Mmmmh, l’ingegneria astronautica “lego” è sempre una tentazione da cui fuggire a gambe levate.
È vero che in caso di “emergenza” si potrebbe ricorrere a qualcosa di simile, ma in sistemi così complessi per quanto apparentemente modulari non puoi dare per scontato che “basta staccare questo pezzo e attaccare quest’altro” perché funzioni. Ci sono una marea di problemi hardware, software e di ricertificazione relativa che si aprirebbero, con il focus #1 sul manenere gli astronauti in sicurezza.
Ne abbiamo già parlato diverse volte in passato (ad es. qui e qui) ma sostanzialmente, anche se un distacco della parte russa dalla ISS è tecnicamente fattibile, le due parti della stazione sono state ingegnerizzate per lavorare insieme, con servizi che una presta all’altra, simbioticamente.
Ad esempio, se da una parte il segmento russo offre la capacità di reboost (ancorché non esclusiva), dall’altra i russi non hanno giroscopi. Certo, possono attuare il loro segmento a colpi di RCS, ma così azzererebbero all’istante la possibilità di fare esperimenti significativi in microgravità, dati i “calcetti” che la struttura riceverebbe ogni tot tempo. Ed è solo un minimo esempio.
Vogliamo parlare delle EVA che sarebbero necessarie per districare e scollegare i cavi esterni che passano tra i moduli posati nel corso di 20 anni, per fare un altro esempio?
E che scopo avrebbe, dopo la separazione, tenere nello spazio un avamposto da mantenere a loro totale carico (a parte le dichiarazioni roboanti, le fonti di introito dall’estero vanno via via sparendo, e purtroppo sono con le pezze al sedere) senza un preciso scopo se non aver dichiarato un “punto politico”? Ipotizzare scenari da fantascienza come un eventuale ricollegamento con fantomatiche future stazioni spaziali russe o addirittura cinesi è, allo stato delle cose, appunto, fantascienza.