questa e’ una vecchia leggenda abbondantemente smontata. nel 61 il pubblico americano era in abbondante maggioranza contro le spese “spaziali” e anche nel 69 il programma Apollo non era sostenuto che da una tiepida maggioranza.
attendibili fonti storiche indicano che nell’ anno 1961 ed ancor più nel 1962 la popolazione umana e non solo quella americana fosse più preoccupata di un imminente pericolo di conflitto armato tra gli Stati Uniti
e l’ allora Unione Sovietica scaturito dalla disastrosa e illogica “battaglia della Baia dei Porci” a Cuba, avvenuta nell’ aprile 1961 - conflitto che se fosse scoppiato si sarebbe probabilmente svolto con lancio reciproco di testate nucleari da parte dei 2 blocchi geopolitici contrapposti della Terra dell’ epoca.
In most polls conducted by Gallup during the 1960s, less than a majority of Americans said that the investment in getting a man to the moon was worth the cost. For example, a 1965 poll found only 39% of Americans thought that the U.S. should do everything possible, regardless of cost, to be the first nation on the moon.
e anche
Gallup asked Americans back in 1969 -- within a few days of the successful Apollo 11 mission -- if they favored "the United States setting aside money" for an attempt to land an astronaut on the planet Mars. Despite the extraordinary success of the just-completed mission to the moon, Americans were less than enthusiastic about extending the effort to Mars. Only 39% of those interviewed favored such an attempt, while 53% opposed it.
Gallup recently re-asked the same question, and found much the same result 30 years later. Forty-three percent favor the Mars project today, while 54% now oppose it.
Diciamo che il massimo picco di sostegno popolare al programma spaziale negli USA fu raggiunto dopo la morte di Kennedy,nel 1964-1966.
Nel 1961 si ebbe un forte consenso dopo la botta a caldo del volo di Gagarin.
L’entusiamo si mantenne alto nel 1962,grazie al successo dei (seguitissimi) voli del programma Mercury.
Fu nel 1963 che si registrò un preoccupante calo di tensione nell’opinione pubblica.
Da quì gli accenni di JFK ad un possibile coinvolgimento sovietico nell’impresa (offerta rilanciata da Johnson nel dicembre 1963).
Ad inizio 1964,l’alone di martirio e di rimpianto che circondava John Kennedy rese lo sbarco sulla luna un obbiettivo ampiamente condiviso dalla maggior parte degli Americani.
E’ quindi vero che anche all’epoca solo una minoranza era favorevole ad un ambizioso (e costoso) programma spaziale.
Tuttavia anche quella minoranza sembra amplissima se paragonata alla situazione odierna.
Consideriamo anche la fiducia nella scienza e nel progresso che caratterizzava quei tempi,un ottimismo che iniziò a scemare soltanto intorno al 1968,con l’ascesa della “controcultura”,favorita dalla scriteriata guerra in Vietnam.
In ogni caso,furono la disponibilità politica ed i fondi messi a disposizione da Washington a fare la differenza.
Ripeto che (sempre a mio parere) nelle stesse condizioni politiche,sociali ed economiche,torneremmo sulla luna in cinque anni.
quello che dici e’ vero per il supporto politico, non per quello popolare, sempre rimasto freddino
Nel 1961 si ebbe un forte consenso dopo la botta a caldo del volo di Gagarin.
ricordo di aver visto un sondaggio Gallup uscito poco dopo l’annuncio di Kennedy che dice esattamente il contrario. provero’ a cercare dove ricordo di averlo letto
Consideriamo anche la fiducia nella scienza e nel progresso che caratterizzava quei tempi,un ottimismo che iniziò a scemare soltanto intorno al 1968,con l’ascesa della “controcultura”,favorita dalla scriteriata guerra in Vietnam.
Questo è verissimo. La guerra del Vietnam fu una mazzata per l’astronautica americana. Da un punto di vista economico gonfiò il debito pubblico creando una situazione insostenibile - almeno per i tempi - con l’abbandono da parte di Nixon del “gold standard” e tagli di bilancio, e sappiamo tutti che in situazioni economiche pesanti i programmi spaziali - costosi e “improduttivi” - sono i primi ad essere ammazzati. Il programma Apollo morì in Vietnam; si può pensare anche che non ci sarebbero state più missioni lunari, ma con ogni probabilità gli Apollo avrebbero volato ancora negli anni Settanta con gli Skylab. Inoltre, come dice giustamente Carmelo, favorì il grande passaggio culturale del “new age” (chiamiamolo così) con la sua sfiducia nella tecnologia, la diffidenza nella “ufficialità”, il recupero di religiosità arcaiche (apparizioni, pranoterapia…), eccetera. Il “complottismo” non sarebbe concepibile senza questo passaggio di cultura. Che poi anche i fautori di questa controcultura seguano abbondantemente il modello di consumo occidentale e molti abbiano trovato il modo di sfruttarla per far soldi, questo è un altro discorso.
In realtà la fine del programma Apollo avvenne prima degli anni '70, già nell’agosto del 1969 cioé all’indomani del volo Apollo 11 si era riunita la task force, voluta da Nixon, per la fase 1 del programma Shuttle. Già alla fine del 1969 i voli Apollo da 18 a 20 iniziarono a vacillare e già in quei mesi l’ambizioso programma AAP (da cui nacque lo Skylab) si era ridotto, appunto, al solo Skylab.
Il “trend” già era negativo negli ultimi mesi della presidenza Johnson e si era solo accentuato con Nixon.
La guerra del Vietnam ha pesato, ma solo fino ad un certo punto, nei confronti del programma Apollo. Come ho scritto sopra il vento spaziale era cambiato, almeno nell’opinione pubblica americana, già nel 1968 anche prima della cosidetta “offensiva del Tet” che fece prendere coscienza all’americano medio del disastro che si stava appalesando nel Sud-Est asiatico (incarnato dal celebre “sbotto” in diretta del famoso, ed influente, Walter Cronckite).
Ciao Archipeppe, in effetti la cosa andrebbe approfondita. Il periodo di riferimento, del quale stiamo parlando, è il 1967-1969, anche se la guerra del Vietnam finì per gli americani solo nel 1973. Certo, la fine del programma Apollo è da datarsi già al 1968, Nixon aveva già l’idea di tagliare i fondi alla NASA. So però dell’esistenza di uno Skylab B, costruito nel 1970 ma mai lanciato, adesso conservato al National Air and Space Museum. Gli ultimi voli lunari certamente con Nixon erano già condannati (battuti i russi, a cosa servivano più?), ma con il programma Skylab forse qualcosa di più potevano fare, penso. Gli americani entrarono in guerra massicciamente nel 1965, e nel 1967, ancora Johnson presidente, erano già alle corde. Le manifestazioni contro il Vietnam iniziarono negli USA già nel 1967, anche se come giustamente dici tu l’offensiva del Tet fu importante perché fece vacillare la fiducia su un esito positivo della guerra della cosiddetta “maggioranza silenziosa”, cioè l’opinione pubblica moderata. Rimane il fatto che già nel 1966-67 il Vietnam era diventato una specie di mostro che divorava le risorse umane e finanziarie degli USA. Johnson si sarà probabilmente reso conto senza troppa fatica che non poteva permettersi guerra in Vietnam e Apollo insieme, e la scelta era scontata. Comunque dovrei raccogliere e studiare i documenti dell’epoca per farmi un’idea precisa, queste sono solo mie deduzioni sulle letture che ho fatto finora.
Caro Bubba, il discorso è senz’altro interessante.
Il mio parere (ma è appunto un’opinione) è che il paradigma guerra del vietnam = fine del programma Apollo non sia in effetti così scontato.
Le cause che portarono ad un progressivo abbandono del programma Apollo, praticamente quando stava fornendo i primi frutti (Apollo 8 è del dicembre 1968) sono sicuramente molteplici, prima fra tutte un cambio radicale e repentino dell’umore nell’opinione pubblica (da sempre “drive” della politica americana) nei confronti delle missioni spaziali, sicuramente figlio della cosidetta “controcultura” (uno degli eventi socialmente più disastrosi di sempre… IMHO).
Ma da solo l’impegno in Vietnam, per quanto gravoso, non giustifica la fine dell’Apollo e del suo discendente AAP (lo Skylab B rientrava nel contratto originario del programma Skylab, il quale prevedeva appunto la realizzazione di due unità di volo).
Sì, la svolta si ebbe tra il 1967 e il 1969 e vi ebbe un grosso peso il cambiamento dell’opinione pubblica. Per quanto riguarda la guerra in Vietnam, bisognerebbe recuperare i documenti dell’epoca per capire quanto peso ebbe nelle decisioni finanziarie delle amministrazioni Johnson e Nixon. Chissà che non ci sia qualcosa nei siti governativi americani, dovrebbero essere informazioni tranquillamente pubbliche. Un bell’argomento da approfondire.
Visto che gia’ siete andati OT sul Viet Nam, mi ci butto.
La parte interessante e’ che la guerra hanno voluto perderla, visto che le battaglie le avevano vinte tutte.
La stessa offensiva del Tet, di cui molti parlano come di una vittoria dei Viet Cong, in realta’ porto’ alla totale demolizione della loro capacita’ di combattere, tanto che dopo fu l’esercito del Nord Viet Nam che dovette continuare a combattere.
E, tra parentesi, gia’ solo quello che fecero i Viet Cong ai civili di Hue, durante l’offensiva del Tet, mi sembra motivo valido per farla, la guerra del Viet Nam.
confrontando i costi dei soli primi anni della guerra in Vietnam con quelli totali
della Nasa dalla sua fondazione fino all’ anno in cui state scrivendo in questo forum
non penso che l’ ipotesi di Archipeppe sia del tutto fuori dalla realtà.
Stavo pensando ad un’altra cosa. La cultura è una forza enorme, ma i suoi tempi si misurano in generazioni, per cui non può essere stata la forza che ha fatto cambiare tutto in così pochi anni. Mi spiego con un esempietto stupido: un reduce di Okinawa iscritto all’American Legion non si trasforma nel giro di due anni in un hippie di San Francisco, mentre può benissimo darsi che il figlio lo sia. Secondo me ci dev’essere stato in quegli anni un cambiamento di politica a livello strategico e finanziario. Stavo pensando al trattato sullo spazio del 1967: forse non è stato solo un trattato secondario, ma un “gentlemen’s agreement” delle due superpotenze a non trasformare lo spazio circumterrestre e la luna in un nuovo campo di battaglia della guerra fredda, con un aumento astronomico delle spese militari che nessuno dei due contendenti poteva permettersi; a quel punto la “space race” può essersi trasformata per i politici solo in poco più che uno sforzo propagandistico. Si tratta di capire cos’è successo: può benissimo darsi che il Vietnam c’entri molto meno di quello che penso, ma qualcosa ha fatto sì che nel momento in cui le tecnologie stavano maturando per un grosso salto, tutto si è sgonfiato. Se la guerra del Vietnam ha avuto per gli USA un costo altissimo, le risorse necessarie per continuarla devono essere state prese tagliando da altre parti. Tra queste parti c’è stata anche la NASA?
Quel trattato a cui ti riferisci serviva non tanto a limitare l’utilizzo militare dello spazio circumterrestre, cosa che è continuata in maniera quasi esponenziale nei successivi anni '70, quanto ad impedire l’utilizzo di eventuali piattaforme in LEO armate con testate nucleari che potessero effettuare un "first strike " con un tempo di preavviso inferiore rispetto agli ICBM basati a terra (in realtà questa opzione non è stata mai realistica in se, dato che i sottomarini armati con SLBM sono sempre stati più efficienti e meno complessi da gestire).
L’utilizzo dello spazio ai fini militari (sopratutto ricognizione e telecomunicazioni) non è mai venuto meno anzi si è rafforzato, ma non certo a spese dell’utilizzo civile dello stesso. Mi spiego meglio: USAF, CIA e NRO non hanno mai “succhiato” direttamente fondi alla NASA dal momento che avevano già le loro linee di finanziamento al Congresso (spesso “nere”). L’interesse del programma Apollo era sopratutto di ordine sociale, ed in tale contesto va visto lo storico discorso di Kennedy del 1961.
La preoccupazione che emerse nell’opinione pubblica americana, all’indomani del lancio dello Sputnik 1, era che la società (comunista e progressista) sovietica fosse di fatto superiore a quella occidentale ed in particolare alla WASP americana dell’epoca e che le imprese spaziali fossero, in qualche modo, il “segno” di tale successo. Nei dieci anni che passano dal 1957 al 1967 la società americana ha subito profonde e radicali trasformazioni, e questo è un fatto storicamente accertato, una di queste è stata senz’altro la concentrazione verso “se stessi” piuttosto che i confronto con gli altri (uno dei temi portanti delle varie culture beat o hippie), in parole povere all’americano medio (anche se ancora fondamentalmente WASP come pensiero) non gli fregava più niente se i sovietici erano superiori i meno a lui quanto al benessere suo e quello della sua famiglia, ed è a questo punto che salta anche fuori la storia delle spese spaziali (del tipo perché dobbiamo spendere tanto per andare SOLO sulla Luna? Quando qui c’è tanto bisogno?).
Altrimenti non si spiegherebbe perché l’apice dell’interesse spaziale nell’opinione pubblica americana si sia toccato durante i voli Mercury e Gemini mentre già scemava nel momento di massimo trionfo (sia pure costellato da qualche tragedia come l’AS-201) con i voli Apollo. Tanto che già ad Apollo 13 (come si vede bene nell’omonimo film), cioé appena DUE missioni dopo la storica Apollo 11, l’opinione pubblica americana era talmente disinteressata ai voli lunari da far saltare la trasmissione del programma TV live dall’Odissey CSM.
Semplicemente i “germi” di quanto stava accadendo erano presenti già prima e sopratutto il 1969 era molto “distante” dal 1961 nonostante fossero passati appena (e solo) 8 anni. Il Vietnam, le spese militari, la politica e tutto il resto sono componenti di questa catena di eventi ma, da soli, non bastano a giustificare il “disinamoramento” dell’americano medio verso i voli spaziali, tanto repentino quanto repentino era stata la fase di innamoramento a valle del lancio dello Sputnik.
Freddino è un conto,sottozero come oggi è un altro.
Consideriamo che quell’entusiasmo freddino dei primi anni 60 era rovente se paragonato al disinteresse se non all’aperta ostilità del pubblico agli albori dei 70,solo dieci anni dopo.
Ovviamente la chiave è il supporto politico ed i soldi.
Ai nostri giorni non abbiamo nè il primo,nè i secondi,e nè tantomeno il sia pur volubile ed influenzabile sostegno popolare.
Se,per assurdo questi tre elementi fossero al livello dell’inizio dei 60,allora l’attuale livello tecnologico e l’esperienza raggiunta,ci consentirebbe di tornare sulla luna in meno degli otto anni necessari al programma Apollo per raggiungere il suo obiettivo.
Il Vietnam ha avuto la sua grande importanza dal punto di vista economico.
Le colossali spese per il Vietnam,unite a quelle per la “Grande Società” Johnsoniana,hanno quasi azzoppato l’economia Americana,innescando una serie di conseguenze ,ancora oggi studiate dagli economisti,che sia pur indirettamente sono arrivate sino a noi.
Come si faceva,in un contesto del genere,con l’elettorato nel migliore dei casi disinteressato,se non ostile,a finanziare un programma post Apollo come quello proposto dalla NASA dopo lo sbarco sulla luna?
Certo,al di là del suo tornaconto elettorale Nixon non era molto interessato allo spazio (ma anche JFK,come si evince da una famosa registrazione audio di una conversazione alla Casa Bianca con James Webb),ed avrebbe potuto chiedere di più , ma in quella situazione i desiderata del Presidente sarebbero passati?
Non dimentichiamo che persino lo Shuttle in versione minimalista e “storpiata” dal patto ferino di collaborazione con l’USAF è passato per un soffio appena.
E’ esatto.
Il problema non era tanto che l’opinione pubblica sia sempre stata “freddina” nei confronti del programma spaziale,
Il problema è che l’Americano del 1961 (e diciamo quello degli anni successivi fino al 1965-66 circa) era differente rispetto a quello del 1970.
Personalmente ritengo il Vietnam determinante per questo cambiamento culturale (non in quanto tale,ma in quanto motore della “controcultura”,della contestazione,di gran parte dei conflitti nella società del tempo).
Non dimentichiamo che controcultura e Vietnam iniziano (a torto o a ragione,questo è un altro discorso) a minare quella fiducia nella scienza e nel progresso che era stata una delle principali caratteristiche della società occidentale nel dopoguerra.
trovato! e’ citato in una breve frase in “Il prezzo della Luna” (Hugo, Silcock, Dunn; Garzanti 1970):
“subito dopo l’annuncio della decisione presa dal presidente Kennedy, l’inchiesta Gallup rese noto che il cinquantotto per cento degli americani era contrario”.
praticamente le stesse percentuali contrarie a un volo su Marte oggi
Sarei piacevolmente sorpreso se oggi vi fosse un quarantadue per cento di Americani disposti (o semplicemente interessati) ad andare su Marte o a tornare sulla luna…
Il problema centrale comunque è la volontà politica,lo stato dell’economia,ed un opinione pubblica non troppo ostile.
Avessimo avuto anche soltanto la prima condizione (che negli anni 60 c’era ed ormai non più) saremmo già tornati sulla luna da più di dieci anni con la "Space Exploration Initiative"del Presidente Bush padre.