Grazie mille Fabio è una delle recensioni più lusinghiere che abbia mai ricevuto.
Vorrei però fare una serie di doverose precisazioni:
Il “nucleo” del romanzo lo scrissi, quasi di getto, nel giugno del 1997 quando mi ero da poco laureato (sigh…come passa il tempo) sulla scorta della lettura di “La Grande Fuga dell’Ottobre Rosso” di Tom Clancy. Voi mi chiederete ma cosa centra Tom Clancy con la storia alternativa ed i russi sulla Luna? Niente.
Semplicemente mi fece venire voglia di scrivere un romanzo e scelsi la stessa struttura “a cronologia” di Ottobre Rosso perché mi sembrava integrarsi bene con il tipo di romanzo.
A quell’epoca, però, non erano ancora trapelati molti dettagli sulla vita, e sopratutto sulla morte di Korolev (mi basavo praticamente su di un unico articolo uscito sulle “Le Scienze” del luglio 1994) per cui mi sembrava ancora lecito pensare ad un complotto ordito dal terribile Glushko contro il suo arcirivale. In ogni modo il complotto era il “deus ex machina” per convincere (in maniera coatta) Glushko a lavorare con Korolev cosa che, in realtà, non sarebbe mai successa.
Tranne il protagonista principale (se così si può dire dato che è un romanzo alquanto “corale”) molti sono personaggi storici “reali” a cui ho cercato di far dire più o meno quello che hanno detto, e comunque ho cercato di rendere il loro comportamento coerente con le loro figure storiche. Per gli “altri” quelli inventati mi sono ispirato, spesso, ai miei amici dell’epoca, qualcuno di loro potrebbe ancora facilmente riconoscersi. Il comportamento di Korolev è coerente con il suo carattere (almeno a quanto ne sapevo all’epoca) e con… il mio.
Quando, nel luglio del 2000, ho praticamente riscritto il romanzo a quattro mani con Luigi Petrucci (che saluto e ringrazio di tantissime cose, la prima di essere mio amico da oltre 15 anni) avevo avuto modo di leggere la biografia di James Hartford su Korolev e così venni a sapere del tumore al colon che era stata la vera causa della sua morte. Nessun complotto ordito da Glushko dunque.
In ogni caso decidemmo di tenerci comunque il complotto per le ragioni sopra espresse e per dare al Korolev letterario quello che la vita al vero ha negato, ossia ancora tre anni buoni di vita e di lavoro per poter portare l’uomo sulla Luna.
La parte in cui il protagonista e Balanov atterranno in Siberia è stata concepita per poter divenire un racconto breve a se stante anche se non è stato mai utilizzato in questo modo.
La morale del romanzo, semmai ce ne fosse una, è che cambiando l’ordine dei fattori la Storia, in fin dei conti, non cambia.
Certi avvenimenti dovevano “per forza” accadere più o meno come sono accaduti (alla faccia del libero arbitrio e con una buona dose di determinismo).
Non importa che un russo sia arrivato prima di un americano sulla Luna o viceversa, quello che conta è che un essere umano sia davvero andato e tornato.
Infine, personalmente non ho dubbi sul fatto che se Korolev fosse vissuto abbastanza i russi avrebbero mandato un uomo sulla Luna.
Non sono sicuro che sarebbero arrivati primi, come racconta il romanzo, ma sono sicuro che l’avrebbero fatto e, contrariamente agli americani, non avrebbero più lasciato sola la Luna…