Il pensionamento della ISS slitta al 2030

Mantenere il know how è un problema risolto secondo me. In ambito aerospaziale e non esistono oggi innumerevoli sistemi documentali e la grandissima parte della manualistica moderna è digitale.
Archiviare e gestire bene la documentazione è parte di tutti i moderni sistemi di certificazione ISO.
Secondo me è il problema minore.

La vera sfida è, invece, sempre secondo me, mantenere la ISS in “ibernazione”.
E’ una di quelle cose che suona bene sulla carta ma diventa complicato e forse tecnicamente non realizzabile nella pratica.
Tralasciando gli aspetti politico/burocratici della co-gestione e di fatto inseparabilità dei moduli russi da quelli USOS, questi sono alcuni dei punti che mi vengono in mente:

  • andrebbe “spenta” in modo da poter essere riaccesa in un momento futuro non meglio determinato. I sistemi sono stati progettati per questo tipo di modalità?

  • tali sistemi sopravviverebbero in condizioni di efficienza sufficienti a non aggiungere rischio extra la vita degli occupanti?

  • la struttura della ISS tutta, è in grado non cedere anche con ulteriori 20-30 anni di vita?

  • a bordo vi sono propellenti e altri liquidi che sono stabili entro certi limiti di temperatura/condizioni ambientali. Quanto del sistema di generazione potenza deve essere lasciato acceso, e in che modo, perché i serbatoi non si guastino o inizino a perdere, o si corrodano fino a esplodere?

  • in caso di guasti che richiedano tempestivo intervento umano, chi e con quale mezzo sarebbe in grado di salire lassù, e a quali costi, e con quali rischi?

  • chi pagherebbe, e prendendo i soldi da dove, per accertarsi che le risposte alle domande qui sopra siano tutte compatibili con una operatività sicura e utile della “ISS 2.0”?

2 Mi Piace