Il lanciatore era dotato di un solo booster, seriale B1061 al volo n. 23. È ritornato in servizio 56 giorni dopo la missione Arctic Satellite Broadband Mission (ASBM). Il recupero non è stato tentato.
installato l’ultimo strumento ottico (IPU - Internal Processing Unit) che permetterà alla sonda di effettuare autonomamente l’avvicinamento all’ asteroide Didymos.
con questa operazione si è conclusa la preparazione dei carichi utili a bordo di Hera e si procederà alla chiusura della sonda in vista del lancio.
Sorpresa!
Prima di arrivare su Dimorphos si farà una capatina su Deimos.
Questo profilo di missione completamente differente da quello di DART mette in evidenza quanto sia più difficile una missione di rendez-vous rispetto a un flyby. DART ha fatto semplicemente un flyby (o flycrash più precisamente per questo caso specifico) ed è stato a qualche decina di milioni di km dalla Terra, sempre.
Hera, invece, deve entrare in orbita attorno all’asteroide, quindi non solo devono coincidere le tre coordinate della posizione a un tempo specifico, ma anche le tre della velocità. Dal video pubblicato nell’articolo si vede la strada lunga che deve percorrere era per arrivare nello stesso stato, posizione e velocità, dell’asteroide target.
Guardavo il video di ESA che spiega la traiettoria di Hera con in mezzo il swingby di Marte.
Non mi è chiaro questo concetto: si dice che la gravità di Marte aiuta la sonda ad accelerare e raggiungere il sistema Didymos-Dimorphos con un paio di mesi di anticipo. Però dal video vedo che Didymos è dietro a Marte, e Hera lo raggiunge in realtà aspettandolo.
In che modo c’entra l’aumento di velocità guadagnato con il swingby?
Quando non hai un sistema di riferimento naturale e quando ti muovi in più di una dimensione è impossibile dire se una velocità è maggiore di un’altra. Qui si verificano entrambi i casi.
La velocità non è una grandezza assoluta. La differenza di velocità, sì. Come per la tensione elettrica, si misura sempre la differenza di potenziale. Quello che Marte fa in questo caso, è imprimere una variazione di velocità al moto della sonda. Se accelera o rallenta dipende solo dall’osservatore. Provo a fare uno schemino.
Siamo un osservatore su Marte. Hera arriva da sinistra, con velocità indicata dalla freccia rossa a sinistra, fa un inchino alla Schettino, ed esce con velocità indicata dalla freccia rossa a destra. Il delta V è indicato in verde. Ha accelerato? Ha rallentato? Se non sai rispondere a questa domanda allora hai capito il concetto! Il modulo della velocità, visto nel sistema di riferimento di Marte, è rimasto lo stesso prima dell’incontro e dopo l’incontro (durante l’incontro in realtà è aumentato un pochino, ma è un altro discorso).
Il delta V non dipende dal sistema di riferimento. Quindi se cambiamo riferimento e ne prendiamo uno dove direzione e verso della velocità di Hera sono esattamente uguali a quello del delta V (per i matematici, questo sistema di riferimento esiste ma non è unico), allora la sonda ha accelerato. Casualmente, il sistema di riferimento eliocentrico è molto vicino al verificare questa condizione. Non è proprio così, ma con la definizione del video ci siamo proprio quasi. Non è sempre questo il caso, ci sono altri flyby che visti dal Sole direzione di moto e delta V non coincidono (Project Lyra è un caso esemplare).
Ora, perché si verifica quello che hai detto tu? Perché se va più veloce in realtà lo aspetta? Anche qui, la domanda non è formalizzata bene. Quello che accade è che Hera si piazza in un orbita con asse maggiore più grande di quello di Didymos. In parole povere, in un orbita più allungata e più grande. Quindi, come per tutte le orbite kepleriane, nei punti più vicini al Sole (e visto dal Sole) Hera avrà un modulo della velocità maggiore di quello di Didymos a parità di distanza, nei punti lontani dal Sole Hera avrà un modulo della velocità minore.
Hera non aspetta e basta Didymos. Corregge la sua orbita in modo da aspettare un momento propizio in cui accendere i motori e inserirsi nella stessa orbita di Didymos. Più avanti nel video accenna a questo fatto.
Morale: è importante ricordare che la velocità è un vettore tridimensionale e in uno spazio vettoriale a dimensione maggiore di uno non esiste una relazione d’ordine naturale (non si può dire se un vettore è maggiore di un altro).
Grazie!!
Mi è molto chiaro ora il disegnino e il primo paragrafo dell’inchino alla Schettino. Le altre parti sono più complicate, ma in sostanza mi sembra di aver capito che grazie allo swingby allarga la sua orbita in modo da incontrarlo.
Per capire la questione dell’accelerazione mi mancano basi e capacità di focalizzare al momento ma mi è più chiaro il discorso.