Per rispondere un po’ a tutti. Seguo ormai da un paio di mesi la questione “russa”, prestando attenzione alle varie dichiarazioni, da prendere con le pinze ovvio, dei vari Dimitrij Rogozin e rappresentanti dell’industria russa.
Le prime voci risalgono a maggio 2020, poi diventate più concrete a novembre/dicembre 2020, e il succo della discussione era il fatto che il segmento russo (ROS) sta diventando sempre più vecchio e logoro. Non ricordo chi adesso, molto probabilmente era il capo di RKK Energija, il quale asseriva che intorno al 2025 c’era una buona probabilità di guasti e malfunzionamenti gravi nel ROS. Ragion per cui, tenere operativo il segmento russo fino alla fine del decennio (così da allinearsi con le scadenze di NASA, ESA, JAXA e CSA-ASC) avrebbe richiesto una somma ingente di denaro in manutenzione, oltre ad esporre gli equipaggi a rischi e pericoli evitabili.
Ecco che a novembre 2020 si è vociferato dell’ipotesi di una stazione nazionale indipendente, chiamata ROSS (Russian Orbital Service Station), formata da 5-7 moduli disposti in modo radiale come era la Mir. Il piano è quello di scorporare dalla Stazione Spaziale Internazionale i 3 moduli più freschi: Nauka (in pratica un gemello delle funzioni di Zvezda), il modulo nodale Prichal e il modulo per l’approvvigionamento elettrico NEM-1, l’ultima aggiunta alla ISS prevista nel 2024.
In pratica dell’attuale segmento russo non si salverebbe nulla per due di motivi principali: l’età dei moduli (il più giovane, Rassvet, ha 11 anni) e la proprietà degli stessi. Gran parte del ROS, ad eccezione di Zvezda, è stato costruito con il contributo economico estero.
Alcune delle caratteristiche del ROSS sono le seguenti: volume abitabile almeno il doppio del segmento russo attuale, deve essere in grado di operare con e senza cosmonauti a bordo (in equipaggio tipico sarebbe di 4 persone), inclinazione del piano orbitale diversa da quella della ISS (circa 64° come era previsto originariamente per la Mir) così da permettere l’osservazione di una maggiore porzione della Terra e favorire il lancio di equipaggi e moduli dai cosmodromi situati sul territorio russo. Per quanto concerne la costruzione e l’assemblaggio, si pensa di farlo gradualmente.
La situazione è ancora poco chiara e in divenire. Quanto descritto qui sopra è una bozza del progetto affidato a RKK Energija da Dimitrij Rogozin. Insomma nulla di concreto, soltanto ipotesi e sogni di qualcuno.
Aggiungo che dalle varie dichiarazioni dei diretti interessati emerge la chiara volontà di non abbandonare del tutto l’orbita terrestre bassa per spostare esclusivamente i loro interessi sulla Luna (e Marte).