelle normalmente dettate dall’utilizzo, che quelle eccezionali dovute ad eventuali perdite non programmate).
La pressione all’interno dei serbatoi è tenuta grazie ad un sistema a soffietto, azionato da un flusso di azoto proveniente da un altro modulo:
il Nitrogen Tank Assemby (NTA)
Un serbatoio di appunto, che serve non solo a mantenere la pressione all’interno dei moduli ATA, ma anche (alla bisogna) per mantenere pressione ai circuiti di ammoniaca del PVTCS ( il sistema di raffreddamento di alcune sezioni del truss, che vedremo tra poco)
Radiatori (o Thermal Radiators)
Forse gli unici componenti che non hanno un acronimo.
All’interno hanno due percorsi di ammoniaca separati, per garantire ulteriore ridondanza al sistema in caso di foratura. Sono in pratica la parte più esposta ad eventuali impatti con micrometeoriti ed è un bene che abbiano questa caratteristica.
Cedono calore per irradiazione nello spazio vuoto. L’ammoniaca calda arriva, passa al loro interno e si raffredda per poi ritornare al Pump Module.
Gli ultimi due componenti (almeno per quello che riporto qui per tenerla sul semplice, ma ce ne sono altri ovviamente) fanno parte del sottosistema chiamato Thermal Radiator Rotary Joint (TRRJ)
Si tratta della struttura che permetta la rotazione del trittico di radiatori presenti alla fine di ogni LOOP. Questo per mantenerli sempre “di taglio” rispetto al sole e garantire una dispersione del calore quanto più efficiente possibile. Gli elementi cardine (imho) sono:
il Flex Hose Rotary Couple (FHRC)
Questo è il pezzo che mi ha fatto salire la scimmia su tutto il cucuzzaro ATCS.
Mi chiedevo: “Come è possibile far passare l’ammoniaca da un circuito così “monolitico” a questi elementi rotanti?”
La soluzione è “agricola”. Un sistema che è molto simile a quello usato nelle pompe da giardino a rocchetto. L’ammoniaca passa da un mozzo centrale mobile (che consente un arco di rotazione di massimo 275°) ai giunti fissi del Truss, grazie a dei tubi flessibili.
Poi in ultimo, a garantire la rotazione e l’orientamento del TRRJ c’è il Drive Lock Assembly (DLA), che appunto porta e mantiene in posizione il sottosistema.
Ultima e poi chiudo sull’EATCS: I due LOOP non raffreddano solo gli IFHX (gli scambiatori all’esterno dei moduli), ma anche le piastre di raffreddamento delle quattro DDCU (Direct Current-to-Direct Current Converter Units) e delle quattro MBSU (Main Bus Switching Units). Per ogni LOOP ce ne sono due di ognuna.
Non ho ancora approfondito nulla su questi elementi, quindi attendo contributi in merito.
Ok, siamo alla fine del viaggio all’interno del fantastico mondo della refrigerazione in orbita bassa e parliamo di:
PhotoVoltaic Thermal Control System (PVTCS)
Spesso vediamo una immagine in rete che accoppia il sistema EATCS ai PVTCS.
Non è così. O almeno non sono sistemi che si incrociano, se non per necessità particolari come perdite da rimettere in pari o problemi grossi di malfunzionamento.
I PVTCS sono quattro, localizzati sugli elementi del truss che ospitano le batterie che accumulano l’energia prodotta dai pannelli fotovoltaici. Si tratta dei segmenti S6 - S4 - P4 - P6 ( li vedete riassunti nella prima immagine del pippone)
Qui in particolare vediamo i due posti lato Starboard: i PVTCS in S6 ed S4
Alla fine, facendo fare uno spogliarello al truss, saltano fuori belli distinti.
Ne scoppiamo uno.
Molto più semplice, mantiene alcune delle caratteristiche del EATCS, ovvero:
Doppio circuito ridondante di ammoniaca, un radiatore mobile (sfruttando la rotazione di tutto il complesso del truss, dovuta all’orientamento dei pannelli fotovoltaici) ed un sistema di pompe per il flusso del liquido refrigerante.
Ad essere raffreddata è tutta la parte sottostante alle batterie. Su questi pianali ci sono altri elementi chiamati BCDU e DCSU. Al momento ignoro il significato di questi ultimi due acronimi e, anche qui, attendo il vostro prezioso contributo.
Prima di chiudere, piccola menzione al sistema che ha raffreddato il modulo Unity (Node-1) durante i primi tempi della ISS. Non avendo gli scambiatori IFHX, il modulo sfruttava PVTCS del segmento P6, all’epoca montato allo zenit del modulo Z1.
Si chiamava (merita un titolino)
Early External Active Control System (EEATCS)
Ne abbiamo apprezzato le vestigia durante l’ultima EVA della Exp 64 (con un bel venting). Di questo sistema hanno lasciato in pratica solo una linea di “spurgo” per il circuito PVTCS sul segmento del truss (P6 appunto) nel caso in cui ci fosse qualche problema di pressione alta nel sistema.
Qui uno schemino di come è stato riciclato il sistema:
Bene.
Finisce questo “incubo” alla puzza di detersivo per i forni ( ) e vi saluto!
Se volete entrarci dentro con tutte le scarpe, ecco i testi su cui mi sono basato (pieni di Watt, misure, numerini e figurine belle).
- I sistemi attivi di controllo termico in questi due documenti: il primo sull’analisi della risoluzione (dal 2011 al 2017) del leak occorso al radiatore in P1, il secondo in questa analisi alla gestione del leak avvenuto al radiatore in P6 (dal 2004 al 2015)
- Overview del ATCS (active thermal control system)
- Studio avanzato sull’architettura del ATCS